Supplemento alla III parte

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Articolo 3 - Se la consanguineità impedisca il matrimonio per legge naturale

Pare che la consanguineità non impedisca il matrimonio per legge naturale.

Infatti:

1. Nessuna donna può essere più prossima a un uomo di quanto lo fu Eva ad Adamo, della quale egli disse [ Gen 2,23 ]: « Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa ».

Ma Eva fu a lui unita in matrimonio.

Quindi nessuna consanguineità per legge di natura è un impedimento al matrimonio.

2. La legge naturale è identica presso tutti i popoli.

Ora, presso i popoli barbari nessun consanguineo è escluso dal matrimonio.

Quindi per legge naturale la consanguineità non è un impedimento al matrimonio.

3. Come dice il Digesto [ 1,1,1 ], « è legge naturale ciò che la natura ha insegnato a tutti gli animali ».

Ora, gli animali bruti si accoppiano con la loro madre.

Quindi non è per legge naturale che certe persone sono escluse dal matrimonio a motivo della consanguineità.

4. Ciò che non pregiudica un bene del matrimonio non può essere un impedimento.

Ma la consanguineità non pregiudica alcun bene del matrimonio.

Quindi non può impedirlo.

5. Tra le cose più vicine e più simili l'unione è più perfetta e duratura.

Ora, il matrimonio è un'unione.

Essendo dunque la consanguineità una prossimità, essa non è un impedimento, ma un'agevolazione del matrimonio.

In contrario:

1. Ciò che impedisce il bene della prole impedisce per legge naturale il matrimonio.

Ma la consanguineità impedisce il bene della prole: poiché, come nota S. Gregorio [ Registr. 11,64,6 ], « abbiamo appreso dall'esperienza che da tale matrimonio non può svilupparsi la prole ».

Quindi la consanguineità impedisce il matrimonio per legge naturale.

2. Ciò che si riscontra nella prima origine della natura umana è di legge naturale.

Ma alla natura umana nella sua prima origine fu imposto che il padre e la madre fossero esclusi dal matrimonio, come appare evidente da quelle parole della Genesi [ Gen 2,24 ]: « Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre », le quali non possono riferirsi alla coabitazione, e quindi vanno riferite all'unione matrimoniale.

Quindi è per legge naturale che la consanguineità impedisce il matrimonio.

Dimostrazione:

Nel matrimonio è contro la legge naturale ciò che lo rende inadatto rispetto al fine a cui è ordinato.

Ora, il fine primario ed essenziale del matrimonio è il bene della prole.

E questo viene impedito dal primo grado di consanguineità, cioè tra padre e figlia, o tra figlio e madre: non già totalmente, poiché la figlia può generare dal seme paterno e poi nutrire e istruire la prole assieme al padre, il che costituisce il bene della prole, ma in quanto non può farlo in maniera conveniente.

È un disordine infatti che si unisca al padre come compagna nel matrimonio, per generare ed educare la prole, una figlia che è tenuta a una totale sottomissione al padre in quanto da lui generata.

Perciò è di legge naturale che il padre e la madre siano esclusi dal matrimonio.

E la madre più ancora del padre, poiché la riverenza che i figli devono ai genitori sarebbe più compromessa dal matrimonio di un figlio con la madre che da quello di una figlia con il padre, dovendo essere la moglie in qualche modo sottomessa al marito.

Il fine poi secondario del matrimonio è la repressione della concupiscenza.

E questo verrebbe compromesso se si potesse sposare qualsiasi consanguinea: poiché si offrirebbe un grande incentivo alla concupiscenza, qualora non fosse interdetto il rapporto sessuale tra quelle persone che sono tenute a convivere nella stessa casa.

Per questo la legge divina [ Lv 18 ] non solo escluse il matrimonio col padre e con la madre, ma anche con gli altri consanguinei con i quali si deve convivere, e che devono custodire reciprocamente la pudicizia.

E a tale motivo accenna la legge divina [ Lv 18,10 ] là dove dice: « Non scoprire la nudità » di tali e tali persone, « perché è la tua propria nudità ».

Inoltre sono un fine accidentale del matrimonio l'affratellamento e l'amicizia, poiché l'uomo si comporta verso i consanguinei della moglie come verso i suoi.

Per cui si pregiudicherebbe tale espansione se uno sposasse una donna del proprio sangue: poiché dal matrimonio non nascerebbe alcuna nuova amicizia.

Per questo le leggi umane ed ecclesiastiche proibiscono le nozze entro certi gradi di consanguineità.

Risulta quindi che la consanguineità rispetto a certe persone è un impedimento al matrimonio per legge naturale, rispetto ad altre lo è per legge divina e rispetto ad altre ancora lo è per una legge umana positiva.

Analisi delle obiezioni:

1. Eva, sebbene derivasse da Adamo, non era figlia di Adamo: poiché non ne derivò nel modo in cui l'uomo genera i suoi simili, ma mediante un intervento divino, in forza del quale dalla costola di Adamo si sarebbe potuto fare un cavallo, come fu fatta Eva.

Perciò la prossimità di Eva con Adamo non è così naturale come quella della figlia col padre.

Né Adamo fu il principio naturale di Eva, come un padre lo è di sua figlia.

2. Che certi barbari usino avere rapporti sessuali con i loro genitori non deriva dalla legge naturale, ma dall'ardore della concupiscenza, il quale in essi ha offuscato la legge naturale.

3. Si dice che l'accoppiamento tra maschio e femmina è di diritto naturale poiché la natura lo ha insegnato a tutti gli animali.

Lo ha insegnato però in modo diverso per i diversi animali, secondo l'indole di ciascuno.

Ora, l'accoppiamento con i genitori deroga alla riverenza ad essi dovuta: la natura infatti, come ha infuso nei genitori l'istinto di provvedere ai figli, così ha infuso nei figli la riverenza verso i genitori.

A nessun animale però, all'infuori dell'uomo, essa ha infuso la sollecitudine perpetua dei genitori verso i figli, né la riverenza perpetua dei figli verso i genitori: poiché negli altri animali i figli sono necessari ai genitori, o i genitori ai figli, solo per un tempo più o meno lungo.

Per cui in certi animali il figlio aborrisce l'accoppiamento con la madre, fino a che rimane in lui la conoscenza e il rispetto di essa come madre: e il Filosofo [ De hist. animal. 9,47 ] lo dimostra con l'esempio del cammello e del cavallo.

E poiché tutte le abitudini oneste degli animali sono concentrate per natura nell'uomo, e in un modo più perfetto che in essi, di conseguenza l'uomo aborrisce per natura non solo di avere rapporti sessuali con la madre, ma anche con la figlia, il che sarebbe meno contro natura, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].

Inoltre gli animali non contraggono la consanguineità dalla generazione carnale come gli uomini.

Perciò il paragone non regge.

4. Abbiamo già dimostrato [ nel corpo ] come la consanguineità dei coniugi pregiudichi il bene del matrimonio.

Perciò l'argomento poggia su un falso presupposto.

5. Non c'è inconveniente nel fatto che tra due tipi di unione l'una impedisca l'altra: come ad es. l'identità esclude la somiglianza.

Così dunque il vincolo della consanguineità impedisce l'unione coniugale.

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