Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se grazie a tale sottigliezza competerà al corpo glorioso di occupare simultaneamente il luogo occupato da un corpo non glorioso

Pare che grazie a tale sottigliezza un corpo glorioso potrà occupare simultaneamente il luogo occupato da un corpo non glorioso.

Infatti:

1. S. Paolo [ Fil 3,21 ] afferma: « Egli [ Cristo ] trasformerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso ».

Ora, il corpo di Cristo ebbe la capacità di trovarsi simultaneamente con un altro corpo nel medesimo luogo: come appare evidente dal fatto che dopo la risurrezione entrò dai suoi discepoli « a porte chiuse » [ Gv 20,19.26 ].

Perciò i corpi gloriosi in forza della loro sottigliezza potranno trovarsi simultaneamente nel medesimo luogo con altri corpi non gloriosi.

2. I corpi gloriosi saranno più nobili di ogni altro corpo.

Ma ci sono dei corpi, ad es. i raggi solari, che per la loro nobiltà possono trovarsi simultaneamente con altri corpi.

Quindi a maggior ragione ciò va attribuito ai corpi gloriosi: infatti in Giobbe [ Gb 37,18 ] si legge che « i cieli sono solidissimi come il bronzo ».

Se quindi i corpi gloriosi con la loro sottigliezza non possono occupare simultaneamente il luogo di altri corpi, non potranno mai salire al cielo empireo.

Il che è falso.

4. Un corpo che non può occupare simultaneamente il luogo occupato da altri corpi può esserne impedito nel suo moto e persino venire racchiuso da essi.

Ma ciò non può mai capitare ai corpi gloriosi.

Quindi essi possono trovarsi simultaneamente nel luogo occupato da altri corpi.

5. I rapporti esistenti fra due punti, due linee e due superfici esistono anche fra due corpi.

Ora, due punti possono coincidere, come nel caso di due linee che si toccano, e così pure possono coincidere due linee nel contatto fra due superfici, e due superfici nel contatto fra due corpi: poiché sono contigue due cose « i cui estremi coincidono », come nota il Filosofo [ Phys. 6,1 ].

Perciò non è contro la natura di un corpo trovarsi simultaneamente nello stesso luogo con un altro corpo.

Ma quanto di nobile è compatibile con la natura di un corpo va attribuito senza limitazioni al corpo glorioso.

Quindi il corpo glorioso, in forza della sua sottigliezza, ha la capacità di coesistere con un altro corpo nel medesimo luogo.

In contrario:

1. Boezio [ De Trin. 1 ] scrive: « La differenza numerica dipende dalla diversità degli accidenti.

Tre uomini infatti non differiscono tra loro né per il genere, né per la specie, bensì per i loro accidenti.

Poiché anche se facciamo astrazione con l'intelletto dagli altri accidenti, il luogo almeno sarà diverso per ciascuno, ed è impossibile immaginarlo identico ».

Se quindi si ammette che due corpi coesistono nel medesimo luogo non saranno più due, ma un unico corpo.

2. I corpi gloriosi avranno sempre con lo spazio un legame più stretto che gli spiriti angelici.

Ora, secondo alcuni gli spiriti angelici devono la loro distinzione numerica al fatto che sono in luoghi distinti: perciò essi ritengono necessario ammettere che sono localizzati, e che non poterono essere creati prima del mondo.

Perciò a maggior ragione essi dovranno dire che due corpi qualsiasi non possono mai trovarsi nell'identico luogo.

Dimostrazione:

Non si può affermare che il corpo glorioso abbia per la sua sottigliezza l'attitudine a trovarsi simultaneamente con un altro corpo nel medesimo luogo, a meno che con la sottigliezza esso non perda quanto gli impedisce questa localizzazione simultanea.

Ora, alcuni dicono che nello stato presente tale impedimento è dato dalla corpulenza, in forza della quale il corpo riempie il luogo, corpulenza che verrebbe eliminata dalla dote della sottigliezza.

Ma ciò è insostenibile per due ragioni.

Primo, perché la corpulenza eliminata dalla sottigliezza è un difetto: vale a dire è solo un certo disordine della materia non perfettamente dominata dalla forma.

Infatti quanto rientra nell'integrità del corpo risorgerà sia dal lato della forma che da quello della materia.

Ora, il fatto di riempire il luogo è dovuto all'integrità della natura corporea, e non a un suo difetto.

Essendo infatti ciò che è pieno il contrario del vuoto, a non riempire il luogo sarà solo ciò che collocato in esso lascia il luogo vuoto.

Ora, Aristotele [ Phys. 4, cc. 6,7 ] definisce il vuoto come « un luogo che non è riempito da un corpo sensibile ».

Ma un corpo composto di materia, di forma e di tutti gli accidenti naturali che contribuiscono all'integrità della natura, è un corpo sensibile.

Ora, è certo che il corpo glorioso sarà sensibile, anche al tatto, come si legge nel Vangelo a proposito del corpo del Signore [ Lc 24,39 ]: infatti non mancherà né di materia né di forma, né degli accidenti naturali secondo il caldo, il freddo e simili.

Perciò è evidente che il corpo glorioso, nonostante la sottigliezza, riempirà il luogo.

Sarebbe quindi una sciocchezza affermare che il luogo occupato dal corpo glorioso verrebbe a essere vuoto.

Secondo, la ragione sopra invocata non vale, poiché impedire la coesistenza di due corpi nel medesimo luogo è più che riempire tale luogo.

Se infatti immaginiamo delle dimensioni separate dalla materia, tali dimensioni non riempiono il luogo.

Per cui alcuni che affermavano l'esistenza del vuoto dicevano che esso sarebbe il luogo in cui esistono tali dimensioni senza un qualche corpo percettibile dai sensi.

E tuttavia tali dimensioni non possono esistere con un altro corpo nel medesimo luogo, come dimostra Aristotele sia nella Fisica [ 4, cc. 1,8 ] che nella Metafisica [ 3,2 ], in cui afferma l'impossibilità che un corpo matematico, ossia costituito delle sole dimensioni separate, possa coesistere con un corpo fisico sensibile.

Anche ammettendo quindi che la sottigliezza di un corpo glorioso elimini la sua attitudine a riempire il luogo, non ne seguirebbe tuttavia la sua capacità a coesistere con un altro corpo nel medesimo luogo: poiché eliminando il meno non si elimina il più.

Perciò sembra che ciò che impedisce al nostro corpo di coesistere con un altro corpo entro l'identico luogo in nessun modo possa essere eliminato dalla dote della sottigliezza.

Infatti a impedire che un corpo si trovi con un altro corpo nel medesimo luogo non può essere altro che una proprietà richiedente un luogo diverso: poiché a impedire l'identità non può essere se non ciò che implica una diversità.

Ora, questa distinzione di luogo non può essere richiesta da una qualità corporea: poiché il corpo non richiede un luogo qualsiasi a motivo di una sua qualità.

Perciò anche se il corpo cessa di essere caldo o freddo, grave o leggero, rimane sempre in esso l'esigenza alla predetta distinzione, come si rileva dalle parole di Aristotele [ Phys., l. cit ] e come è evidente di per sé.

Similmente non può essere la materia a esigere un luogo diverso: poiché alla materia non viene determinato un luogo se non mediante la quantità estesa.

Parimenti anche la forma non esige il luogo se non in forza della materia.

Perciò rimane che a esigere la distinzione di due corpi quanto al luogo sia la natura della quantità estesa, alla quale per se stessa si addice il luogo: lo riscontriamo infatti nella sua definizione, essendo la quantità estesa « la quantità che occupa un luogo ».

Così dunque, eliminando tutte le altre proprietà che si riscontrano nella cosa, l'esigenza di tale distinzione si riscontra nella sola estensione, o quantità estesa.

Se infatti si prende una linea separata è necessario, se si tratta di due linee o di due parti di una medesima linea, che siano posizionalmente distinte: altrimenti una linea aggiunta all'altra non ne darebbe una maggiore, contro il modo comune di concepire le cose.

E lo stesso si dica delle superfici e dei corpi matematici.

Poiché dunque il luogo va attribuito alla materia in quanto è soggetta all'estensione, l'esigenza predetta si riversa sulla materia localizzata: per cui come è impossibile che esistano due linee o due parti di linea che non siano distinte secondo la posizione, così è impossibile che esistano due materie o due parti di materia senza la distinzione del luogo rispettivo.

E poiché la distinzione della materia è il principio della distinzione dell'individuo, Boezio [ l. cit. ] afferma che « è impossibile per noi immaginare due corpi nell'identico luogo », cosicché la distinzione degli individui richiede almeno questa diversità di accidenti.

Ora, la sottigliezza non toglie ai corpi gloriosi l'estensione.

Perciò in nessun modo toglie loro la necessità di distinguersi localmente da altri corpi.

Quindi un corpo glorioso in forza della sua sottigliezza non può localmente coesistere con un altro corpo.

Potrà comunque trovarsi con esso simultaneamente per opera della virtù di Dio.

Come anche il corpo di S. Pietro, quando col suo passaggio sanava gli infermi, lo faceva non per una sua proprietà, ma per l'intervento della virtù di Dio, allo scopo di confermare la fede.

Così dunque la virtù divina farà sì che il corpo glorioso possa occupare il medesimo luogo di un altro corpo allo scopo di raggiungere la perfezione della gloria.

Analisi delle obiezioni:

1. Il fatto che il corpo di Cristo poté trovarsi nell'identico luogo occupato da un altro corpo non fu dovuto alla sua sottigliezza, ma va attribuito alla virtù di Dio, sia dopo la risurrezione che alla sua nascita.

Da cui le parole di S. Gregorio [ In Evang. hom. 26 ]: « Entrò dai discepoli a porte chiuse quel medesimo corpo del Signore che alla sua nascita era uscito dal seno chiuso della Vergine ».

Non è quindi necessario che ciò venga attribuito ai corpi gloriosi in forza della loro sottigliezza.

2. Come si è spiegato nella Prima Parte [ I, q. 67, a. 2 ], la luce non è un corpo.

Perciò l'obiezione parte da un falso presupposto.

3. Il corpo glorioso attraverserà le sfere celesti senza infrangerle, ma non per la propria sottigliezza, bensì per la virtù divina che sarà sempre in tutto a disposizione dei beati.

4. Per il fatto che Dio sarà sempre disposto a tutto ciò che essi vogliono, sarà impossibile che i beati possano essere impediti o rinchiusi.

5. Come dice Aristotele [ Phys. 4,5 ], « al punto non si può attribuire di essere in un luogo ».

Perciò quando si dice che è in un luogo, ciò va inteso solo indirettamente, cioè per il fatto che è in un luogo il corpo di cui quel punto è un termine.

Ora, come la totalità del luogo corrisponde alla totalità del corpo, così il termine del luogo corrisponde al termine del corpo.

D'altra parte, può capitare che due luoghi abbiano una terminazione comune: come due linee possono terminare in un identico punto.

Sebbene quindi due corpi non possano trovarsi che in due luoghi distinti, tuttavia le loro due terminazioni possono corrispondere ai termini dei loro due luoghi.

E in questo senso si dice che le estremità dei corpi che si toccano possono coincidere.

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