Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se Cristo sia asceso al cielo per virtù propria

Comp. Theol., c. 240

Pare che Cristo non sia asceso al cielo per virtù propria.

Infatti:

1. Nel Vangelo [ Mc 16,19 ] si legge che « il Signore Gesù, dopo aver parlato con i suoi discepoli, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio ».

E gli Atti [ At 1,9 ] riferiscono che « fu elevato in alto sotto i loro occhi, e una nube lo sottrasse al loro sguardo ».

Ma ciò che viene assunto ed elevato viene mosso da altri.

Quindi Cristo fu portato in cielo da una virtù estranea, non dalla propria.

2. Il corpo di Cristo era un corpo terreno come il nostro.

Ora, per un corpo terreno il moto verso l'alto è contro natura.

Ma nessun moto compiuto per virtù propria può essere contro natura.

Quindi Cristo non salì al cielo per virtù propria.

3. La virtù propria di Cristo è la virtù divina.

Ora, non pare che il moto suddetto possa attribuirsi alla virtù divina poiché questa, essendo infinita, avrebbe compiuto quel moto in maniera istantanea, per cui Cristo non si sarebbe « elevato in alto sotto i loro occhi », come dicono gli Atti [ At 1,9 ].

Perciò Cristo non ascese al cielo per virtù propria.

In contrario:

In Isaia [ Is 63,1 ] si legge: « Egli è splendido nella sua veste, avanza nella pienezza della sua forza ».

E S. Gregorio [ In Evang. hom. 29 ] insegna: « Di Elia si legge che ascese al cielo su di un carro: per mostrare apertamente che in quanto puro uomo aveva bisogno di un aiuto esterno.

Per il nostro Redentore invece non si legge né di carri né di angeli che lo abbiano sollevato: poiché colui che aveva fatto tutte le cose, per virtù propria si elevò su tutte le cose ».

Dimostrazione:

Ci sono in Cristo due nature, la divina e l'umana.

Perciò a suo riguardo si può parlare di virtù propria secondo l'una e l'altra natura.

Ma nella natura umana possiamo ancora distinguere due virtù.

La prima, naturale, che procede dai princìpi della natura.

Ed è evidente che Cristo non poteva ascendere al cielo con essa.

La seconda virtù nella natura umana è invece quella propria della gloria.

E con essa Cristo ascese al cielo.

Alcuni poi cercano di spiegare la presenza di questa virtù ricorrendo alla quinta essenza, che sarebbe la luce, e che essi mettono tra i composti del corpo umano, facendone il connettivo che raccoglie nell'unità gli elementi contrari.

Ora, nello stato presente della nostra mortalità ci sarebbe nei corpi umani il predominio della natura propria dei quattro elementi, e sarebbe in forza di tale predominio che il corpo umano per virtù naturale tende al basso.

Nello stato di gloria invece, essi dicono, si ha il predominio della natura celeste, per cui secondo tale inclinazione e virtù il corpo di Cristo e quelli degli altri santi sono portati in cielo.

- Ma di tale opinione abbiamo già parlato nella Prima Parte [ q. 76, a. 7 ]; e ne riparleremo più ampiamente trattando della risurrezione universale [ Suppl., q. 84, a. 1 ].

Rigettata dunque questa opinione, altri giustificano la presenza della virtù suddetta facendola derivare dall'anima glorificata quale ridondanza della sua gloria sul corpo, come spiega S. Agostino [ Epist. 118,3 ].

Sarà tanta cioè la dipendenza del corpo glorioso dall'anima glorificata, che, secondo il Santo [ De civ. Dei 22,30 ], « dove vorrà lo spirito, là subito si troverà il corpo; né lo spirito vorrà mai nulla che non sia confacente allo spirito e al corpo ».

Ora, è confacente al corpo glorioso e immortale la dislocazione nel cielo, come si è detto sopra [ a. 1 ].

Quindi il corpo di Cristo ascese al cielo per la virtù dell'anima che lo voleva.

Come però il corpo diviene glorioso [ per l'anima ], così « l'anima diviene beata partecipando di Dio », secondo le parole di S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 23 ].

Per cui la prima causa dell'ascensione al cielo è la virtù di Dio.

Così dunque Cristo ascese al cielo per virtù propria: prima di tutto per la propria virtù divina, e in secondo luogo per la virtù dell'anima glorificata che muove il corpo come vuole.

Analisi delle obiezioni:

1. Come si dice che Cristo risorse per virtù propria, e tuttavia fu risuscitato dal Padre, poiché è identica la virtù del Padre e del Figlio, così anche ascese al cielo per virtù propria, e tuttavia fu elevato e assunto dal Padre.

2. L'argomento dimostra che Cristo non ascese al cielo per la virtù propria che è naturale alla natura umana.

Egli però ascese al cielo per quella virtù propria che è la virtù divina, e per quella dovuta all'anima beata.

E sebbene salire in alto sia contro la natura del corpo umano secondo lo stato della vita presente, in cui il corpo non è del tutto soggetto allo spirito, tuttavia [ tale movimento ] non sarà né innaturale né violento per il corpo glorioso, la cui natura è del tutto soggetta allo spirito.

3. Per quanto la virtù divina sia infinita e operi di per sé in modo infinito, tuttavia il suo effetto è ricevuto dalle cose secondo la loro capacità, e secondo le disposizioni divine.

Ora, i corpi non sono in grado di muoversi localmente in maniera istantanea: poiché devono commisurarsi allo spazio, e dalla divisione dello spazio si ha la divisione del tempo, come dimostra Aristotele [ Phys. 6, 4 ].

Quindi per il fatto che un corpo viene mosso da Dio non ne segue che sia mosso in maniera istantanea, ma con quella velocità che Dio ha disposto.

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