Summa Teologica - II-II

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La virtù perfetta

Con la fortezza e la temperanza abbiamo potuto constatare come san Tommaso s'impegni a presentare la cristianizzazione dell'uomo fin nelle sue potenze primordiali dell'affettività.

Osservazioni del genere sarebbero incessantemente riproponibili; non esiste nessun campo dell'attività umana che non si presti alla comparsa di nuovi abiti e dunque all'esercizio di virtù.

Fortezza e speranza sono delle virtù di disciplina personale perché il loro oggetto consiste nell'assicurare un giusto rapporto della persona alle sue proprie reazioni affettive, alle sue passioni

Ma non sono che le ultime due delle virtù dette "cardinali"461 le prime due virtù che portano questo nome sono da una parte la prudenza, di cui parleremo ben presto, dall'altra la giustizia, che ha come preciso oggetto la regolazione obiettiva delle operazioni della persona non più in rapporto a se stessa, ma in rapporto a ciò che deve agli altri, sia alle persone sia alla società.

Ne riparleremo nel capitolo seguente dove tratteremo maggiormente della dimensione sociale dell'essere umano.

Se queste quattro virtù morali con i loro annessi costituiscono un dato umano universalmente valido ( ragion per cui abbiamo iniziato con esse ), tuttavia non sono le uniche che il teologo conosce.

Se l'uomo non avesse altra vocazione che quella di un essere abbandonato alle sue sole forze naturali, queste indubbiamente sarebbero state sufficienti ad assicurare la sua realizzazione personale e comunitaria.

La rivelazione cristiana c'insegna però che siamo chiamati a una beatitudine che supera le capacità dell'uomo e che Dio vi ha per così dire adattato la natura umana rendendola « partecipe della natura divina » ( cf. 1 Pt 1,4 ).

Allo stesso tempo egli ci ha dato nuovi abiti virtuosi proporzionati a questo fine soprannaturale, affinché fossimo convenientemente equipaggiati per giungervi.

Si tratta dunque delle virtù « teologali », dette così per tre motivi: primo, perché hanno direttamente Dio ( theos ) per oggetto; secondo, perché egli ne è l'unica causa ( secondo il termine tecnico, esse sono « infuse » in noi soltanto da lui ); terzo, perché non ne conosciamo l'esistenza se non mediante la rivelazione divina nella Sacra Scrittura.462

Tutto il nostro sforzo in questo lavoro è così chiaramente collocato sotto il segno della vita teologale che non ci sarebbe bisogno di soffermarci qui su questo aspetto.

Si osserverà tuttavia all'occasione che se il Maestro d'Aquino tratta dettagliatamente delle virtù teologali soltanto nella Secunda Secundae, il semplice fatto che ne sottolinei ivi la loro necessità, mostra proprio che la sua intenzione nella Prima Secundae non è mai stata quella di riprendere in se stesse le strutture di una morale ereditata dall'antichità pagana, come a volte gli si rimprovera.

Come ovunque d'altronde, tutto ciò che egli deve ad Aristotele o a vari pensatori, stoici o d'altro genere, è radicalmente trasformato, per non dire sovvertito dall'interno, per il semplice fatto dell'identificazione con il Dio di Gesù Cristo del Bii uomo persegue senza nemmeno conoscerlo.463

Per questo il riferimento a tal fine comanda inevitabilmente non solo la comparsa di nuove strutture, in questo caso le virtù teologali, ma anche la trasformazione di strutture esistenti.

Si può notare ciò anche a partire da un altro fatto altrettanto significativo: dopo avere spiegato con cura la struttura degli abiti e delle virtù morali, Tommaso non le abbandona a se stesse; nella convinzione che non vi può essere una perfetta realizzazione umana senza la grazia, egli vuole che ciascuna virtù sia abbinata a una virtù morale infusa il cui ruolo consiste nello sposarne il movimento dall'interno per condurla alla massima perfezione raggiungibile quaggiù.

Questo non esclude che altri cristiani possano pervenire a un altissimo valore morale mediante la pratica continua di atti che sviluppano le attitudini innate di un'umanità creata da Dio per il bene, ma ciò vuol dire sicuramente che agli occhi di Tommaso e di ogni teologo che avrà preso coscienza del carattere radicalmente sproporzionato dello sforzo dell'uomo al cospetto di Dio - « soltanto le virtù infuse sono veramente perfette e devono essere chiamate virtù, poiché ordinano l'uomo al fine assolutamente ultimo ».464

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461 L'aggettivo « cardinale », come si sa, deriva dal latino cardo ( = cardine ); questo significa che l'intera vita morale ruota intorno a queste quattro virtù di base, che reggono così anche i campi maggiori della vita umana e cristiana.
462 Si è riconosciuta l'argomentazione della I-II, q. 62, a. 1; a questo punto, l'autore si accontenta di collocare le virtù teologali nel complesso organismo delle altre virtù; egli vi ritorna in dettaglio nella Secunda Secundae, dove l'elaborazione della fede, della speranza e della carità occupa le prime 46 questioni, mentre le virtù cardinali sono riprese in seguito.
463 Si vedrà il nostro saggio: « La philosophie morale de saint Thomas d'Aquin », in M. CANTO-SPERBER, ed., Dictionnaire d‟Éthique et de Philosophie morale, Paris 1996 ( di prossima pubblicazione ).
464 I.II, q.65, a.2.