Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se a Cristo competa di essere sacerdote

In Hebr., c. 5, lect. 1

Pare che a Cristo non competa di essere sacerdote.

Infatti:

1. Il sacerdote è inferiore all'angelo, poiché sta scritto [ Zc 3,1 ]: « Dio mi fece vedere il sommo sacerdote ai piedi dell'angelo del Signore ».

Ma Cristo è superiore agli angeli, come afferma S. Paolo [ Eb 1,4 ]: « È divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato ».

Quindi Cristo non può essere sacerdote.

2. Le istituzioni dell'antico Testamento erano figure di Cristo, come attesta l'Apostolo [ Col 2,17 ]: « Erano un'ombra delle cose future, della realtà che è Cristo ».

Ma Cristo non apparteneva alla stirpe sacerdotale dell'antica legge, come risulta dalle altre parole dell'Apostolo [ Eb 7,14 ]: « È noto che il Signore nostro è germogliato da Giuda, e di questa tribù Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio ».

Quindi a Cristo non compete di essere sacerdote.

3. L'Antica legge, che è figura di Cristo, non ammetteva che una stessa persona fosse legislatore e sacerdote, tanto che il Signore [ Es 28,1 ] ordina al legislatore Mosè: « Fa' avvicinare a te Aronne, tuo fratello, perché sia mio sacerdote ».

Ma Cristo è il legislatore della nuova legge, come dice il profeta [ Ger 31,33 ]: « Porrò la mia legge nel loro cuore ».

Quindi a Cristo non compete il sacerdozio.

In contrario:

Dichiara S. Paolo [ Eb 4,14 ]: « Abbiamo un sommo sacerdote che ha attraversato i cieli, Gesù, il Figlio di Dio ».

Dimostrazione:

L'ufficio proprio del sacerdote è di essere mediatore fra Dio e il popolo, in quanto cioè egli trasmette al popolo le cose divine, per cui « sacerdote » equivale a « datore di cose sacre » [ Isid., Etym. 7,12 ], secondo le parole del profeta [ Ml 2,7 ]: « Dalla sua bocca », cioè del sacerdote, « si ricerca l'istruzione »; e ancora in quanto offre a Dio le preghiere del popolo, e in qualche modo soddisfa dinanzi a Dio per i peccati; infatti l'Apostolo [ Eb 5,1 ] afferma: « Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati ».

Ma ciò si addice sommamente a Cristo.

Infatti per suo merito gli uomini furono ricolmati di doni, secondo le parole della Scrittura [ 2 Pt 1,4 ]: « Grazie a lui », cioè a Cristo, « ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina ».

Inoltre egli ha riconciliato con Dio il genere umano, come insegna S. Paolo [ Col 1,19s ]: « In lui », cioè in Cristo, « volle che abitasse tutta la pienezza, e che per mezzo suo fossero riconciliate tutte le cose ».

Quindi a Cristo si addice sommamente di essere sacerdote.

Analisi delle obiezioni:

1. Agli angeli compete il potere gerarchico, in quanto anch'essi sono intermediari fra Dio e l'uomo, come spiega Dionigi [ De cael. hier. 9,2 ], cosicché il sacerdote stesso quale intermediario fra Dio e il popolo riceve l'appellativo di angelo, secondo l'espressione di Malachia [ Ml 2,7 ]: « Egli è l'angelo del Signore degli eserciti ».

Ma Cristo era superiore agli angeli, non solo secondo la divinità, ma anche secondo l'umanità, poiché aveva la pienezza della grazia e della gloria.

Per cui egli possedeva in modo più eccellente degli angeli il potere gerarchico o sacerdotale, e gli angeli stessi erano a servizio del suo sacerdozio, secondo le parole evangeliche [ Mt 4,11 ]: « Angeli gli si accostarono e lo servivano ».

Quanto però alla passibilità « egli fu per breve tempo inferiore agli angeli », come dice l'Apostolo [ Eb 2,9 ].

E in ciò era simile agli uomini viatori costituiti nel sacerdozio.

2. Come osserva il Damasceno [ De fide orth. 3,26 ], « la somiglianza assoluta costituisce un'identità, non un'esemplarità ».

Poiché dunque il sacerdozio dell'antica legge era figura del sacerdozio di Cristo, egli non volle nascere dalla stirpe dei sacerdoti che erano sue figure, per far capire che il suo sacerdozio non era identico all'antico, ma ne differiva come la realtà dall'immagine.

3. Come si è detto sopra [ q. 7, a. 7, ad 1; a. 10 ], gli altri uomini ricevono delle grazie particolari; Cristo invece, quale capo di tutti, possiede la pienezza di tutte le grazie.

Perciò nel caso degli altri uno è legislatore, uno è sacerdote e un altro è re: ma tutte queste doti si accumulano in Cristo, come nella fonte di tutte le grazie.

Per cui si legge in Isaia [ Is 33,22 ]: « Il Signore è nostro giudice, il Signore è nostro legislatore, il Signore è nostro re: egli ci salverà ».

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