Maestro di vita oltre la scuola

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L'umiltà di Fr. Teodoreto

Il dominio maggiore nella sua vita, Fr. Teodoreto lo esercitava sul proprio spirito, con la pratica di una profonda umiltà.

Ed è in questo dominio di sé che noi scorgiamo la controprova della sua virtù.

L'umiltà infatti è verità e giustizia, giacché i Santi per mezzo della verità imparano a conoscersi, e per la giustizia arrivano a disprezzarsi.

Fr. Teodoreto non ignorava le vie dell'umiltà eroica, percorse e indicate dal suo Fondatore, che amava compiacersi della propria vilezza, e desiderava d'essere disprezzato dagli uomini per essere meglio gradito a Dio.

La prima umiltà di Fr. Teodoreto stava dunque nei suoi sentimenti.

Con grande naturalezza espresse più volte la sorpresa che i Superiori avessero pensato a lui per affidargli un incarico di responsabilità.

Era persuaso di doversi considerare inferiore a tutti gli altri e di doverli anzi servire.

Giunse in tal modo a compiere le cose più umili, con la naturalezza più grande, come lavarsi la biancheria, rammendare i propri indumenti, pulire la sua camera, aiutare i Fratelli a sistemare le suppellettili della loro aula, a ripulire i vari ambienti della Comunità o del quartiere..., insomma, aiutarli in tutto.

Il suo assillo era l'acquisto dell'umiltà.

Ne parlava sovente e con termini che denotavano l'amore e la stima che nutriva per questa virtù, e lo studio che metteva per acquistarla ad ogni costo.

Nonostante gli sforzi che faceva per restare nell'ombra, le sue doti di santo religioso apparivano di per se stesse.

Ne soffriva visibilmente.

Sintomatico è l'episodio narrato dal compianto Rag. Giovanni Cesone: «... nella festa annuale della nostra Unione, mi pare di rivedere la scena del cortile di Via delle Resine, addobbato a festa e gremito di pubblico: benefattori, parenti, catechisti ed allievi della Scuola Arti e Mestieri.

Presiedeva S.E. il Card. Agostino Richelmy, in quel giorno molto stanco, il quale era circondato da folto nucleo di autorità...

Oratore della festa era il Rev.mo P. Reginaldo Giuliani, eroico cappellano militare ed ex-allievo dei Fratelli...

Verso la fine del suo appassionato discorso fece tale elogio pubblico è solenne del Fratel Teodoreto, suo maestro, che il pubblico scatta in piedi, con caloroso battimano chiamò alla ribalta il pio Direttore, che si era nascosto e fu poi costretto dai suoi Confratelli a salire il palco, per Lui in quel momento ferale.

«Rosso in viso, quasi piangente, s'inginocchiò ai piedi del Cardinale Arcivescovo, e fu benedetto.

L'assemblea allora si placò e sospese i battimano, e noi Catechisti che eravamo fra i più feroci crocifissori, gongolavamo di gioia per il trionfo tributato al Fr. Teodoreto.

Però, finita la funzione, salutati tutti i convenuti, senza dir niente a nessuno, Egli dovette ritirarsi in cella ( ed era veramente una cella che prendeva luce da un finestrino in alto ), e per quattro giorni fu soggetto a febbre altissima.

«Saputa la cosa, i Catechisti capirono il loro sbaglio e proposero di evitare per l'avvenire tali emozioni al caro Direttore, che era stato cosi provato nella sua grande umiltà».

Meno che mai gradiva di vedere in giro la sua fotografia.

Un giorno disse a Fr. Anastasio Spalla - zelante e efficacissimo sostenitore della Unione - e pareva non trovasse le parole per esprimere il suo pensiero: «So che si va nei paesi a far conferenze sulla Divozione a Gesù Crocifisso e sulla Unione Catechisti.

Temo che fra le diapositive ci sia anche la mia fotografia.

Ne avrei molto dispiacere». E le sue parole erano tanto accorate!

Guai se avesse saputo che, non solo si proiettava la sua immagine, ma che era accolta con interminabili ovazioni!

Sollecitato dai Superiori e dai Fratelli a parlare della Unione durante i vari Ritiri o in Comunità, il Fr. Teodoreto si esprimeva come se non si trattasse di lui, quasi non c'entrasse: campeggiava solo Gesù Crocifisso, e per sé c'era quello splendido e opportunissimo paravento di Fra Leopoldo, dietro cui egli si nascondeva; cosi che non sapremo mai esattamente se talune comunicazioni celesti non avessero avuto Fr. Teodoreto come diretto protagonista, anziché il suo pio amico francescano.

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