Supplemento alla III parte

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Articolo 7 - Se sia necessario distinguere tutte queste dimore

Pare che non sia necessario distinguere tutte queste dimore.

Infatti:

1. Le dimore vengono attribuite alle anime dei trapassati in rapporto non solo al peccato, ma anche al merito.

Ma per il merito non c'è che una dimora, cioè il paradiso.

Quindi anche per i peccati basta una sola dimora.

2. La destinazione delle anime alle diverse dimore dopo la morte avviene secondo il merito o il demerito.

Ma il luogo per acquistare i meriti o i demeriti è uno solo.

Quindi ci deve essere per le anime un solo luogo, anche dopo la morte.

3. I luoghi di pena devono corrispondere alle colpe.

Ora, le colpe sono soltanto di tre specie: originale, veniale e mortale.

Quindi tre devono essere i luoghi di pena.

In contrario:

Sembra che non bastino le dimore generalmente ammesse, ma ce ne vogliano molte di più.

Quest'aria tenebrosa, ad es., è il carcere dei demoni, come scrive S. Pietro [ 2 Pt 2,4 ], e tuttavia essa non è computata fra le cinque dimore suddette.

Quindi i regni dell'oltretomba devono essere più di cinque.

2. Il paradiso terrestre è distinto da quello celeste.

Ma alcuni, dopo questa vita, furono trasferiti nel paradiso terrestre, come si dice di Enoc e di Elia [ Sir 44,16; Sir 48,9; 2 Re 2,11 ].

Quindi, non essendo il paradiso terrestre computato fra le suddette cinque dimore, queste devono essere più di cinque.

3. A ogni genere di peccatori deve corrispondere un particolare luogo di pena.

Ma, nell'ipotesi che uno, contaminato dal peccato originale, muoia col solo peccato veniale, non troverebbe un luogo dove stare.

Infatti non potrebbe andare in paradiso, né al limbo dei patriarchi, poiché privo della grazia.

Ma neppure potrebbe andare nel limbo dei bambini, dove non c'è la pena sensibile dovuta al peccato veniale, e nemmeno in purgatorio, dove la pena è solo temporanea, mentre a lui spetta una pena eterna.

Mancando poi il peccato mortale, non può andare all'inferno.

Bisogna quindi ammettere una sesta dimora.

4. La gravita delle pene dipende dalla diversità delle colpe e dei meriti.

Ma i gradi dell'una e degli altri sono infiniti.

Quindi per punire o premiare le anime dopo la morte bisogna che ci siano infinite dimore.

5. Talvolta la punizione delle anime avviene nei luoghi stessi dove esse peccarono, come appare chiaro da quanto riferisce S. Gregorio [ Dial. 4,55 ].

Ma esse peccarono dove noi abitiamo.

Perciò tra i luoghi dell'oltretomba va messa anche questa terra: tanto più che alcuni, come afferma il Maestro [ delle Sentenze 4,15,3 ], sono puniti anche in questo mondo per i loro peccati.

6. Come alcuni che muoiono in grazia hanno delle venialità che sono degne di pena, così altri morendo in peccato mortale hanno dei meriti per i quali dovrebbero ricevere un premio.

Ora, per quelli che muoiono in grazia col peccato veniale c'è un luogo in cui vengono puniti prima di ricevere il premio, cioè il purgatorio.

Quindi ci deve essere un luogo anche per quelli che muoiono in peccato mortale ma con qualche opera buona.

7. Come i patriarchi prima della venuta di Cristo erano in attesa della gloria perfetta dell'anima, così ora sono in attesa della gloria del corpo.

Come quindi si ammette prima della venuta di Cristo un luogo per i santi diverso da quello in cui ora si trovano, così al presente si deve ammettere per loro un luogo diverso da quello nel quale si troveranno dopo la risurrezione.

Dimostrazione:

Le dimore vanno distinte in base allo stato delle anime.

Ora, l'anima che è unita al corpo mortale è in grado di meritare, mentre una volta libera da questo è in grado di ricevere il premio o la pena secondo i meriti.

Quindi dopo la morte l'anima o è in grado di ricevere il premio finale, oppure ne è impedita.

Se può ricevere la retribuzione finale, i casi sono due: o merita il premio, e allora c'è il paradiso, o merita il castigo, e allora per la colpa attuale c'è l'inferno, oppure, per il peccato originale, il limbo dei bambini.

Se invece c'è qualche impedimento per conseguire la retribuzione finale, questo può dipendere da una colpa personale, e allora c'è il purgatorio, in cui vanno le anime che non possono conseguire subito il premio a causa dei peccati commessi, oppure si trova nella natura, e allora c'è il limbo dei patriarchi, dove erano trattenute le anime in attesa di raggiungere la gloria, inquantoché il peccato della natura umana non poteva ancora essere espiato.

Analisi delle obiezioni:

1. « Il bene avviene in una sola maniera, il male invece in tanti modi », come dimostrano Dionigi [ De div. nom. 4 ] e Aristotele [ Ethic. 2,6 ].

Quindi non c'è alcun inconveniente se il luogo del premio eterno è uno solo e i luoghi di pena invece sono molti.

2. Lo stato del merito e del demerito è uno solo: poiché chi può meritare può anche demeritare.

Quindi è giusto che ci sia un solo luogo per tutti.

Invece gli stati dei premiati o dei puniti sono diversi.

Perciò il paragone non regge.

3. Per la colpa originale si può essere puniti in due maniere, come si è detto sopra [ nel corpo; a. 6, ad 1 ]: o a titolo personale, o soltanto a motivo della natura.

Di qui la necessità di un doppio limbo per quell'unica colpa.

4. [ S. c. 1 ]. L'aere tenebroso non è assegnato ai demoni come luogo di retribuzione per i meriti, ma solo come luogo conveniente al loro ufficio, che è quello di metterci alla prova.

Perciò non è compreso tra i luoghi dei quali trattiamo: infatti ai demoni spetta innanzi tutto il fuoco dell'inferno, come appare chiaro dal Vangelo [ Mt 25,41 ].

5. [ S. c. 2 ]. Il paradiso terrestre, più che allo stato dei trapassati da rimunerare, era adatto allo stato dei viatori.

Per questo non è compreso tra i luoghi dei quali ora trattiamo.

6. [ S. c. 3 ]. L'ipotesi è impossibile [ cf. I-II, q. 89, a. 6 ].

Ma ammettendola come possibile, costui sarebbe punito nell'inferno per tutta l'eternità.

Poiché se il peccato veniale è punito nel purgatorio, ciò è dovuto al fatto che occasionalmente è unito con lo stato di grazia.

Se infatti è unito al peccato mortale, che è senza la grazia, sarà punito nell'inferno con la pena eterna.

E poiché costui che muore con il peccato originale ha il peccato veniale senza la grazia, non c'è inconveniente se si dice che viene punito nell'inferno con una pena eterna.

7. [ S. c. 4 ]. Le diversità di grado nella pena o nel merito non costituiscono quegli stati diversi in base ai quali si distinguono le varie dimore.

Perciò la ragione addotta non vale.

8. [ S. c. 5 ]. Se talvolta le anime separate sono punite nei luoghi abitati da noi, ciò non avviene perché questi siano specifici luoghi di pena, ma solo per nostro ammaestramento, affinché conoscendo le loro pene ci teniamo lontani dalla colpa.

L'esempio poi delle anime punite per i loro peccati nello stato di unione col corpo non è a proposito.

Poiché quella pena non trae l'uomo fuori dello stato di merito o di demerito: ora, noi adesso trattiamo delle dimore destinate alle anime dopo tale stato.

9. [ S. c. 6 ]. Il male non può mai essere assoluto, senza alcuna mescolanza di bene, mentre invece il bene sommo è senza alcuna mescolanza di male.

Perciò quelli che sono destinati alla beatitudine, cioè al sommo bene, devono essere purificati da ogni male.

Quindi ci deve essere un luogo in cui vengono purificati quelli che muoiono non completamente puri.

Quelli invece che saranno imprigionati nell'inferno non saranno privi di ogni bene.

Quindi il paragone non vale: poiché i dannati possono ricevere il premio delle opere buone da essi precedentemente compiute con una mitigazione della pena.

10. [ S. c. 7 ]. La gloria dell'anima costituisce il premio essenziale; quella del corpo invece, derivando dall'anima, è radicalmente tutta nella stessa anima.

Perciò mentre la mancata gloria dell'anima costituisce uno stato, non lo costituisce la mancata gloria del corpo.

E così è unico il luogo per le anime sante uscite dal corpo e per quelle riunite al corpo glorioso, ossia il cielo empireo.

Invece non poteva essere unico il luogo destinato alle anime dei patriarchi prima e dopo il conseguimento della gloria.

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