Supplemento alla III parte

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Articolo 1 - Se la confessione sia necessaria per salvarsi

Pare che la confessione non sia necessaria per salvarsi.

Infatti:

1. Il sacramento della penitenza è ordinato alla remissione della colpa.

Ma la colpa viene rimessa efficacemente dall'infusione della grazia.

Quindi per la penitenza del peccato non è necessaria la confessione.

2. Si legge che ad alcuni furono rimessi i peccati senza che venga fatto alcun accenno alla loro confessione: come è evidente nel caso di S. Pietro [ Lc 22,61s ],della Maddalena [ Lc 7,36ss ] e di S. Paolo [ At 9,17s ].

- Ora, la grazia che rimette i peccati non è meno efficace adesso che in passato.

Quindi nemmeno ora è necessario per la salvezza che uno confessi i peccati.

3. Una colpa contratta per opera di un altro deve ricevere il rimedio da un altro.

Perciò il peccato attuale, che ciascuno commette con i propri atti, deve ricevere il rimedio solo da chi lo commette.

Ma contro tale peccato è ordinata la penitenza.

Quindi la confessione non è indispensabile alla penitenza.

4. In giudizio la confessione è richiesta per poter infliggere alla colpa una pena proporzionata.

Ma uno può da se stesso infliggersi una pena più grave di quella inflitta da altri.

Perciò la confessione non è indispensabile per salvarsi.

In contrario:

1. Boezio [ De consol. 1, pr. 4 ] scrive: « Se attendi l'opera del medico, è necessario che tu riveli la malattia ».

Ma per l'uomo è necessario alla salvezza ricevere la medicina dei peccati.

Quindi è indispensabile per la salvezza svelare la malattia con la confessione.

2. Nei tribunali civili l'identica persona non può essere giudice e reo.

Ora, il tribunale spirituale è ancora più ordinato.

Quindi il peccatore, che è il reo, non può essere giudice di se stesso, ma va giudicato da un altro.

Perciò egli è tenuto a confessarsi.

Dimostrazione:

La passione di Cristo, senza la cui virtù non può essere perdonato il peccato né originale né attuale, opera in noi mediante la pratica dei sacramenti, che da essa ricevono la loro efficacia.

Quindi per la remissione della colpa, sia attuale che originale, si richiedono i sacramenti della Chiesa, ricevuti di fatto o almeno col desiderio, « quando cause di necessità, e non il disprezzo, escludono il sacramento ».

Di conseguenza quei sacramenti che sono ordinati a cancellare la colpa, che è incompatibile con la salvezza, sono indispensabili per salvarsi.

Come quindi il battesimo, con cui viene cancellato il peccato originale, è necessario alla salvezza, così lo è anche il sacramento della penitenza.

E come chiedendo il battesimo uno si sottomette ai ministri della Chiesa, ai quali appartiene l'amministrazione del sacramento, così anche confessando i propri peccati uno si sottomette al ministro della Chiesa per conseguirne la remissione mediante il sacramento della penitenza, da questi amministrato.

Ora, il ministro può applicare il rimedio solo conoscendo il peccato: il che avviene mediante la confessione del peccatore.

E così la confessione è indispensabile alla salvezza per colui che è caduto in un peccato mortale attuale.

Analisi delle obiezioni:

1. L'infusione della grazia basta certamente a rimettere i peccati, ma dopo la remissione della colpa il peccatore rimane con un debito di pena temporale.

All'infusione della grazia poi sono ordinati i sacramenti della grazia: perciò prima di riceverli, o di fatto o col desiderio, non si consegue la grazia, come è evidente nel caso del battesimo.

E lo stesso vale anche per la confessione.

Inoltre la pena temporale viene espiata mediante la vergogna della confessione, il potere delle chiavi a cui il penitente si sottomette e la soddisfazione, che viene imposta dal sacerdote secondo la gravità dei peccati a lui svelati mediante la confessione.

Tuttavia la confessione deve la sua indispensabilità come mezzo di salvezza non al fatto che giova a rimettere la pena.

Poiché questa pena, a cui uno resta obbligato dopo la remissione della colpa, è temporale, per cui anche senza espiarla in questa vita uno potrebbe salvarsi.

Essa deve invece tale indispensabilità al fatto che interviene nella remissione della colpa nel modo suddetto.

2. Sebbene nulla si legga nella Scrittura circa la confessione di costoro, tuttavia questa potrebbe anche esserci stata: « molte infatti sono le cose che non furono scritte » [ P. Lomb., Sent. 4, 17 c. Cum ergo ].

- E inoltre Cristo aveva sui sacramenti un potere di eccellenza, per cui poteva conferire la grazia del sacramento senza gli atti requisiti per il sacramento.

3. Il peccato contratto per opera di un altro, ossia quello originale, può ricevere un rimedio esclusivamente dall'esterno, come è evidente nel caso dei bambini, ma il peccato attuale, che uno ha commesso da se stesso, non può essere espiato senza la cooperazione del peccatore.

Questi però non ha la capacità di espiarlo da solo, come invece la ebbe per commetterlo: perché se dal lato della conversione [ alla creatura ], che induce il peccatore a commettere il peccato, questo è qualcosa di finito, dal lato dell'allontanamento [ da Dio ] tuttavia esso è infinito.

Ed è da questo lato che deve iniziare la remissione del peccato, poiché come dice Aristotele [ Ethic. 3,3 ] « ciò che è ultimo nella generazione è primo nella distruzione ».

E così anche il peccato attuale deve ricevere la medicina da altri.

4. La soddisfazione non sarebbe sufficiente a espiare la pena dovuta al peccato per la gravità dell'opera imposta, ma è sufficiente in quanto è una parte del sacramento che riveste una virtù sacramentale.

Per cui deve essere imposta da chi amministra i sacramenti.

E così è necessaria la confessione.

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