Supplemento alla III parte

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Articolo 4 - Se chi promuove delle persone indegne commetta peccato

Pare che chi promuove delle persone indegne non commetta peccato.

Infatti:

1. Il vescovo ha bisogno di collaboratori di ordine inferiore.

Ma se egli richiedesse l'idoneità descritta dai Santi Padri, non potrebbe trovarne in numero sufficiente.

Quindi se promuove delle persone indegne può essere scusato.

2. La Chiesa ha bisogno di ministri non solo per le cose spirituali, ma anche per l'amministrazione dei beni temporali.

Ora, capita che persone prive di scienza e di santità siano invece utili nel governo dei beni temporali: o per gli appoggi secolareschi, o per le capacità naturali.

Perciò la loro promozione non sembra peccaminosa.

3. Si è tenuti a evitare il peccato nei limiti del possibile.

Se quindi il vescovo peccasse nel promuovere gli indegni, dovrebbe usare una diligenza estrema per sapere se i candidati agli ordini sono persone degne, facendo indagini diligenti sui loro costumi e sul loro sapere.

Ora, ciò non viene osservato in alcun luogo.

In contrario:

1. Promuovere dei cattivi soggetti ai ministeri sacri è peggio che non correggere quelli già promossi.

Ma Eli peccò mortalmente non correggendo i figli della loro malvagità, per cui « cadendo all'indietro rimase morto », come dice la Scrittura [ 1 Sam 4,18 ].

Perciò non è senza peccato chi promuove gli indegni.

2. Nella Chiesa gli interessi spirituali vanno preferiti a quelli temporali.

Ora, peccherebbe mortalmente chi a ragion veduta mettesse in pericolo i beni temporali della Chiesa.

A maggior ragione, dunque, peccherebbe chi mettesse in pericolo i beni spirituali.

Ma chiunque promuove gli indegni espone al pericolo i beni spirituali: poiché, come dice S. Gregorio [ In Evang. hom 12 ], « il disprezzo che uno merita per la sua condotta ricade sulla sua predicazione », e quindi su tutti i beni spirituali che amministra.

Quindi chi promuove gli indegni pecca mortalmente.

Dimostrazione:

Il Signore [ Lc 12,42 ] descrive « il servo fedele posto a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la giusta razione di cibo ».

Perciò è reo di infedeltà chi dà a qualcuno le cose divine oltre la misura dovuta.

Ed è appunto ciò che compie chi promuove gli indegni.

Quindi egli commette un peccato mortale, come infedele al Signore supremo: specialmente perché ciò pregiudica il bene della Chiesa e l'onore di Dio, che vengono invece promossi dai buoni ministri.

Sarebbe infatti infedele a un padrone terreno chi chiamasse al suo servizio persone incapaci.

Analisi delle obiezioni:

1. Dio non abbandona mai la sua Chiesa al punto che non si trovino ministri sufficienti per le necessità del popolo, se si promuovono i degni e si allontanano gli indegni.

E se non è possibile trovarne tanti quanto quelli attuali, « sarebbe pur sempre meglio avere pochi ministri buoni che molti cattivi », come dice S. Clemente [ cf. Decr. di Graz. 1,23,4 ].

2. I beni temporali vanno cercati solo per quelli spirituali.

Perciò bisogna preferire qualsiasi danno temporale, e disprezzare ogni guadagno del genere, per promuovere il bene spirituale.

3. Il meno che si richiede è che al vescovo ordinante non risulti nulla nel candidato che sia contrario alla santità.

Inoltre si richiede che, secondo l'importanza dell'ordine o dell'ufficio da conferire, si usi la dovuta diligenza per avere la certezza sull'idoneità dei candidati, almeno in base alla testimonianza di altri.

Ed è quanto raccomanda l'Apostolo a Timoteo [ 1 Tm 5,22 ]: « Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno ».

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