La santità è un'utopia?

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Ogni grande opera è oscura per chi l'affronta
senza il viatico di cognizioni necessario a penetrarla

L'infanzia di Giovanni Garberoglio non brilla di episodi significativi, di esempi rilevanti, come scrivono di solito i biografi parlando dei loro eroi.

Non gli si addice la storiella magica e irreale dell'O di Gioito che lascia intravedere il fulgore di un artista.

Le storielle lasciamole ai ricamatori di fantasia, ai merlettai dell'invenzione.

Una cosa è certa: Giovannino porta in sé l'impronta di quello che sarebbe diventato e di ciò che avrebbe mirabilmente compiuto.

«Nessuno è profeta in patria» secondo un detto che si può smentire, ma nella piccola Vinchio il futuro Fratel Teodoreto offre a ripetizione sprazzi e scintille di bontà.

Non è ancora anima perfetta, ma procede verso la perfezione, itinerante di Dio, salendo la scala della vita i cui gradini sono amore, pazienza e dolore.

Ogni paese ha il suo vento, ogni terra si riconosce al modo come respira.

Vinchio, deposto dalla saggezza degli abitanti sulla cima di un colle, emana profumo intenso di viti, di fatica, di uomini, di bestie.

I temi e i paragoni del grano sono ormai consumati.

Si parla di caccia, mentre l'aroma della lavanda, del timo, del rosmarino brucia nel sole senza stordire.

Ogni anno si affossano e si piantano nuovi filari di viti.

La nobiltà prende macchia dal vendere direttamente i prodotti.

O beato colui che si ricrea col fiasco paesano brinda il toscanissimo Giusti elogiando un sincero vin rosso da pasto, di buona beva, non avendo assaggiato il barberissimo rosso piemontese.

In casa Garberoglio il vino ha la sua parte.

Nel vecchio Testamento e nel Nuovo il vino appare nel paesaggio apologetico delle umane virtù.

Gesù comincia la sua vita pubblica con il miracolo di Cana ( l'acqua trasformata in vino ) e termina l'apostolato terreno con l'ultima cena facendo del vino il compartecipe della sua missione.

Quando si esclama latineggiando In vino veritas ( la verità la si trova nel vino o meglio il vino induce alla verità ) si proclama una certezza poiché il frutto della terra è sinonimo di chiarezza e di salute ( a piccole dosi ).

Nulla di strano se il vino a Vinchio è gioiosamente di casa, maestoso e imperioso, due aggettivi appropriati per una bevanda medicinale.

Dai registri municipali si apprende che il padre di Giovannino è stato per anni consigliere e che ha rifiutato più volte per modestia la carica di sindaco.

In casa Garberoglio, il cristianesimo si vive senza bigottismo e senza discordanze.

Ogni sera si recita il Rosario e durante la settimana si osserva il digiuno del venerdì.

Giovanni impara dal padre la rettitudine e dalla madre l'amore alla Madonna, un amore speciale, immenso, limpido, festoso, bruciante.

Apprende ( la musica gli è sempre piaciuta ) a suonare la chitarra dal maestro Giolito, il quale orgoglioso dei progressi del suo alunno, per ricompensa o per premio, lo accompagnerà la domenica ad assistere nei dintorni alle partite di pallone elastico.

Giovannino vigila sull'ecologia prima che questa parola ( ora sfruttatissima ) entri a far parte del vocabolario quotidiano.

Va spesso alla ricerca di nidi caduti dagli alberi per salvare gli implumi che si trovano in pericolo.

Nella sua adolescenza ( l'episodio è narrato da Fratel Leone di Maria ) c'è anche la storia d'un certo ciliegio che per poco non storpia il nostro appassionato cercatore di uccelli.

«Stava fra i suoi rami, a mezza altezza, intento a imbeccare con ciliegette i piccoli d'un nido quando la pianta cedette.

Bisogna dire che in vetta c'era anche Tamlin ( il futuro Fratel Bonaventura, nipote ) a raddoppiare il peso - e scodellò i due merli al suolo.

Per poco Giovanni non venne infilzato da un palo di sostegno delle viti!

Non osava riderne a riso pieno neppure molti anni dopo, raccontando il caso, tanto era stato lo spavento; e continuava a ringraziare il suo buon Angelo Custode che l'aveva cosi ben protetto».

Particolare simpatia rivela per le rondini che gli nidificano sotto la gronda di casa e riserva addirittura una camera per alcune tortorelle.

Un giorno il cane trova la porta aperta e avviene una strage.

Giovannino sente che il cuore gli manca, poi accetta con rassegnazione il... fatto compiuto.

Il suo massimo sogno di distinzione è l'amore per il catechismo.

Fratel Bonaventura scriverà: «Giovannino ebbe modo di esplicare proprio con me la passione di tutta la sua vita.

Da tempo osservavo come egli tornasse raggiante dopo la Santa Comunione che era solito fare ogni domenica.

Avendogli manifestato il desiderio di ricevere anch'io la Santa Comunione cominciò a farmi studiare il catechismo, spiegandomi ciò che non capivo, preoccupato di portarmi al grande atto istruito e compreso della sua importanza.

Quando il parroco, don Filippo Aymeri, gemma del clero, ebbe stabilito la data, egli intensificò le cure, disponendosi con più fervore al solenne avvenimento.

Con me contava i giorni e le ore che ci separavano dall'atteso momento e, venuto il giorno, fu tutto felice di presentare a Gesù il suo primo catecumeno.

Anticipava, come si vede, il futuro ruolo di consigliere e direttore di anime.

È sacramentino fino a 13 anni, poi viene iscritto alla Confraternita della Santissima Trinità ( i famosi Battuti ) dal Priore Chiorra, padre di Fratel Candido.

Giovannino è assiduo alla recita del piccolo ufficio della SS Vergine.

Mai dal suo labbro uscirà una parola sconveniente.

I vicini di casa lo definiscono il nostro San Luigi.

Gli esempi si moltiplicano.

Si avvicina intanto quella che religiosamente viene definita la chiamata di Dio, la conversione dal materiale allo spirituale.

C'è sempre un'ora nell'esistenza in cui si accende la stella del nostro destino.

Non è indispensabile ascoltare un quaresimalista della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi per accorgersi che Dio batte alla nostra porta.

Dio lo si trova di preferenza nel silenzio, nella solitudine, tra le gelide bianche mura di una chiesa di montagna.

Non occorre essere Salomone per accorgersi che i battiti che giungono dal cielo sono il Tè Deum della resurrezione.

Non c'è bisogno, per convincerci, che dinanzi a noi sfilino i convertiti che hanno ricevuto lafoi du charbonnier.

Dio scrive diritto anche su linee storte: lo ha ripetutamente affermato Paul Claudel, ex ambasciatore di Francia e finissimo letterato.

La chiamata celeste è il punto di fusione tra la terra e il cielo.

Paul Verlaine, un poeta che per farsi leggere si serve di alcaloidi, prima di andarsene per sempre, si purifica le mani nell'acqua benedetta.

Guido Cozzano, amante delle cose belle, perduto amore della poetessa Amalia Guglielminetti, il crepuscolare de I colloqui, corroso dalla tisi come il compositore polacco Federico Chopin, accoglie francescanamente la chiamata sul letto di morte e vuole che le sue mani diafane che trafissero innocenti farfalle si intreccino con la corona del Rosario.

Èva Lavallière, superba attrice transalpina, che fece impazzire numerosi adoratori fra cui uno Sceicco, ad un certo momento, colpita da una luce misteriosa, abbandona i palcoscenici, tra lo stupore della Ville lumière e si ritira in un monastero di clausura.

Marcelle Candia, industriale milanese, vive tra i bambini dell'Amazzonia.

Un giorno sente la chiamata del Signore, vende tutto, offre il ricavato ai poveri e agli ammalati e parte per il Brasile, missionario laico.

Nonostante sei infarti e due By-pass continua ad operare nel nome di Cristo.

La chiamata o più popolarmente vocazione uno se la scopre all'improvviso, quando meno se lo aspetta.

Non importa che abbia percorso rue Pigalle a Parigi in cerca di emozioni, che abbia frequentato come Maurice Chevalier i bistrots per abbeverarsi di droga liquida, che abbia cercato le boits de nuit a Montmartre invece della Basilique deu Sacré-Coeur dove il Santissimo è esposto giorno e notte in continuazione all'adorazione dei fedeli.

Non importa che abbia trascurato una visita al famoso cimitero dove sono sepolti ( per ricordarci chi siamo ) il romanziere Jean Giraudoux, il compositore Ettore Berlioz, Jacques Offenbach, autore di celebri operette, i fratelli Goncourt, il romanziere Stendhai, Alessandro Dumas figlio, il poeta Henri Heine e Ampère fondatore dell'elettromagnetismo.

Non importa che uno abbia fatto dell'ideologia marxista il cavallo di battaglia, che abbia gridato ai quattro venti che in materia di religione tutto è opinabile, incerto, fantasioso, indecifrabile.

Dio sorvola, Dio aspetta, Dio non ha orologio.

Uno dei Padri apostolici ( scrittori cristiani tra il I e il II secolo dopo Cristo ), Clemente Romano, in un messaggio che è un gioiello di prosa greca, sostiene che la vocazione è segno di elezione, particolare testimonianza, passaggio dall'ingiustizia alla giustizia, rivelazione della carne e dello spirito.

L'autore dell'Epistola a Diogneto aggiunge che l'uomo segnato da Dio deve rivoluzionare i costumi dall'interno.

Più siamo autenticamente noi stessi, più siamo chiesa.

Ad un tratto ci si accorge che dall'intimo sorge il bisogno di rifugiarsi in qualcosa che vale, superiore alle offerte del mondo, che il vivere in Dio, paradosso per gli atei, è espressione di sovrumana letizia.

Giovannino subisce il fascino della chiamata.

Sente parlare dal Chiorra di San Giovanni Battista de La Salle e matura la decisione di seguirne l'esempio.

Si apre al papa, incerto dinanzi alla prospettiva di perdere due buone braccia in famiglia.

Poi tutto si risolve. Nel 1887, a sedici anni, Giovannino Garberoglio lascia Vinchio per Torino, prima tappa di un viaggio nella Savoia, dove gli aspiranti alla vita religiosa dei Fratelli piemontesi si formano nel ministero educativo.

La via è scelta. Si tratta di raggiungere finalmente il traguardo desiderato e di vedere realizzato il sogno dell'adolescenza.

Dietro le spalle, notti d'insonnia, dubbi, paure.

La strada è lunga, ma la meta è questa.

Nel suo entusiasmo vorrebbe lavare i peccati altrui, imitare Huysmans che chiede all'abate Mugnier del doro per la sua anima graffiata da Satana.

Gli sembra di essere per le vie della Galilea, davanti al lago di Tiberiade, nel Cenacolo, sul Monte Tabor, sulla strada di Emmaus: il Vangelo gli scotta tra le mani.

Il Figlio dell'Uomo lo attende per l'anno di prova.

Giovannino prega: «Eccomi con le mie miserie e i miei errori. Eccomi con il mio dolore e la mia felicità.

Tu che sei la stella di ogni aurora abbi pietà di me».

Rivolgendosi alla Mater Dolorosa abbracciata alla Croce sul Golgota ricorda la Mater Purissima.

Jacopone che la esalta piangente è un quadro che non dimenticherà.

La Savoia è per lui un mistero, ma l'amore lo illumina, l'amore lo trasfigura, l'amore lo sorregge, l'amore lo trasforma.

La vocazione cristiana al martirio e alla mortificazione guida diritto all'autodominio.

A sedici anni quando la fede divampa, poeti o non poeti, si diventa tutti Pindaro.

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