Supplemento alla III parte

Indice

Articolo 3 - Se il coniuge convertito possa rimanere con la moglie con la quale si era sposato prima del battesimo, se questa non vuole convertirsi

Pare che il coniuge convertito non possa rimanere con la moglie con la quale si era sposato prima del battesimo, se questa non vuole convertirsi.

Infatti:

1. Per l'identico pericolo si deve usare la medesima cautela.

Ma per il pericolo di perversione è proibito a un fedele di sposare un'infedele.

Siccome quindi se egli tiene la moglie non battezzata con la quale si era sposato prima di convertirsi c'è un pericolo anche maggiore, poiché i neofiti si pervertono più facilmente di quelli che furono educati nella fede, è chiaro che dopo la conversione il coniuge fedele non può convivere con la moglie restia alla fede.

2. A norma del Decreto [ di Graz. 2,28,1,10 ], « un infedele non può pretendere di rimanere unito a una donna che è passata alla fede cristiana ».

Quindi lo sposo cristiano è costretto a rimandare la moglie rimasta pagana.

3. Il matrimonio contratto fra cristiani è superiore a quello contratto fra infedeli.

Ora, se i fedeli si sposano tra parenti di un certo grado, il loro matrimonio viene dichiarato nullo.

Perciò viene dichiarato nullo anche quello degli infedeli.

Quindi il marito non può rimanere con la moglie rimasta infedele, almeno nel caso in cui essi si siano sposati entro i gradi proibiti di parentela.

4. Certi infedeli, secondo le loro leggi, hanno diverse mogli.

Se quindi potessero rimanere con le mogli che hanno sposato prima di convertirsi, ne seguirebbe che potrebbero avere più mogli anche dopo la conversione.

5. Può capitare che un infedele, ripudiata la prima moglie, ne abbia sposato un'altra, e si converta durante questo secondo matrimonio.

Sembra quindi che almeno in questo caso non possa conservare la seconda moglie.

In contrario:

1. L'Apostolo [ 1 Cor 7,12 ] consiglia ai convertiti di non abbandonare il proprio coniuge.

2. Nessun impedimento posteriore a un vero matrimonio è capace di invalidarlo.

Ora, quando entrambi i coniugi erano infedeli il loro era un vero matrimonio.

Perciò quando uno si converte non si scioglie per questo il matrimonio.

Sembra quindi che il coniuge convertito possa continuare a convivere lecitamente.

Dimostrazione:

La fede del coniuge convertito non rende nullo, ma perfeziona il matrimonio.

Essendo quindi il matrimonio tra infedeli un vero matrimonio, come si è dimostrato [ a. prec. ], con la conversione di uno di essi alla fede l'unione coniugale non si scioglie.

Talora però, pur restando il vincolo, il matrimonio viene sciolto quanto alla coabitazione e al debito coniugale.

E in questo stato l'incredulità va di pari passo con l'adulterio: poiché entrambi sono contro il bene della prole.

Perciò la facoltà di rimandare la moglie pagana, o di ritenerla, segue in tutto la facoltà di rimandare o di ritenere la moglie adultera.

Infatti il marito onesto può restare liberamente con l'adultera nella speranza che si corregga ( non già nel caso che sia ostinata nell'adulterio, per non sembrare « patrono della turpitudine » [ Crisost., Op. imp. in Mt hom. 32 ] ), come può liberamente rimandarla, anche se c'è speranza di ravvedimento.

Parimenti il coniuge convertito può convivere con quello infedele nella speranza che si converta, se non lo vede ostinato nell'incredulità: e fa bene a restare con lui, pur non essendovi tenuto.

È questo è il consiglio dell'Apostolo.

Analisi delle obiezioni:

1. Impedire che una cosa venga fatta è più facile che distruggere ciò che è stato fatto regolarmente.

Per cui ci sono molte cose che se precedono possono impedire di contrarre il matrimonio, ma che non possono scioglierlo una volta contratto: come è evidente, ad es., nel caso dell'affinità [ q. 55, a. 6; In 4 Sent., d. 34, q. 1, a. 5 ].

E lo stesso si dica per la disparità di culto.

2. Nella Chiesa primitiva, al tempo degli Apostoli, le conversioni alla vera fede avvenivano sia tra i Giudei che tra i pagani.

Perciò allora il marito cristiano poteva avere la fondata speranza di convertire la moglie, anche se questa non prometteva di farlo.

In seguito però, col passare del tempo, i Giudei divennero più ostinati dei pagani: poiché questi continuavano a convertirsi, sia al tempo dei martiri, sia al tempo dell'imperatore Costantino e intorno a quel periodo.

Perciò a quell'epoca la coabitazione con una moglie ebrea non era più sicura, né c'era speranza di convertirla, come c'era invece nel caso di una pagana.

Per cui allora un marito fattosi cristiano poteva coabitare con una moglie pagana, ma non con un' ebrea, se questa non prometteva di convertirsi.

E in questo senso si esprime il decreto riferito.

Adesso invece i Giudei e i pagani si trovano nella stessa condizione: poiché sono ugualmente ostinati.

A meno quindi che la moglie non battezzata non voglia convertirsi, non è lecito coabitare con essa.

3. Gli infedeli non battezzati non sono tenuti alle leggi della Chiesa [ Decretales 4,19,8 ], mentre sono tenuti alle leggi di Dio.

Se quindi due infedeli hanno contratto matrimonio entro i gradi di parentela proibiti dalla legge divina [ Lv 18,6ss ], quando entrambi o uno di loro si converte non possono continuare in tale matrimonio.

Se invece l'hanno contratto entro i gradi proibiti dalla legge ecclesiastica, allora possono continuare a convivere [ Decretal., ib. ], qualora si convertano entrambi, oppure quando, convertitosi l'uno, c'è la speranza della conversione dell'altro.

4. La poligamia è contro la legge naturale, a cui sono tenuti anche gli infedeli.

Quindi l'unico vero matrimonio del poligamo è quello contratto con la prima moglie.

Se egli quindi si converte con tutte le sue mogli, può continuare a convivere con la prima, e deve ripudiare tutte le altre [ ib. ].

- Se però la prima rifiuta di convertirsi, mentre si converte una delle successive, egli ha la facoltà di contrarre un nuovo matrimonio con questa, come con un'altra qualsiasi: ma di ciò riparleremo in seguito [ a. 5 ].

5. Il divorzio è contro la legge naturale.

Quindi l'infedele non ha la facoltà di ripudiare la moglie.

Se quindi egli si converte dopo aver divorziato con una e sposato una seconda, il caso va risolto come nella poligamia: è tenuto cioè a riprendere la prima ripudiata, se essa intende convertirsi, e a ripudiare la seconda [ Decretal., ib. ].

Indice