La santità è un'utopia?

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Fu crocifisso ogni giorno
come il Suo Salvatore

Dodici attacchi di nefrite, tre emorragie cerebrali prima di andarsene, un breviario non proprio consolante per il Servo di Dio.

Dal 1918 al 1954 rari spazi di sanità corporale gli regalano il tempo per portare a termine i disegni della Provvidenza.

Il dolore accompagna le anime eccelse e il dolore è servo fedele di Fratel Teodoreto per tutta l'esistenza.

Il Cantate canticum novum si trasforma nello Stabat Mater di Fra Jacopone da Todi: lo specchio della crocifissione del Cristo, la figura di Maria che abbraccia la croce formano il simbolo della sofferenza, la preghiera quotidiana, il Gotha salvifico ed esaltante della contemplazione divina.

Siamo in cieli diversi. Fratel Teodoreto prega perché possa imitare il Redentore nell'ascesa al Calvario.

Paura della morte? Tutt'altro. La morte è la vera liberatrice del genere umano.

Questo passaggio, tuttora circondato per chi non crede dal mistero, rappresenta l'ascesa definitiva della pecorella al Suo pastore.

Durante gli 83 anni che sigillano il tratto dalla nascita alla liberazione dalle scorie dell'involucro, Fratel Teodoreto percorre la strada della felicità arricchendola con le malattie, gli affanni, le menomazioni, una parziale paralisi.

Quindici stazioni di una patita Via Crucis, anche in questo somigliante al figlio di Bernardone.

Francesco considera la malattia e la sventura come esperimento della umana fede: vede in essa quasi un mezzo dato all'uomo di partecipare alla Passione dell'Uomo Dio, all'opera superumana della Redenzione, al trionfo di Cristo.

Fratel Teodoreto fa delle sue ricadute nelle infermità un'accettazione di perfetta letizia subendo spesso umiliazioni e tribolazioni.

Francesco cura i lebbrosi; Fratel Teodoreto cura i malati ponendosi come infermiere al loro servizio.

Francesco ama i poveri e va verso di loro sentendosi uno di loro; Fratel Teodoreto vede nella Messa del povero la sfolgorante bellezza dello spirito tra la scarsezza dolorante.

Francesco cerca il silenzio e l'oblio nella preghiera meditativa; Fratel Teodoreto s'immerge nella meditazione ogni momento alla ricerca di una costante purificazione.

Francesco fa del nascondimento e dell'umiltà una ragione di vita; Fratel Teodoreto non appare mai in prima persona, ma dietro il velario dei suoi catechisti.

La prima volta guarisce in modo sorprendente. Fratel Anastasio racconta: «Fratel Teodoreto era degente a Grugliasco per nefrite acuta e il dottore dava ben poca speranza di una pronta e sicura guarigione.

Il malato aveva una rassegnazione da angelo. La sua voce era solo di preghiera.

Un giorno riceve dal suo grande amico e corrispondente Fra Leopoldo Maria Musso, francescano, questo biglietto «Carissimo Fratel Teodoreto, Gesù Crocifisso mi disse che, appena riceverà questo scritto, torni alla sua Santa Pelagia in via delle Resine».

Fratel Teodoreto legge il biglietto e ricordandosi che Gesù ritornando dalla Giudea in Galilea guarisce prima il figlio di un dignitario di corte, poi a Gerusalemme fa alzare un paralitico e costui prontamente prende il suo lettino, se lo carica sulle spalle e torna a casa con la sveltezza di uno che si appresti ad iniziar una maratona ( Gv 5,1-18 ), abbandona il letto e al confratello che lo assiste dice: «Sono guarito».

Il confratello, poco soddisfatto, pensando che la febbre sia salita e che Fratel Teodoreto navighi nelle nuvole, chiama il medico.

Questi constata la perfetta salute. Fratel Ippolito, che dirige la casa, va in infermeria per trovare il risanato.

La stanza è vuota. Fratel Teodoreto è scomparso.

Si telefona a Torino, a Santa Pelagia e dalla scuola rispondono: «È già al lavoro».

Dopo questo avviso divino, i segnali cambiano e sono di malattia grave.

Nel 1949, colpito da emorragia cerebrale, Fratel Teodoreto guarisce parzialmente ma porta ormai con sé il sigillo della paralisi.

Parlare come era solito fare, non gli riesce più.

Qui inizia l'ultimo tratto di strada, prima del gennaio 1954 quando un altro attacco lo inchioda.

È al collegio San Giuseppe. L'infermiera Suor Anselmina Celotto, dichiara: «Me lo portarono privo di conoscenza con la caratteristica bocca deformata.

Adagiatolo su di un letto, gli praticai subito una iniezione che si manifestò efficace.

I Fratelli presenti constatarono commossi come il primo palpito di ripresa coincidesse con l'invocazione a Gesù Crocefisso, suggeritagli da Fratel Cecilio.

Quel caro nome sembrò svegliarlo dal sonno, facendogli rifiorire il sorriso sulle labbra contratte.

Ubbidiva come un bambino attenendosi alle mie disposizioni, serenamente; anche quando lo potevano qualche poco contrariare, sempre contento di tutto, manifestando la riconoscenza per ogni piccolo servizio».

Maggio del 1954: una ricaduta del male non gli permette di trascorrere la giornata del 9 maggio, quarantennio della fondazione dell'Unione Catechisti, alla Casa di Carità.

Lascio la parola a Fratel Cecilio: «Mercoledì 5 maggio, Fratel Teodoreto confessa alla suora infermiera che si sente qualcosa al braccio destro, come quando a gennaio lo aveva preso l'altro colpo.

La suora lo conduce in camera, ove Fratel Teodoreto si pone a letto, tranquillo solo quando viene rassicurato che il giorno dopo il canonico Monasterolo ben volentieri gli avrebbe portato la Comunione.

Giovedì e venerdì Fratel Teodoreto viene nuovamente ricoverato in infermeria per una migliore assistenza.

Si sente subito meglio, perché pensa al 9 maggio.

Anche il dottor Vola lo trova bene sabato mattina.

Lo autorizza ad alzarsi per il pranzo e anche ad andare alla Casa di Carità, se proprio si sentirà bene quando sarà in piedi.

«Il caro infermo si alza, ma non ha tempo di ultimare la toeletta, che un ultimo colpo lo fa cadere.

Rimesso a letto, passa nella incoscienza il pomeriggio di sabato e parte della domenica.

Poi ha barlumi di conoscenza fugaci; ma non parla più.

Il suo sguardo, le strette di mano sembrano dire che ha momenti di comprensione, che riconosce Fratelli e Catechisti e che offre le sue ultime giornate a Dio con la stessa volontà generosa e affettuosa con cui gli ha offerto tutti i suoi 83 anni.

«L'Olio Santo e le preghiere dei Fratelli e Catechisti lo accompagnano in quei giorni estremi.

L'ultima comunione è quella del mattino di sabato 8 maggio, perché dopo il colpo non potrà che ingoiare a stento cucchiaini di acqua e zucchero molto distanziati, perché gli provocano la tosse.

Lunedì, martedì, mercoledì sono giornate penose per Fratel Teodoreto che si sente spegnere.

Sono le ore della sua agonia sulla Croce accanto a Gesù Crocefisso che ha adorato tanto e fatto adorare da tanti.

Sono giornate penose per i Fratelli e i Catechisti desiderosi di recargli qualche sollievo, di sentire ancora qualche sua parola, quasi un testamento e una eredità da portare in cuore.

Un raggio di consolazione arreca il giorno 12 l'implorata particolare benedizione del Santo Padre.

Mercoledì notte coloro che lo vegliano non vorrebbero staccarsi dal suo letto, al giungere dei sostituti: sentono che la fine si approssima e tutti desiderano essere presenti alla morte del santo Fratello.

Il transito viene quieto, quasi insensibile alle tre del mattino: il respiro si affievolisce; poi manca per lunghi momenti di sospensione, indi riprende affrettato e manca ancora due o tre volte.

Seguono due sforzi più istintivi che coscienti per alzare la testa, per respirare ancora: infine è l'ultimo sospiro breve e calmo che lascia il corpo inerte.

È il momento del giudizio, a cui assistiamo in ginocchio, pregando silenziosi; un giudizio di glorificazione, l'incontro del figlio santo col Padre Santo, l'abbraccio dell'innamorato della Passione con il Crocifisso dalle Piaghe raggianti, il sorriso sereno del figlio divoto alla Madre Immacolata Santissima venuta a incontrarlo...».

Questa pagina cosi scultorea di Fratel Cecilio che commenta e accompagna il Consummatum est di Cristo sulla Croce con il Consummatum est di Fratel Teodoreto, scritta con immediatezza da chi è presente al trapasso, merita di essere meditata e analizzata.

Fratel Teodoreto muore il 13 maggio 1954, 37 anni dopo la prima apparizione della Madonna a Fatima, una coincidenza che lascia perplessi ben conoscendo l'amore del Servo di Dio alla SS. Immacolata.

La Madonna dice a Lucia, Giacinta e Francesco: «Miei figli, continuate a recitare il Rosario, come avete fatto, per ottenere la pace nel mondo».

Il rosario è l'unica arma di pace e di conforto per Fratel Teodoreto.

Non esiste santità senza preghiera, non esiste amore senza dedizione, non esiste carità senza spogliazione, non esiste umiltà senza nascondimento.

All'ingresso dei cieli Fratel Teodoreto può esclamare come Pascal, convertitosi tre secoli prima nel 1654: «Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto.

Gioia, gioia, gioia, lacrime di gioia. Che non sia mai più separato.

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