Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se la consanguineità sia ben divisa per linee e gradi

Pare che la consanguineità non sia ben divisa per linee e gradi.

Infatti:

1. Per linea di consanguineità si intende « una serie ordinata di persone unite dal vincolo del sangue, discendendo esse da un medesimo capostipite, che abbraccia vari gradi » [ Raimondo, Summa 4,6,1 ].

Ma la consanguineità non è altro che la serie di tali persone.

Quindi la linea suddetta non è altro che la stessa consanguineità.

Ora, nessuna cosa può servire a dividere se stessa.

Quindi non è giusto dividere la consanguineità mediante linee di parentela.

2. Le divisioni di un termine più universale non devono riscontrarsi nella sua definizione.

Ora la discendenza si riscontra nella surriferita definizione della consanguineità.

Perciò la consanguineità non può dividersi in linea ascendente, discendente e collaterale.

3. La linea viene definita come « la distanza tra due punti ».

Ma due punti non costituiscono che un unico grado.

Perciò una linea non ha che un solo grado.

Quindi è identica la divisione della consanguineità per linee e per gradi.

4. Per definizione il grado è « il rapporto esistente tra persone distanti, che misura la distanza reciproca » [ Raimondo, ib. 4,6,2 ].

Ora, essendo al contrario la consanguineità una prossimità, tale distanza si oppone alla consanguineità più che essere una sua parte.

Dunque la consanguineità non si divide per gradi.

5. Se la consanguineità si divide e si conosce mediante i gradi, è indispensabile che quanti sono parenti nel medesimo grado siano ugualmente consanguinei.

Ma ciò è falso: poiché il prozio e il pronipote sono nel medesimo grado, ma non sono ugualmente consanguinei.

Perciò la consanguineità non è ben divisa per gradi.

6. In una serie ordinata di cose, qualsiasi aggiunta fa passare al grado superiore: come ogni unità aggiunta a un numero determina una nuova specie del numero [ Met. 8,3 ].

Invece l'aggiunta di un altro parente non sempre determina un grado diverso di consanguineità: poiché il padre e lo zio paterno, che viene aggiunto, sono nel medesimo grado di consanguineità.

Perciò la consanguineità non va distinta mediante i gradi.

7. Fra due persone imparentate la distanza di consanguineità è sempre la stessa: poiché ambedue gli estremi di quella distanza sono sempre tra loro ugualmente distanti.

Invece il grado di consanguineità non è sempre identico da entrambe le parti: poiché talora da un lato la consanguineità è di terzo grado e dall'altro di quarto grado.

Quindi il rapporto di consanguineità non può essere ben conosciuto mediante i gradi.

Dimostrazione:

La consanguineità è un legame fondato su una comunanza di natura derivante dall'atto della generazione, con il quale la natura si propaga.

Ora tale comunanza, secondo il Filosofo [ Ethic. 8,12 ], può avere tre forme.

La prima in base al rapporto tra la causa e l'effetto: ed è la consanguineità del padre rispetto al figlio.

Per cui, secondo la sua espressione [ ib. ], « i genitori amano i figli come qualcosa di se stessi ».

- La seconda in base al rapporto tra l'effetto e la causa: ed è quella tra i figli e i genitori: per cui « i figli amano i loro genitori quali cause della loro esistenza » [ ib. ].

- La terza in base alla relazione reciproca tra esseri derivanti dal medesimo principio, o causa: per cui si dice che i fratelli « nascono dalle stesse persone » [ ib. ].

- E poiché un punto in movimento produce una linea, e mediante la generazione il padre discende in qualche modo nel figlio, ne viene che in base alle tre relazioni suddette si desumono tre linee di consanguineità: discendente, ascendente e collaterale.

Dato poi che il moto generativo non si arresta al termine definito, ma procede ulteriormente, si possono riscontrare il padre del padre e il figlio del figlio, e così via.

E secondo questi vari procedimenti si hanno diversi gradi nella stessa linea.

E poiché i gradi di una cosa formano le sue parti, i gradi di vicinanza non esistono dove non c'è vicinanza.

Per questo l'identità e la troppa distanza eliminano i gradi di consanguineità: poiché nessuno può essere vicino o simile a se stesso.

Così dunque nessuna persona costituisce un grado in se stessa, ma solo in relazione a un'altra persona.

Tuttavia sono diversi i modi di computare i gradi nelle diverse linee.

Infatti il grado di consanguineità nelle linee ascendenti e discendenti si contrae tra due persone per il fatto che una deriva dall'altra.

In base quindi alla legge ecclesiastica e a quella civile la persona che nel processo generativo compare per prima, o risalendo o discendendo, dista da un individuo, da Pietro ad es., in primo grado, come padre e figlio; quella che si riscontra come seconda dista invece in secondo grado, come nonno e nipote; e così via.

La consanguineità invece di coloro che sono parenti in linea collaterale non si contrae per derivazione dell'uno dall'altro, ma per il fatto che derivano entrambi da un capostipite.

Perciò il grado di consanguineità va computato qui in rapporto all'unico principio da cui entrambi derivano.

In questo punto però la computazione della legge ecclesiastica differisce da quella civile: poiché quella civile somma i gradi di discendenza dal ceppo comune di entrambe le parti, mentre quella ecclesiastica conta quelli di una parte soltanto, cioè di quella in cui si riscontrano più numerosi gradi.

Perciò secondo il computo della legge civile un fratello e una sorella, o due fratelli, sono consanguinei in secondo grado poiché entrambi distano dalla radice comune di un grado; e similmente i figli di due fratelli distano reciprocamente nel quarto grado.

Invece secondo il computo ecclesiastico due fratelli sono consanguinei in primo grado: poiché nessuno dei due dista dalla radice comune più di un grado.

Invece il figlio di un fratello dista dall'altro fratello in secondo grado: poiché tanti sono i gradi che li dividono dalla radice comune.

Perciò secondo il computo ecclesiastico quanti sono i gradi che separano una persona da un ascendente comune, tanta è la distanza che la separa da qualsiasi altro suo discendente, e mai può essere minore: poiché « la causa è sempre superiore all'effetto » [ Anal. post. 1,2 ].

Per cui se gli altri che discendono da un capostipite comune sono consanguinei di una data persona in forza di tale capostipite, non possono essere vicini a chi ne discende per un'altra linea più di quanto tale discendente è vicino al capostipite stesso.

Talora però la distanza maggiore nella parentela si riscontra dalla parte degli altri, i quali forse distano dal capostipite comune più dell'interessato; e la consanguineità va sempre computata in base alla maggiore distanza.

Analisi delle obiezioni:

1. L'obiezione parte da un falso presupposto.

Infatti la consanguineità non è una serie di persone, ma una relazione esistente fra di esse, la cui serie produce la consanguineità.

2. La discendenza in senso lato si riscontra in qualsiasi linea di consanguineità: poiché l'origine carnale, in base alla quale si contrae il vincolo di consanguineità, è una certa discendenza.

Ma questa discendenza specifica, cioè dalla persona di cui si cerca la consanguineità, costituisce la linea dei discendenti.

3. La linea può essere presa in due sensi.

In senso proprio per la dimensione che costituisce la prima specie della quantità continua.

E in questo senso la linea retta contiene in atto due soli punti, che ne sono i termini, ma virtualmente ne contiene infiniti, e con la determinazione attuale di ciascuno la linea si divide, e se ne formano due.

- Talora invece per linea si intendono le cose allineate.

E in quest'altro senso si ha la linea e la figura nei numeri, in quanto nei numeri un'unità viene dopo l'altra.

E così ogni unità successiva determina un grado in tale linea.

E lo stesso si dica per la linea della consanguineità.

Per cui una linea contiene più gradi.

4. Come non ci può essere somiglianza dove non c'è una qualche diversità, così non ci può essere prossimità dove non c'è una qualche distanza.

Perciò non una distanza qualsiasi si contrappone alla consanguineità, ma una distanza tale che la escluda.

5. Come la bianchezza può dirsi maggiore in due modi, cioè in intensità e in estensione, così la consanguineità può dirsi maggiore o minore in intensità, cioè per la sua stessa natura, oppure in estensione: e in questo senso la consanguineità è misurata dal numero delle persone interposte nel processo di origine.

Ed è in questo secondo senso che si distinguono i gradi di consanguineità.

Per cui può capitare che di due soggetti che si trovano nel medesimo grado di consanguineità rispetto a una data persona, l'uno sia ad essa più consanguineo dell'altro quanto all'intensità di questo legame: il padre e il fratello, ad es., sono per un individuo consanguinei in primo grado, poiché in entrambi i casi non intercorre tra loro una persona intermedia, ma quanto a intensità il padre è più consanguineo del fratello, poiché il fratello non è consanguineo se non in quanto deriva dal medesimo padre.

E così quanto più uno è vicino al capostipite comune da cui deriva la consanguineità, tanto più è consanguineo, sebbene non lo sia in un grado più prossimo.

E in questo senso il prozio è più consanguineo di un pronipote, sebbene entrambi lo siano nello stesso grado.

6. Sebbene il padre e lo zio paterno siano nello stesso grado rispetto alla radice da cui nasce la consanguineità, poiché entrambi distano di un grado dal nonno, tuttavia rispetto alla persona di cui si cerca la consanguineità non sono nel medesimo grado: poiché il padre è consanguineo in primo grado, lo zio invece non può esserlo che in secondo grado, cioè come il nonno.

7. Due persone distano tra loro sempre nello stesso numero di gradi, quantunque talora non distino allo stesso modo dal capostipite comune, come risulta da quanto detto [ nel corpo ].

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