La santità è un'utopia?

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Per i credenti gli ostacoli si superano
con un grano del Rosario

Diamo uno sguardo all'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, istituto secolare fondato dal Servo di Dio per raggruppare giovani volenterosi che intendano servire la Comunità abbracciando la professione religiosa, dedicando la vita al prossimo.

Il mondo è in evoluzione, la società si industrializza.

La gioventù abbandona la campagna ed entra nell'anonimato dell'industria.

Dio suscita tra questi giovani dei profeti che provengono dagli stessi ambienti rurali.

Li prende per mano, li ispira perché si facciano precursori.

Nascono cosi i Don Bosco, i Murialdo, il Cottolengo e Fratel Teodoreto.

Ora et labora, motto di San Benedetto, assume con Fratel Teodoreto un nuovo significato.

Si fonde meravigliosamente col messaggio lasalliano, diventa il traguardo cui aspirare per la trasformazione della società.

Le difficoltà non mancano. Fratel Teodoreto fa dell'utopia il suo campo di battaglia.

Utopia uguale a sogno, a fantasia irrealizzabile, qualcosa d'imponderabile che supera l'immaginazione.

L'utopia si presta a critiche pesanti.

Un altro Istituto?

Non esistono in Italia troppi Ordini, troppe Congregazioni, troppi gruppi organizzati?

osservano le diffidenti menti laiche e i mangialibri del cuore inquieto.

Corre voce che l'idea di Fratel Teodoreto derivi da una suggestione meditativa, dalla esagerata fiducia nella Provvidenza.

Il Servo di Dio dal sorriso chiaro e buono, dal tratto non solo gentile ma soave, spirito che rifugge da tutte le bassezze, con un apostolato che non si basa su criteri umani, ma sulla ricerca della volontà di Dio, non ha esitazioni ( non mi sono mai pentito-affermerà ), mette ogni fiducia nell'impegno totale e non si fa vincere dagli apologeti dell'incerto avvenire.

Qualcuno ( saggio ) gli crede. Altri, caparbi nella loro mal repressa indifferenza, tacciono ( prudenza interessata ); altri ancora, permeati di debolezza ( materialismo rinvigorente ) rifiutano di ascoltarlo.

Fratel Teodoreto procede. La sua è una sfida all'invisibile fiacchezza che si cela nella mente di alcuni confratelli.

L'esperienza all'estero lo ha fortificato.

San Giuseppe Benedetto Labre, terziario francescano, protettore dei pellegrini, apostolo vagante, ha in Francia l'incarico di appoggiare dal cielo analoga istituzione a quella che Fratel Teodoreto vuole fondare in Italia.

Abbozza programmi e regolamenti.

Cambia l'indirizzo giovanile pedagogico tradizionale consistente nella ricreazione, nello sport competitivo.

Quando Fratel Angolino Guyot si sente chiedere un parere, non esita a rispondere che ai giovani occorre offrire svaghi per attirarli, che, data l'età, non è indispensabile asfissiarli con la noia, ne in anticipo renderli canuti a vent'anni.

Fratel Teodoreto lo ascolta con pazienza fino in fondo.

Poi replica: «Non questo vuole Gesù Crocifisso da questi giovani».

Insiste su questi che significa selezione e privilegio nel sacrificio.

Il teatro, le merende, la ginnastica, i giochi all'aperto ( ai quali intendiamoci egli ha sempre partecipato ) sono sostituiti da adunanze settimanali in classe, da ritiri mensili, da esercizi spirituali annuali.

Si capisce come i prescelti siano solo diciassette.

Fratel Teodoreto non è pessimista, non lo sarà mai.

Gesù ebbe dodici discepoli; lui ne ha già diciassette. Il cielo, dunque, lo assiste.

Fa tutto con estrema umiltà, quasi nascondendosi, lasciando agli altri i meriti.

Nei giovani il giubilo di collaborare all'ascensione diventa incentivo per migliorare la società e partecipare anche in questa maniera all'universale redenzione.

L'Istituto secolare dell'Unione Catechisti è composto esclusivamente da laici e comprende:

1 - I catechisti congregati che emettono i voti di castità, povertà, obbedienza, praticano i consigli evangelici, vivono in mezzo al mondo, diffondono il verbo di Cristo, autentici religiosi in abiti secolari.

2 - I catechisti associati che si conformano allo spirito dell'Istituto osservandone i regolamenti.

3 - I fedeli che si impegnano a recitare la Divozione a Gesù Crocifisso e ad aiutare le opere promosse dall'Istituto possono essere aggregati come iscritti o zelatori e partecipano ai meriti, alle indulgenze, ai privilegi spirituali.

I Catechisti sono diretti da un Presidente e da un Consiglio.

Un Fratello delle Scuole Cristiane fa parte del Consiglio, senza diritto di voto, in quanto, secondo una disposizione della Santa Sede, l'istituto deve essere libero da legami esterni.

I congregati, inoltre, dopo il noviziato e dopo aver pronunciato i voti, devono seguire un corso speciale di formazione ascetica.

L'approvazione dell'Istituto, prima di diventare definitiva, si fa attendere.

Solo il 2 febbraio 1947, grazie alla « Provida Mater Ecclesia» viene riconosciuta la nuova forma di vita religiosa in famiglia.

Le regole sono approvate dal Cardinale Maurilio Fossati, il 24 giugno 1948, festa di San Giovanni Battista, patrono della città di Torino.

La consegna delle stesse ai catechisti avviene il sabato Santo, 16 aprile 1949, nella cappella di Villa Nicolas.

Le grandi opere richiedono ingenti sacrifici, una penitenza per chi possiede solo una fede granitica, l'incrollabile speranza dell'intervento divino, l'insostituibile fiducia nel soprannaturale.

Una volta l'economo si lamenta. Fratel Teodoreto lo conforta:

«È verità di fede che Gesù sta nel tuo cuore. Tu devi domandare a lui quello che devi fare. Da oggi in avanti tu non ci sei più, c'è solo Gesù. Si pela una gatta per volta, perché vi occorrono tutte e due le mani... Prendiamola anche ridendo. Gesù è onnipotente; vuoi fare Lui. Non sostituirti a Lui. Qualora tu lo potessi fare, quale sarebbe il risultato? Superiore al Suo? Quindi sempre con Lui, Gesù fa tutto Lui. Chiedi sempre aiuto alla Madonna».

Altra volta ancora all'economo che si chiama Giovanni:

«Siamo tutti e due Giovanni e dobbiamo confidare che il Signore guiderà Lui le cose. I fondi tarderanno, ma arriveranno».

I fondi sono sempre arrivati. In tanta crisi in mezzo alla disorganizzazione mondiale economica, a improvvise ristrettezze finanziarie, l'Unione Catechisti riceve aiuti che giungono all'improvviso, quando più si moltiplicano le necessità.

I catechisti seguono l'esempio di Fratel Teodoreto, si radunano in cappella, pregano insieme e ottengono lo scopo prefisso.

L'Unione Catechisti dimostra che il suo svilupparsi è voluto da Dio.

«Bussate e vi sarà aperto» è un ordine dateci da Cristo per obbligare il Padre ad aprire il cofano delle grazie misericordiose.

Chi ha prurito d'apostolo, brividi di santità, estenuazioni di misticismo non può farne a meno.

Chi aspira alle altezze, chi non si abbandona in conclusioni agghiaccianti sulla sorte degli ominidi, chi senza frignamenti, senza estri, senza andare alla deriva della immaginazione, si inginocchia e invoca il Cristo ottiene ciò che desidera.

Il fuoco della fede divampa, divora e col suo calore arriva a Dio.

Se si considera che nel prossimo occorre vedere il Cristo Vivente, si comprenderà come il coraggio di procedere in iniziative economicamente dubbiose derivi dalla convinzione che tutto andrà per il meglio.

Fratel Teodoreto insegna come comportarci.

La sua vocazione è stata una ascensione: dal buono all'ottimo.

A cedeste altezze, dove l'aquila più non vola, dove le stelle sono il tappeto luminoso della creazione, si deve guardare a Fratello Teodoreto con la stessa volontà, la stessa tenacia con le quali egli pregava ininterrottamente il Divino Crocifisso.

Nel 1948 lo andai a trovare a Pessinetto. Tornavo dalla Svezia dopo un lungo soggiorno.

Vidi che sul tavolo, fuori nel giardino, teneva il Crocifisso e scriveva appunti per le Regole dei Catechisti.

«Mi ispiro» disse «alle cinque sante piaghe come meglio posso, ascoltando la Sua Voce».

Testimonio della fede e della verità, parlava come San Paolo ed io mi sentivo uno schermo di ghiaccio, io che venivo dalla terra dove la maggior parte dell'anno è inverno.

Ma era un ghiaccio interno che si scioglieva e diventava a poco a poco acqua di sorgente.

Una conversione? No. Non avevo bisogno di conversioni, ma di essere trasportato fuori dal mondo del raziocinio itinerante che mi ha sempre accompagnato.

Nell'intrico del mio perpetuo errabondaggio si era insinuata la sua rasserenante grandezza.

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