Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 3 - Se l'obbedienza sia la più grande delle virtù

In Philipp., c. 2, lect. 3

Pare che l'obbedienza sia la più grande delle virtù.

Infatti:

1. Nella Scrittura [ 1 Sam 15,22 ] si legge: « L'obbedienza vale più delle vittime ».

Ma l'offerta delle vittime appartiene alla religione, che è la prima tra le virtù morali, come sopra [ q. 81, a. 6 ] si è detto.

Quindi l'obbedienza è la prima fra tutte le virtù.

2. S. Gregorio [ Mor. 35,14 ] insegna che « l'obbedienza è la sola virtù che semina nell'animo le altre virtù, e ve le custodisce ».

Ma la causa è superiore all'effetto.

Quindi l'obbedienza è superiore a ogni altra virtù.

3. S. Gregorio [ ib. ] dice ancora che « per obbedienza non si deve mai fare del male, però talora per obbedienza si deve tralasciare il bene che si sta facendo ».

Ma non si può lasciare un bene se non per un bene più grande.

Quindi l'obbedienza, per cui si tralasciano gli atti buoni delle altre virtù, è superiore ad esse.

In contrario:

L'obbedienza viene lodata in quanto procede dalla carità: dice infatti S. Gregorio [ ib. ] che « l'obbedienza non va osservata per timore servile, ma per affetto di carità; non per paura del castigo, ma per amore della giustizia ».

Quindi la carità è una virtù superiore all'obbedienza.

Dimostrazione:

Come il peccato consiste nel fatto che l'uomo aderisce a dei beni corruttibili disprezzando Dio, così il merito dell'atto virtuoso consiste al contrario nel fatto che egli aderisce a Dio disprezzando i beni creati.

Ora, il fine è sempre superiore a ciò che è per il fine.

Se quindi i beni creati vengono disprezzati per aderire a Dio, ne segue che la virtù merita più lode per il fatto che aderisce a Dio che non per il fatto che disprezza i beni terreni.

Ed è per questo che le virtù con cui si aderisce direttamente a Dio, ossia le virtù teologali, sono superiori a quelle morali, che hanno il compito di disprezzare qualche bene terreno per aderire a Dio.

Tra le virtù morali dunque una è superiore all'altra nella misura in cui, per aderire a Dio, si disprezza un bene più grande.

Ora, tre sono i generi di beni umani che l'uomo può disprezzare per Dio: all'infimo grado ci sono i beni esterni, in quello intermedio i beni del corpo e in quello più alto i beni dell'anima, tra i quali occupa il primo posto, in qualche modo, la volontà: in quanto cioè con la volontà l'uomo fa uso di tutti gli altri beni.

Di per sé quindi è più lodevole l'obbedienza, che sacrifica a Dio la propria volontà, che non le altre virtù morali, con cui si sacrificano a Dio altri beni.

Per cui S. Gregorio [ ib. ] afferma che « giustamente l'obbedienza viene preferita alle vittime: poiché con le vittime si uccide la carne altrui, mentre con l'obbedienza si uccide la volontà propria ».

E da ciò segue ancora che tutte le altre opere virtuose in tanto sono meritorie presso Dio in quanto vengono compiute per ubbidire alla sua volontà.

Infatti anche se uno subisse il martirio o distribuisse tutti i suoi beni ai poveri, se non ordinasse tutte queste cose al compimento della volontà di Dio, il che appartiene direttamente all'obbedienza, esse non potrebbero essere meritorie; come neppure se fossero compiute senza la carità, la quale non può sussistere senza l'obbedienza.

Sta scritto infatti [ 1 Gv 2,4s ]: « Chi dice di conoscere Dio e non osserva i suoi comandamenti è bugiardo; chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto ».

E questo è il motivo per cui si dice che l'amicizia fa « volere e non volere le medesime cose » [ Sallust., Catilin. 20 ].

Analisi delle obiezioni:

1. L'obbedienza nasce dal rispetto, il quale offre ai superiori prestazioni e onore.

E sotto questo aspetto essa rientra in molte virtù; sebbene considerata in se stessa, in quanto ha di mira il comando come tale, sia una virtù specifica.

In quanto dunque deriva dal rispetto verso le autorità, l'obbedienza rientra in qualche modo nell'osservanza.

In quanto invece deriva dal rispetto verso i genitori, rientra nella pietà.

In quanto poi deriva dal rispetto verso Dio ricade nella religione: e precisamente nella devozione, che è l'atto principale di tale virtù.

Per cui in base a ciò risulta più lodevole ubbidire a Dio che offrire sacrifici.

- E anche perché, come dice S. Gregorio [ l. cit. ], « nel sacrificio viene uccisa la carne altrui, mentre con l'obbedienza si uccide la volontà propria ».

In particolare poi nel caso di cui parlava Samuele sarebbe stato meglio che Saul avesse ubbidito a Dio piuttosto che sacrificare i pingui animali degli Amaleciti contro il comando di Dio [ 1 Sam 15,23.26 ].

2. Nell'obbedienza rientrano tutti gli atti delle virtù in quanto sono comandati.

Perciò in quanto gli atti di tutte le virtù agiscono in maniera causale o dispositiva alla loro produzione e conservazione, si può dire che l'obbedienza semina e custodisce tutte le virtù.

Non ne segue però che l'obbedienza sia in modo assoluto la virtù principale, e ciò per due motivi.

Primo, perché sebbene un atto virtuoso possa sempre essere oggetto di un comando, tuttavia uno può compierlo senza badare al comando.

Se quindi ci sono delle virtù il cui oggetto è per natura anteriore al precetto, esse sono per loro natura superiori all'obbedienza: come è chiaro nel caso della fede, che ci fa conoscere la sublimità dell'autorità divina, dalla quale deriva ad essa il potere di comandare.

- Secondo, perché l'infusione della grazia e delle virtù può precedere, anche cronologicamente, qualsiasi atto di virtù.

Perciò l'obbedienza non è la prima delle virtù, né in ordine di natura, né in ordine di tempo.

3. Il bene è di due specie.

C'è un bene che si è tenuti a compiere per necessità: come amare Dio e altre azioni del genere.

E questo bene non va in alcun modo tralasciato.

- C'è poi un bene a cui non si è tenuti per necessità.

E questo bene talora uno è tenuto a tralasciarlo per un motivo di obbedienza, alla quale l'uomo è tenuto per necessità: poiché nessuno deve compiere un bene commettendo una colpa.

Tuttavia, come dice ancora S. Gregorio [ l. cit. ], « chi proibisce ai sudditi un bene qualsiasi deve permetterne molti altri, per non uccidere alla radice l'animo di chi deve ubbidire rendendolo completamente digiuno di ogni bene ».

E così con l'obbedienza e con le altre opere buone si può compensare la privazione di un unico bene.

Indice