Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se il marito sia obbligato per legge a rimandare la moglie adultera

Pare che il marito sia obbligato per legge a rimandare la moglie adultera.

Infatti:

1. Il marito, essendo « capo della moglie » [ 1 Cor 11,3; Ef 5,23 ], è tenuto a castigarla.

Ma la separazione ha funzione di castigo per la moglie adultera.

Quindi egli è tenuto a rimandarla.

2. Chi approva uno che pecca mortalmente commette anche lui un peccato mortale [ Rm 1,32 ].

Ma il marito che tiene la moglie adultera mostra di approvarla, come dicono le Sentenze [ 4,35,3 ].

Quindi pecca se non la allontana.

3. « Chi si unisce a una prostituta », scrive S. Paolo [ 1 Cor 6,16 ], « forma con essa un solo corpo ».

Ora, nessuno può essere insieme membro di una prostituta e membro di Cristo, come aggiunge l'Apostolo [ 1 Cor 6,15 ].

Perciò il marito che resta unito alla moglie adultera cessa di essere membro di Cristo, peccando mortalmente.

4. Come la parentela toglie il vincolo coniugale, così l'adulterio produce la separazione carnale.

Ora, il marito che si unisce alla moglie dopo averne conosciuta la consanguineità, pecca mortalmente.

Quindi pecca ugualmente se si unisce con essa dopo averne conosciuto l'adulterio.

In contrario:

1. La Glossa [ ord. ] afferma che il Signore permise di rimandare la moglie a motivo dell'adulterio.

Perciò non è un obbligo.

2. Chiunque ha il potere di perdonare la colpa di chi ha peccato contro di lui.

Ma la moglie con l'adulterio pecca contro il marito.

Quindi costui può perdonarla non allontanandola.

Dimostrazione:

Il licenziamento della moglie adultera fu introdotto per castigare il delitto.

Ma non si richiede più il castigo quando è sopravvenuto l'emendamento.

Se quindi la donna si pente del suo peccato, il marito non è tenuto a rimandarla.

Se invece non se ne pente, allora è tenuto: per non sembrare consenziente al suo peccato, non infliggendo la debita correzione.

Analisi delle obiezioni:

1. Il peccato di adulterio può essere corretto nella moglie non solo mediante quel castigo, ma anche con i rimproveri e le percosse.

Se quindi essa è disposta a correggersi, il marito non è tenuto a rimandarla.

2. Il marito mostra di acconsentire al peccato della moglie quando la tiene senza che essa lasci la colpa.

Se invece questa si corregge, il consenso non esiste.

3. La donna che si pente dell'adulterio non può essere detta prostituta.

Quindi il marito, unendosi con essa, non diventa membro di una prostituta.

Oppure si può rispondere che egli si unisce ad essa non in quanto prostituta, ma in quanto moglie.

4. Il paragone non regge.

Poiché la parentela rende nullo il vincolo coniugale, e quindi illecito il rapporto sessuale.

Invece l'adulterio non annulla tale vincolo.

Per cui l'atto di per sé rimane lecito, pur diventando illecito in maniera indiretta, in quanto il marito mostra così di favorire il peccato della moglie.

5. La permissione suddetta va intesa come assenza di proibizione.

Perciò essa non è il contrario di un precetto: poiché anche ciò che è di precetto non è proibito.

6. La moglie adultera pecca non soltanto contro il marito, ma anche contro se stessa e contro Dio.

Perciò il marito non può esimerla totalmente dal castigo, se essa non si emenda.

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