Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la disobbedienza sia un peccato mortale

Supra, q. 69, a. 1

Pare che la disobbedienza non sia un peccato mortale

Infatti:

1. Qualsiasi peccato è una disobbedienza, come risulta dalla definizione di S. Ambrogio, che abbiamo riferito sopra [ q. 104, a. 2, ob. 1 ].

Se quindi la disobbedienza fosse un peccato mortale, tutti i peccati sarebbero mortali.

2. S. Gregorio [ Mor. 31,45 ] insegna che la disobbedienza deriva dalla vanagloria.

Ma la vanagloria non è un peccato mortale.

Quindi neppure la disobbedienza.

3. Uno è disobbediente quando non esegue il comando di un superiore.

Ma spesso i superiori fanno tanti comandi che difficilmente, o mai, è possibile eseguirli tutti.

Se quindi la disobbedienza fosse un peccato mortale, nessuno sarebbe in grado di evitare il peccato mortale: il che è inammissibile.

Quindi la disobbedienza non è un peccato mortale.

In contrario:

S. Paolo [ Rm 1,30; 2 Tm 3,2 ], parlando di altri peccati mortali, accenna anche a questo: « disobbedienti ai genitori ».

Dimostrazione:

Un peccato è mortale, come si è già spiegato [ q. 24, a. 12; q. 35, a. 3; I-II, q. 72, a. 5 ], in quanto è incompatibile con la carità, da cui sgorga la vita spirituale.

Ma la carità esige l'amore di Dio e del prossimo.

Ora, l'amore di Dio esige che si ubbidisca ai suoi comandi, come si è detto sopra [ q. 24, a. 12; q. 104, a. 3 ].

Perciò la disobbedienza ai precetti di Dio è un peccato mortale, in quanto incompatibile con I'amore di Dio.

Ma nei precetti divini c'è anche l'obbligo di ubbidire ai superiori.

Quindi anche la disobbedienza al comando dei superiori è un peccato mortale, essendo incompatibile con l'amore di Dio, secondo l'insegnamento di S. Paolo [ Rm 13,2 ]: « Chi si oppone all'autorità si oppone all'ordine stabilito da Dio ».

- Inoltre essa è incompatibile con l'amore del prossimo: poiché con essa uno nega a quel prossimo che è il suo superiore l'obbedienza dovuta.

Analisi delle obiezioni:

1. La definizione di S. Ambrogio si riferisce al peccato mortale, che ha la perfetta natura di peccato.

Infatti il peccato veniale non è una disobbedienza, non essendo contro il precetto, ma fuori del precetto.

E neppure è vero che tutti i peccati mortali sono delle disobbedienze in senso proprio, ma ciò vale solo nel caso in cui si disprezza il precetto.

Infatti gli atti morali sono specificati dal fine: per cui se uno agisce contro il comando non a spregio del precetto, bensì per altri motivi, allora si ha una disobbedienza solo materiale, mentre formalmente il peccato appartiene a un'altra specie.

2. La vanagloria mira a mostrare una qualche superiorità; e poiché il non sottostare all'altrui comando pare appartenere a tale superiorità, ne viene che la disobbedienza nasce appunto dalla vanagloria.

D'altra parte nulla impedisce che da un peccato veniale possa nascere un peccato mortale, essendo la colpa veniale una disposizione a quella mortale.

3. Nessuno è tenuto all'impossibile.

Se quindi un superiore moltiplica gli ordini al punto che un suddito non è più in grado di eseguirli, costui risulta scusato dal peccato.

E per questo i superiori devono astenersi dal dare troppi comandi.

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