Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se Cristo abbia potuto pregare per se stesso

In 3 Sent., d. 17, q.1, a. 3, sol. 2

Pare che Cristo non abbia potuto pregare per se stesso.

Infatti:

1. Scrive S. Ilario [ De Trin. 10,71 ]: « Le sue parole nella preghiera non giovavano a lui, ma egli le pronunciava per l'accrescimento della nostra fede ».

Quindi Cristo non pregava per sé, ma per noi.

2. Si prega solo per ciò che si vuole poiché, come si è detto [ a. 1 ], la preghiera è la presentazione del proprio volere a Dio perché lo adempia.

Ma ciò che Cristo soffriva era da lui voluto; dice infatti S. Agostino [ Contra Faustum 26,8 ]: « L'uomo spesso, anche se non vuole, è triste; anche se non vuole, dorme; anche se non vuole, ha fame e sete. Egli invece », cioè Cristo, « ebbe tutto questo perché lo volle ».

Quindi non poteva pregare per se stesso.

3. S. Cipriano [ De orat. domin. 8 ] scrive: « Maestro di pace e di unità, Cristo non volle che si pregasse individualmente e privatamente, o che l'orante pensasse a sé soltanto ».

Ora, Cristo metteva in pratica ciò che insegnava, come afferma la Scrittura [ At 1,1 ]: « Gesù cominciò a fare e a insegnare ».

Quindi Cristo non pregò mai solo per sé.

In contrario:

Il Signore stesso [ Gv 17,1 ] dice pregando: « Glorifica il Figlio tuo ».

Dimostrazione:

Cristo ha pregato per sé in due modi.

Primo, esprimendo i sentimenti della propria sensualità, come si è detto sopra [ a. prec. ], o anche i desideri della sua volontà considerata come natura: come quando domandò che fosse allontanato da lui il calice della passione [ Mt 26,39 ].

Secondo, esprimendo gli affetti della sua volontà deliberata, che viene considerata come ragione: come quando chiese la gloria della risurrezione [ Gv 17,1ss ].

E ciò era giusto.

Infatti, come si è detto [ a. 1, ad 1 ], Cristo volle ricorrere alla preghiera nelle sue relazioni con il Padre per dare a noi l'esempio, e per professare che il Padre suo è il principio da cui egli procede dall'eternità secondo la natura divina, e da cui riceve ogni bene secondo la natura umana.

Ma nella natura umana, se alcuni beni li aveva già ricevuti dal Padre, altri li doveva attendere.

Come quindi per i beni già ricevuti nella natura umana rendeva grazie al Padre, secondo la testimonianza del Vangelo [ Mt 26,27; Gv 11,41 ], riconoscendolo autore di essi, così pure, sempre per riconoscerlo autore, domandava a lui con la preghiera i beni che gli mancavano secondo la sua natura umana: p. es. la gloria del corpo e altri beni consimili.

E anche in questo ci lasciò un esempio, affinché siamo riconoscenti per i doni già ricevuti, e chiediamo con la preghiera quelli che ancora non abbiamo.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Ilario parla della preghiera vocale, di cui Cristo non aveva bisogno per se stesso, ma solo per noi.

Per questo dice di proposito che « nella preghiera le parole non gli giovavano ».

Se infatti « il Signore accoglie il desiderio degli umili », come dice il Salmista [ Sal 10,17 ], tanto più ha forza di preghiera presso il Padre la sola volontà di Cristo.

Per cui egli stesso diceva [ Gv 11,42 ]: « Sapevo che sempre tu mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato ».

2. Cristo certamente voleva tutto ciò che soffriva in quel dato momento, ma voleva anche che il suo corpo dopo la passione ricevesse quella gloria che ancora non aveva.

E tale gloria l'attendeva dal Padre.

Perciò era conveniente che gliela chiedesse.

3. Anche la gloria che Cristo chiedeva per sé nella preghiera riguardava la salvezza degli altri, in conformità a quanto asserisce l'Apostolo [ Rm 4,25 ]: « Fu risuscitato per la nostra giustificazione ».

Perciò anche l'orazione che faceva per sé era in qualche modo per gli altri.

Come pure chiunque domanda a Dio una grazia per usarla a beneficio degli altri prega non solo per sé, ma anche per gli altri.

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