Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se la giustizia sia la prima tra le virtù morali

Supra, a. 1; II-II, q. 58, a. 12; q. 123, a. 12; q. 141, a. 8; In 4 Sent., d. 33, q. 3, a. 3; De Virt., q. 5, a. 3

Pare che la giustizia non sia la prima tra le virtù morali.

Infatti:

1. È cosa più grande dare del proprio che rendere a qualcuno ciò che gli è dovuto.

Ora, la prima di queste cose spetta alla liberalità, la seconda alla giustizia.

Quindi la liberalità è una virtù superiore alla giustizia.

2. In ogni genere di cose il massimo si rivela in ciò che troviamo in esso di più perfetto.

Ora, sta scritto [ Gc 1,4 ] che « la pazienza ha l'opera perfetta ».

Quindi la pazienza è superiore alla giustizia.

3. Secondo Aristotele [ Ethic. 4,3 ], « la magnanimità compie ciò che è grande in tutte le virtù ».

Quindi rende grande anche la giustizia.

Perciò è superiore alla giustizia.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 5,1 ] insegna che « la giustizia è la più eccellente delle virtù ».

Dimostrazione:

Una virtù, secondo la sua specie, può essere detta maggiore o minore in senso assoluto [ simpliciter ] o in senso relativo [ secundum quid ].

Si dice che è maggiore in senso assoluto se in essa riluce un bene maggiore di ordine razionale, come si è detto sopra [ a. 1 ].

E da questo lato la giustizia sovrasta su tutte le virtù morali, essendo la più vicina alla ragione.

E ciò è evidente a motivo sia del soggetto che dell'oggetto.

A motivo del soggetto dal momento che essa risiede nella volontà, e la volontà è un appetito razionale, come si è dimostrato [ q. 8, a. 1; q. 26, a. 1 ].

A motivo dell'oggetto, ossia della materia, dal momento che riguarda le operazioni con le quali l'uomo viene ordinato non solo in se stesso, ma anche in rapporto agli altri.

Perciò, come dice Aristotele [ l. cit. nel s.c. ], « la giustizia è la più eccellente delle virtù ».

- E fra le altre virtù morali, che riguardano le passioni, tanto più in ciascuna riluce il bene di ordine razionale quanto maggiori sono i beni rispetto ai quali viene sottomesso alla ragione il moto dell'appetito.

Ora, il massimo bene che appartiene all'uomo è la vita, dalla quale tutti gli altri beni dipendono.

Perciò la fortezza, che sottomette alla ragione i moti appetitivi riguardanti la morte e la vita, tiene il primo posto fra le virtù morali aventi per oggetto le passioni; tuttavia è dopo la giustizia.

Per cui il Filosofo [ Reth. 1,9 ] scrive che « le più grandi virtù sono necessariamente quelle che sono massimamente onorate dagli altri: poiché la virtù è un potere benefico.

E per questo motivo la gente onora al sommo i forti e i giusti: poiché l'una », cioè la fortezza, « è utile in guerra e l'altra », cioè la giustizia, « lo è in guerra e in pace ».

Dopo la fortezza viene la temperanza, che sottomette l'appetito alla ragione rispetto a quei beni che sono ordinati immediatamente o alla vita dell'individuo o a quella della specie, cioè rispetto al cibo e alla sessualità.

- E così queste tre virtù, assieme alla prudenza, sono denominate principali anche a motivo della dignità.

Diciamo invece che una virtù è superiore o maggiore in senso relativo secondo che offre alla virtù principale una rifinitura o un ornamento.

Come la sostanza di per sé [ simpliciter ] è superiore all'accidente, tuttavia qualche accidente sotto un certo aspetto [ secundum quid ] è superiore alla sostanza, in quanto perfeziona la sostanza in un modo di essere accidentale.

Analisi delle obiezioni:

1. L'atto della liberalità deve fondarsi sull'atto della giustizia: infatti, come nota Aristotele [ Polit. 2,2 ], « non si avrebbe una donazione liberale se uno non desse del proprio ».

Perciò la liberalità non potrebbe esistere senza la giustizia, la quale stabilisce ciò che appartiene a ciascuno.

Invece la giustizia può esistere anche senza la liberalità.

Quindi la giustizia di per sé è superiore alla liberalità, in quanto più comune e fondamentale; tuttavia la liberalità è superiore sotto un certo aspetto, essendo come un ornamento della giustizia, e un suo complemento.

2. Si dice che la pazienza ha « l'opera perfetta » per la sopportazione dei mali poiché in rapporto ad essi esclude non solo le ingiuste vendette, come fa la giustizia; non solo l'odio, come fa la carità; non solo l'ira, come fa la mansuetudine, ma anche l'eccessiva tristezza, che è la radice dei difetti accennati.

E così è più perfetta e superiore, proprio perché in questo campo estirpa il male alla radice.

- Ma essa non è superiore puramente e semplicemente a tutte le altre virtù.

Poiché la fortezza non solo sopporta le prove senza turbamento, come fa la pazienza, ma quando è necessario ne va in cerca.

Per cui colui che è forte è anche paziente, ma non viceversa: infatti la pazienza è solo una parte della fortezza.

3. Come insegna Aristotele [ Ethic. 4,3 ], la magnanimità si fonda sulla preesistenza delle altre virtù.

Infatti essa ne è come un ornamento.

E così in un certo senso è superiore a tutte le altre; non però in senso assoluto.

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