Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se le sofferenze con cui Dio ci punisce nella vita presente possano essere soddisfattorie

Pare che le sofferenze con cui Dio ci punisce nella vita presente non possano essere soddisfattorie.

Infatti:

1. Come si è spiegato sopra [ q. 14, a. 3 ], nulla può essere soddisfattorio se non è meritorio.

Ora, noi non meritiamo se non con quelle cose che dipendono da noi.

Siccome dunque i flagelli con cui Dio ci punisce non dipendono da noi, è chiaro che non possono essere soddisfattori.

2. La soddisfazione è riservata ai buoni.

Invece le sofferenze suddette colpiscono i cattivi, e sono essi che le meritano di più.

Quindi non possono essere soddisfattorie.

3. La soddisfazione riguarda i peccati passati.

Ma talora queste sofferenze sono inflitte a chi è senza peccati, come è evidente nel caso di Giobbe.

Quindi esse non sono soddisfattorie.

In contrario:

1. S. Paolo [ Rm 5,3s ] scrive: « La tribolazione produce la pazienza, la pazienza poi una virtù provata », cioè « la purificazione dai peccati », come spiega la Glossa [ interlin. ].

Quindi le sofferenze espiano i peccati.

E così sono soddisfattorie.

2. S. Ambrogio [ In Ps. 118, serm. 18 ] afferma: « Anche se manca la sicurezza », cioè la coscienza [ certa ] del peccato, « la pena è in grado di soddisfare ».

Perciò tali sofferenze sono soddisfattorie.

Dimostrazione:

La compensazione per l'offesa fatta può essere compiuta sia dall'offensore che da un altro.

Quando però è compiuta da un altro ha più natura di vendetta che di soddisfazione, mentre quando è compiuta da chi ha offeso ha anche l'aspetto di soddisfazione.

Se quindi le sofferenze che Dio infligge per i peccati vengono fatte proprie in qualche modo da chi le subisce, acquistano valore soddisfattorio.

Ora, esse vengono fatte proprie da chi le subisce in quanto questi le accetta per la purificazione dai peccati, sopportandole con pazienza.

Se invece uno si ribella, allora non le fa sue.

E così non hanno valore di soddisfazione, ma solo di vendetta.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene quei flagelli non siano in nostro potere, dipende però da noi servircene sopportandoli con pazienza.

E così l'uomo « fa di necessità virtù » [ Gir., Epist. 54 ].

Per cui quei flagelli possono essere sia meritori che soddisfattori.

2. Nota S. Gregorio [ Agost., De civ. Dei 1,8 ] che come « mediante lo stesso fuoco l'oro brilla e la paglia fa fumo », così mediante gli stessi flagelli i buoni si purificano e i malvagi si ostinano con l'impazienza.

Sebbene quindi le sofferenze siano comuni, tuttavia la soddisfazione è riservata ai buoni.

3. Le sofferenze dicono sempre relazione a una colpa passata: non sempre però a una colpa personale, bensì a una colpa d'origine.

Se infatti nella natura umana non ci fosse stata in passato nessuna colpa, non ci sarebbe nessuna pena.

Poiché invece in passato nella nostra natura è esistita la colpa, a certe persone Dio infligge delle pene senza una colpa personale, per accrescere il merito della virtù e prevenire eventuali peccati.

E queste due cose sono necessarie anche nella soddisfazione.

Essa infatti deve consistere in un'opera meritoria, perché sia reso a Dio l'onore dovuto, e deve essere una salvaguardia delle virtù, perché siamo preservati dai peccati futuri.

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