Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se la confessione sia di diritto naturale

Pare che la confessione sia di diritto naturale.

Infatti:

1. Adamo e Caino non erano tenuti che ai precetti della legge naturale.

Ora, essi vengono ripresi perché non confessarono il loro peccato.

Quindi la confessione dei peccati è di legge naturale.

2. I precetti dell'antica legge che perdurano nella nuova sono di diritto naturale.

Ma la confessione esisteva già nell'antica legge, secondo l'accenno di Isaia [ Is 43,26 ]: « Parla tu per giustificarti ».

Essa quindi è di diritto naturale.

3. Giobbe non era soggetto che alla legge naturale.

Eppure egli confessava i suoi peccati, come risulta dalle sue stesse parole [ Gb 31,33 ]: « Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia colpa ».

Quindi confessare i peccati è di legge naturale.

In contrario:

1. S. Isidoro [ Etym. 5,4 ] afferma che « il diritto naturale è identico presso tutti ».

La confessione invece non è identica per tutti.

Quindi non è di diritto naturale.

2. La confessione viene fatta a chi ha il potere delle chiavi.

Ma le chiavi della Chiesa non sono un'istituzione di diritto naturale.

Quindi neppure la confessione.

Dimostrazione:

I sacramenti sono delle attestazioni di fede: quindi devono essere proporzionati alla fede.

Ma la fede è superiore alla conoscenza della ragione naturale.

Perciò i sacramenti sono superiori al dettame della ragione naturale.

E poiché il diritto o legge naturale, secondo Cicerone [ De invent. 2,53 ], è « quanto non fu generato dall'opinione, ma prodotto da un'innata forza interiore », così i sacramenti non sono di legge naturale, ma di legge divina, superiore a quella naturale.

È vero che talvolta si usa il termine « naturale » nel senso in cui per ogni cosa può dirsi naturale quanto ad essa viene comandato dal suo Creatore, tuttavia propriamente si dicono naturali le cose che vengono causate dai princìpi della natura.

Ora, sono al di sopra della natura le cose che Dio si riserva di compiere da solo senza servirsi della natura, cioè i miracoli, la rivelazione dei misteri e l'istituzione dei sacramenti.

La confessione quindi, che riveste un'obbligatorietà sacramentale, è di diritto non naturale, ma divino.

Analisi delle obiezioni:

1. Adamo viene rimproverato perché non riconobbe il suo peccato davanti a Dio: infatti la confessione che viene fatta a Dio attraverso il riconoscimento del peccato è di diritto naturale.

Ma qui parliamo della confessione da farsi all'uomo.

Oppure si può rispondere che nel caso confessare il proprio peccato era di legge naturale: poiché quando uno viene interrogato dal giudice in tribunale non deve mentire scusando o negando il proprio peccato, come fecero biasimevolmente Adamo e Caino.

Ma la confessione che viene fatta spontaneamente a un uomo per avere da Dio la remissione dei peccati non è di diritto naturale.

2. I precetti della legge naturale rimangono identici nella legge di Mosè e nella nuova legge.

Invece la confessione, sebbene in qualche maniera fosse presente nella legge mosaica, non era obbligatoria allo stesso modo in cui lo è nella legge nuova, e neppure nella legge di natura.

Infatti nella legge di natura bastava il riconoscimento interno del proprio peccato davanti a Dio, mentre nella legge di Mosè bisognava protestare la propria colpa con qualche segno esterno, p. es. con l'oblazione di un sacrificio per il peccato, da cui altri potevano arguire che uno era in colpa.

Però questi non era tenuto a manifestare il peccato particolare da lui commesso, né le sue circostanze, come invece è necessario nella nuova legge.

3. Giobbe, come nota la Glossa [ ord. e interlin. ] sul passo citato, parla della dissimulazione del peccato fatta dal colpevole negando o scusando la propria colpa.

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