La santità è un'utopia?

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La fede in Dio non ha bisogno, per
usare una parola elegante, di recyclage

La biografia, ridiventata di moda dopo anni di abbandono, merita rispetto se risulta veritiera e se illumina con onestà il personaggio che dobbiamo conoscere.

Se poi questa biografia riferisce la vita di Fratel Teodoreto assume un valore particolare.

Fratel Teodoreto, al secolo Giovanni Garberoglio, è stato nel Novecento la punta d'iceberg della Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane fondata da San Giovanni Battista de la Salle.

Non sembri fuori luogo parlare di santità nel campo educativo se non si manifesta con i miracoli.

I miracoli si verificano ogni giorno sotto i nostri occhi.

La definizione miracolo non è solo quella che si legge sui testi teologici «una derogazione all'ordine della natura».

Sarei sciocco se non capissi che agli occhi dell'uomo della strada o di un seguace di Strauss e di Renan la parola miracolo non avesse ben precisa tale collocazione.

Ma non è cosi o almeno non solo così.

Miracolo è la vita, miracolo il cristallo del fiocco di neve, la simmetria delle stelle marine, la voce che diventa parola e pensiero, l'idea che sboccia e fruttifica.

La santità pone dei dubbi. I dubbi sono il cemento della fede.

Li ebbe Santa Teresa del Bambino Gesù che trascorse intere notti sull'arido pavimento della cella nel convento di clausura a Lisieux in attesa di un gesto o di una prova che la riportasse nei cieli della grazia.

La piccola Santina delle rose piangeva dinanzi al Crocifisso, lo stesso Crocifisso che Fratel Teodoreto pregava con insistenza e dinanzi al quale fondò l'Unione Catechisti aggrappandosi fiducioso alle cinque piaghe del Salvatore.

Fratel Teodoreto rappresenta la santità semplice, lineare, costruita sull'umiltà.

L'uomo è un pozzo di superbia.

Peccò Lucifero quando nel suo esasperato e stupido orgoglio volle essere simile a Dio.

Pecchiamo noi con facilità e stoltezza quando le sorti della vita ci costringono a trasformarci in monumenti di vana grandezza per raggiungere quotidiani trionfi.

Fratel Teodoreto è stato un umile con purezza d'intenti.

Una volta mi elogiò perché sulla pagella spiccava un dieci in religione.

Da ragazzo mi interessavano le gare di catechismo.

Mandavo a memoria domande e risposte cercando di non farmi cogliere in fallo dagli esaminandi che non permettevano il minimo sbaglio.

Forse ne andava di mezzo il futuro della Chiesa. Ero studioso per istinto.

Con una memoria a prova di quiz cercavo caparbiamente il successo.

Motivo: vincendo le gare di catechismo mi assicuravo una giornata felice a Pessinetto, in val di Lanzo, dove i Fratelli delle Scuole Cristiane possiedono una casa di vacanza.

Vivendo in città, amavo la campagna, i boschi, la natura selvaggia, le linde botteghe di paese dove le persone si sentono civili e gentili.

C'era in questo miscuglio un po' di orgoglio.

Se ne accorse Fratel Teodoreto, il quale santamente mi assolse, convinto che il cattivo germe fosse una insolita espressione d'amore per i problemi religiosi.

Non gli ho mai fatto credere il contrario, ne ho approfondito tanta generosità nei miei confronti.

Spero, adesso, che l'assoluzione, senza riserve, me la diano i lettori al termine del libro.

Nella non lieve fatica sono stato guidato da Fratel Leone di Maria, autore di una vita del Servo di Dio, ricca di citazioni, e da Fratel Gustavo Luigi Furfaro, il quale, con un'amicizia a prova di documenti, mi ha fornito abbondante materiale.

Lo stesso Fratel Gustavo mi ha aiutato nella ricerca e nell'esposizione del metodo pedagogico di cui si servi Fratel Teodoreto, metodo attuale non ancora contemplato dai manuali scolastici, dalle riviste specializzate, ne dalle correnti sulle quali, in gran parte, si basa l'ideologia materialista.

Fratel Teodoreto nasce a Vinchio d'Asti il 9 febbraio 1871.

Il padre si chiama Bartolomeo Garberoglio; la madre Eleonora Giolito è originaria di Noche, una frazione del paese.

Vinchio per i Lasalliani è fonte inesauribile di vocazioni.

Vinchio ha dato alla chiesa i fratelli Chiorra; Fratel Candido suscitatore del movimento catechistico nazionale; Fratel Biagio, pioniere del movimento giovanile cattolico; Fratel Luigi, colonna del Collegio San Giuseppe di Torino; Fratel Bonaventura, nipote di Fratel Teodoreto e don Stefano Pavese, pluridecorato al valor militare, che diede anima e corpo all'associazione degli ex allievi salesiani, ma che mantenne sempre un filo diretto con i Fratelli delle Scuole Cristiane, di cui fu fervido ammiratore.

E qui volentieri lo cito perché gli sono stato vicino fino agli ultimi giorni.

Pochi paesi vantano cosi imponente schiera di educatori.

L'Astigiano è fabbrica di vivide intelligenze e terra di nobili natali.

La felicità umana si irradia dal suo corpo di pietre, di acque, di fronde e di costumi.

D'inverno persino il vischio ha la dolcezza del miele.

Si parla in termini di morale, di saggezza, di prudenza, di fortezza, virtù scolpite dallo scorrere dei secoli.

San Giovanni Bosco in questo campo insegna.

La casa dei Garberoglio, in frazione San Sebastiano, è conosciuta per la carità dei proprietari.

Nessun viandante è respinto.

Si accolgono i poveri come inviati speciali di Dio.

Questa carità verso il prossimo meno abbiente è per il piccolo Giovanni la magica forza che, adulto, lo spingerà ad agire senza porre limiti alla Provvidenza.

La carità è la perla del Cristianesimo.

La carità è il ponte che unisce il cielo alla terra; è la medicina infallibile per guarire le malattie del corpo e dell'anima.

Su questa base nasce nel 1928, cresce e si sviluppa a Torino la Messa del povero, istituzione senza uguali nel complesso civile.

Carità, infatti, significa amore.

Amore per Cristo e per i fratelli.

San Francesco d'Assisi fa scuola.

Il figlio di Pietro Bernardone diventa santo attraverso la carità, libero attraverso l'obbedienza, felice attraverso la sofferenza. Fratel Teodoreto ne sarà fedele imitatore.

Come Francesco darà l'addio ai beni terreni preferendo all'agiatezza la totale rinunzia, l'assoluta povertà.

Il servo di Dio tornerà ancora a Vinchio nel 1942 in compagnia di Fratel Annibale e del catechista Cesone.

La gita è descritta dallo stesso Cesone con semplice ma significativa prosa.

«Fratel Teodoreto, salutando i compaesani e parenti nel dialetto del luogo, non si lasciò sfuggire occasione per incoraggiare al bene.

Entrato in casa e abbracciati affettuosamente i parenti, si sedette e guardò con manifesta gioia quelle pareti, quei mobili dicendo: ancora tutto tale e quale. Allora, però, mi pareva grande.

Adesso, invece, lo trovo piccolo. Consumata modestamente un po' d'uva, usci da quella sua casa senza dare sguardi indiscreti, come un forestiere con contegno umilissimo. Sempre sorridente e disinvolto nei suoi atti di pietà».

Aveva raggiunto la pienezza delle virtù.

Dal racconto del ragioniere Cesone si capisce come Fratel Teodoreto sia stato il fiore all'occhiello di Vinchio insieme con Don Stefano Pavese.

Il distacco dai luoghi di origine, il ritorno a Torino, la consapevolezza che non avrebbe mai rivista la terra tanto amata si trasformano in sofferenza vibrante nel suo cuore aperto al colloquio, alla fratellanza, alla comprensione.

La stessa sofferenza la proverà quando a sedici anni abbandonerà Vinchio per iniziare la sua meravigliosa avventura tra i Fratelli delle Scuole Cristiane.

Avventura che risulterà il sigillo prezioso di un educatore perfetto.

Si dirà, in seguito, che Fratel Teodoreto «ebbe familiar commercio con Dio e con gli amici sui».

Affermazione dello spirito e del genio di un'anima sovrana.

La sua storia è unita a Dio, immersa nel lume celeste con la massima comprensione per l'uomo.

Gli occhi volti al cielo, il cuore attaccato alla terra, Fratel Teodoreto non ignora che l'uomo ha bisogno di aiuto per ritrovare la via della salvezza.

In tempi di grandezza e di decadenza, di storie eroiche, di apologie evidenti, di grandi peccatori contro lo spirito e la vita, Fratel Teodoreto fornirà la prova irrefutabile e illuminante che le interferenze di Lucifero nell'esistenza di ognuno di noi possono essere sconfitte con la preghiera e la dedizione totale al Cristo Crocifisso.

Sarà questa la più bella di tutte le storie che i posteri racconteranno sul Teodoreto bibliografico.

La Croce, al centro della sua esistenza, sarà la ricchezza inesausta che lo accompagnerà nell'opera di impareggiabile formatore di coscienze.

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