Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se le offerte siano dovute soltanto ai sacerdoti

Pare che le offerte non siano dovute soltanto ai sacerdoti.

Infatti:

1. Noi vediamo che tra le offerte più importanti ci sono quelle destinate ai sacrifici in qualità di vittime.

Ora, in certi passi della Scrittura [ Eb 13,16 ] le offerte date ai poveri sono denominate vittime: « Non scordatevi della beneficenza e della generosità: poiché di tali vittime Dio si compiace ».

Quindi a maggior ragione le offerte sono dovute ai poveri.

2. In molte parrocchie i monaci ricevono una parte delle offerte.

Eppure, come rileva S. Girolamo [ Epist. 14 ], « la condizione dei monaci è diversa da quella dei chierici ».

Quindi le offerte non sono dovute soltanto ai sacerdoti.

3. Con il consenso della Chiesa i laici possono comprare le offerte, cioè il pane e altre cose del genere.

Ma essi lo fanno solo per servirsene a proprio uso.

Quindi le offerte possono essere attribuite anche ai laici.

In contrario:

Nei Canoni del Papa S. Damaso [ Decr. di Graz. 2,10,1,15 ] si legge: « Delle offerte che vengono offerte nella santa Chiesa possono mangiare e bere soltanto i sacerdoti, i quali servono il Signore quotidianamente.

Poiché nell'antico Testamento il Signore proibisce ai figli d'Israele di mangiare il pane benedetto, riservandolo ad Aronne e ai suoi figli ».

Dimostrazione:

Il sacerdote è costituito come « negoziatore e intermediario » tra il popolo e Dio, come è detto di Mosè [ Dt 5,5 ].

Spetta quindi a lui comunicare al popolo gli insegnamenti e i sacramenti di Dio, e inoltre presentare a Dio le cose offerte dal popolo, cioè le preghiere, i sacrifici e le offerte; secondo le parole dell'Apostolo [ Eb 5,1 ]: « Ogni sommo sacerdote preso fra gli uomini viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire offerte e sacrifici per i peccati ».

Quindi le offerte offerte a Dio dal popolo spettano ai sacerdoti, non solo perché se ne servano per i loro usi, ma anche perché le distribuiscano onestamente: parte impiegandole in cose attinenti al culto divino, parte destinandole al proprio vitto, poiché come dice S. Paolo [ 1 Cor 9,13 ] « coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare », e parte ancora erogandole in soccorso dei poveri, i quali nei limiti del possibile devono essere assistiti con i beni della Chiesa: poiché, come nota S. Girolamo [ In Mt 3, su 17,26 ], anche il Signore volle possedere una borsa a vantaggio dei poveri.

Analisi delle obiezioni:

1. Le elemosine che vengono date ai poveri, come pur non essendo dei veri sacrifici vengono denominate sacrifici in quanto fatte per il Signore, così per lo stesso motivo possono essere dette offerte: però non in senso proprio, dato che non sono offerte a Dio direttamente.

Tuttavia le vere offerte vanno anche a vantaggio dei poveri, in forza non della donazione degli offerenti, ma del loro impiego da parte dei sacerdoti.

2. Sia i monaci che gli altri religiosi possono ricevere le offerte in tre modi.

Primo, in quanto poveri, partecipando alla distribuzione fatta dal sacerdote o imposta dalle disposizioni della Chiesa.

- Secondo, nel caso che siano ministri dell'altare.

E allora possono ricevere le offerte offerte spontaneamente.

- Terzo, nel caso che siano titolari di una parrocchia.

E allora possono ricevere le offerte a rigore di giustizia quali rettori di una chiesa.

3. Le offerte, una volta consacrate, non possono essere cedute in uso ai laici: come nel caso dei vasi e dei paramenti sacri.

E questo è il senso in cui va intesa la norma del Papa Damaso [ s. c. ].

- Invece le offerte non consacrate possono essere cedute in uso dai sacerdoti ai laici sia come donativi, sia come oggetti di vendita.

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