Summa Teologica - II-II

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Articolo 14 - Se la preghiera debba essere continua

In 4 Sent., d. 15, q. 4, a. 2, sol. 2, 3; C. G., III, c. 96; In Rom., c. 1, lect. 5; In Col., c. 1, lect. 2; In 1 Thess., c. 5, lect. 2

Pare che la preghiera non debba essere continua.

Infatti:

1. Nel Vangelo [ Mt 6,7 ] si legge: « Nel pregare non moltiplicate le parole ».

Ma chi prega a lungo è costretto a dire molte parole: specialmente se la preghiera è vocale.

Quindi la preghiera non deve essere continua.

2. La preghiera è fatta per esprimere il desiderio.

Ma il desiderio è tanto più santo quanto più si riduce a una sola cosa, secondo le parole del Salmista [ Sal 27,4 ]: « Una cosa ho chiesto ai Signore, questa sola io cerco ».

Perciò anche la preghiera è tanto più accetta a Dio quanto più è breve.

3. È illecito per un uomo passare i limiti fissati da Dio, specialmente nelle cose relative al culto divino, poiché anche nell'Esodo [ Es 19,21 ] si legge: « Avverti il popolo che non osi oltrepassare i limiti per vedere il Signore, altrimenti ne cadrà una moltitudine ».

Ora, i limiti del pregare ci sono stati fissati da Dio con l'istituzione del Padre Nostro.

Quindi non è lecito fare una preghiera più lunga.

In contrario:

È chiaro che si deve pregare di continuo.

Poiché il Signore [ Lc 18,1 ] ha detto: « Bisogna pregare sempre, senza stancarsi ».

E S. Paolo ripete [ 1 Ts 5,17 ]: « Pregate incessantemente ».

Dimostrazione:

La preghiera può essere considerata o in se stessa, o nella propria causa.

Ora, la causa della preghiera è il desiderio mosso dalla carità, dal quale essa deve scaturire.

E questo desiderio in noi deve essere continuo, o in atto oppure virtualmente: infatti la virtualità perdura in tutto quello che facciamo mossi dalla carità; d'altra parte secondo S. Paolo [ 1 Cor 10,31 ] dobbiamo « fare tutto a gloria di Dio ».

E sotto questo aspetto la preghiera deve essere continua.

Per cui S. Agostino [ Epist. 130,9.18 ] ha scritto: « Noi preghiamo sempre col continuo desiderio radicato nella fede, nella speranza e nella carità ».

La preghiera invece considerata in se stessa non può essere continua: poiché bisogna attendere anche ad altre occupazioni.

« Ma proprio per questo », spiega S. Agostino [ Epist. 130,9.18 ], « noi preghiamo Dio anche vocalmente in determinate ore e in determinati tempi: per ammonire noi stessi con tali segni, per scoprire i progressi che facciamo in questo desiderio e per eccitarci ad agire con più impegno ».

Ora, la misura di ogni cosa va proporzionata al fine da raggiungere: come la misura di una medicina va proporzionata alla guarigione.

Per cui è bene che la preghiera duri finché serve a eccitare il fervore dell'interno desiderio.

Quando invece sorpassa questa misura, così da provocare necessariamente tedio, non va prolungata ulteriormente.

Di qui le altre parole di S. Agostino [ Epist. 130,10.20 ]: « Si dice che i monaci dell'Egitto usano orazioni [ giaculatorie ] assai frequenti, però brevissime, e improvvise come dardi, affinché l'attenzione vigile, tanto necessaria a chi prega, non svanisca e non si attutisca con attese prolungate.

E in tal modo essi ci insegnano anche che come non bisogna diluire questa attenzione quando non può durare a lungo, così non la si deve subito interrompere quando perdura ».

- E come ciò va tenuto presente nella preghiera individuale, così va tenuto presente anche nella preghiera pubblica in riferimento alla devozione del popolo.

Analisi delle obiezioni:

1. Come dice S. Agostino [ Epist. 130,10.20 ], « pregare a lungo non è un pregare moltiplicando le parole.

Una cosa è un lungo discorso e un'altra un affetto prolungato.

Infatti del Signore stesso si legge che passava la notte in preghiera, e che pregava a lungo, per darci l'esempio ».

E aggiunge: « Eliminate dalla preghiera i lunghi discorsi, ma non manchi il prolungato supplicare, se permane una fervente tensione dell'animo.

Infatti parlare a lungo nel pregare è compiere un'azione necessaria con parole inutili.

Spesso invece questo dovere è compiuto meglio con i gemiti che con le parole ».

2. La continuità della preghiera non sta nel chiedere molte cose, ma nell'insistere dell'affetto in un unico desiderio.

3. Il Signore non ha istituito il Padre Nostro perché nel pregare non ci servissimo di altre parole, ma perché la nostra intenzione deve tendere a impetrare le sole cose in esso ricordate, comunque noi le esprimiamo o le pensiamo.

4. [ S. c. ]. Si dice che uno prega di continuo o per la continuità del suo desiderio, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ], o perché non cessa di pregare nelle ore stabilite, oppure per il prolungarsi degli effetti: o in chi prega, per il fatto che dall'orazione esce più devoto, oppure anche negli altri, perché ad es. li provoca con i suoi benefici a pregare per lui anche quando egli attualmente non prega.

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