Supplemento alla III parte

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Articolo 1 - Se la soddisfazione esiga delle opere afflittive o penali

Pare che la soddisfazione non esiga delle opere afflittive o penali.

Infatti:

1. Con la soddisfazione si deve dare un compenso per l'offesa fatta a Dio.

Ma nessuna compensazione può essere fatta con opere afflittive o penali: poiché « Dio non si rallegra delle nostre pene » [ Tb 3,22 Vg ].

Quindi per la soddisfazione non si richiedono opere afflittive.

2. Quanto più un'opera deriva da una maggiore carità, tanto meno è afflittiva: poiché « la carità esclude la pena », come dice S. Giovanni [ 1 Gv 4,18 ].

Se quindi le opere soddisfattorie dovessero essere afflittive, più queste sono fatte con carità meno sarebbero soddisfattorie.

Il che è falso.

3. Soddisfare, come dice S. Anselmo [ Cur Deus homo 1,11 ], consiste nel « rendere a Dio l'onore dovuto ».

Ma ciò può essere fatto anche con altre opere, oltre che con quelle afflittive.

Quindi non è necessario che la soddisfazione sia compiuta con opere afflittive.

In contrario:

1. S. Gregorio [ In Evang. hom. 20 ] scrive: « È giusto che il peccatore si imponga con la penitenza privazioni tanto maggiori quanto più gravi furono i danni da lui inflitti con la colpa ».

2. Con la soddisfazione va sanata perfettamente la ferita del peccato.

Ora, secondo il Filosofo [ Ethic. 2,3 ] « le medicine dei peccati sono i castighi ».

Quindi la soddisfazione va fatta mediante opere penali, ossia afflittive

Dimostrazione:

La soddisfazione ha un rapporto sia con l'offesa passata, che con essa ottiene una compensazione, sia con le colpe future, dalle quali essa intende preservare [ cf. q. 12, a. 3 ].

E sotto entrambi gli aspetti la soddisfazione esige di essere compiuta con delle opere afflittive.

Infatti il compenso per l'offesa implica un livellamento tra colui che ha offeso e chi ha subito l'affronto.

Ora, nella giustizia umana tale livellamento si ottiene togliendo all'uno ciò che ha in più del giusto e aggiungendolo all'altro che ha subito la sottrazione di qualcosa.

Perciò, sebbene a Dio, data la sua natura, non si possa sottrarre nulla, tuttavia il peccatore, come si è detto sopra [ q. 12 a.3 ad 4 ], per parte sua gli ha sottratto qualcosa peccando.

Perché dunque ci sia una compensazione è necessario che al peccatore mediante la soddisfazione venga sottratto qualcosa che possa essere a onore di Dio.

Ora, l'opera buona in quanto tale non toglie nulla a chi la compie, ma piuttosto lo perfeziona.

Perciò la sottrazione non può essere compiuta che mediante un'opera buona che abbia natura di pena.

Affinché dunque un'opera sia soddisfattoria si richiede che sia buona, che sia a onore di Dio e che sia afflittiva o penale, in modo da togliere al peccatore qualcosa.

Inoltre la pena preserva dalle colpe future: poiché un uomo non torna facilmente a commettere quei peccati per i quali ha subito una pena.

Infatti, come dice il Filosofo [ l. cit. ], « le pene sono medicine ».

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene Dio non si rallegri delle pene come tali, tuttavia si rallegra di esse in quanto sono giuste.

E sotto tale aspetto le pene possono essere soddisfattorie.

2. Come nella soddisfazione si tiene conto della penalità, così nel merito si tiene conto della obiezioni.

Ora, la diminuzione della obiezioni dalla parte dell'atto stesso, a parità di condizioni, diminuisce il merito, ma la diminuzione della obiezioni dovuta alla prontezza del volere non diminuisce il merito, quanto piuttosto lo accresce.

E allo stesso modo la diminuzione della penosità di un'opera per la prontezza del volere prodotta dalla carità non diminuisce l'efficacia della soddisfazione, ma piuttosto la accresce.

3. L'onore dovuto per il peccato è la riparazione dell'offesa, che non può essere data senza pena da parte del peccatore.

E S. Anselmo intende parlare di questo debito.

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