Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se nel rinnovamento del mondo verrà a cessare il moto dei corpi celesti

Pare che nel rinnovamento del mondo non verrà a cessare il moto dei corpi celesti.

Infatti:

1. Nella Genesi [ Gen 8,22 ] si legge: « Finché durerà la terra, il freddo e il caldo, l'estate e l'inverno, la notte e il giorno non verranno mai meno ».

Ma la notte e il giorno, come anche l'inverno e l'estate, sono determinati dal moto del sole.

Quindi il moto del sole non cesserà.

2. Geremia [ Ger 31,35s ] afferma: « Così dice il Signore, che ha fissato il sole come luce del giorno, la luna e le stelle come luce della notte, che solleva il mare e ne fa mugghiare le onde: Quando verranno meno queste leggi dinanzi a me, allora anche la progenie di Israele cesserà di essere un popolo davanti a me in tutto il corso dei giorni ».

Ora, la progenie di Israele non verrà mai meno, ma rimarrà in perpetuo.

Quindi le leggi del giorno e della notte e dei flutti del mare, regolate dal moto del cielo, resteranno in perpetuo.

Perciò il moto del cielo non cesserà mai.

3. La sostanza dei corpi celesti resterà per sempre.

Ma è inutile porre l'esistenza di una cosa senza porre lo scopo per cui essa esiste.

Ora, i corpi celesti furono creati « per dividere il giorno dalla notte, e per contrassegnare le stagioni, i giorni e gli anni » [ Gen 1,14 ]: compito che essi non possono svolgere senza il moto.

Quindi il loro moto rimarrà sempre: altrimenti sarebbe inutile la loro permanenza.

4. In quel rinnovamento del mondo tutto dovrà avere un miglioramento.

Perciò a nessun corpo verrà tolto quanto rientra nella sua perfezione.

Ma il moto rientra nella perfezione dei corpi celesti: poiché, come dice Aristotele [ De caelo 2,12 ], quei corpi partecipano la bontà divina mediante il moto.

Perciò il moto dei cieli non potrà cessare.

5. Il sole illumina successivamente le varie parti del mondo col suo moto circolare.

Se quindi il moto circolare del cielo dovesse cessare, ne seguirebbe che in qualche zona della terra ci sarebbe una perpetua oscurità.

Il che è incompatibile col rinnovamento suddetto.

6. Se il moto dei cieli cessasse, ciò dipenderebbe dal solo fatto che il moto implica per il cielo una certa imperfezione di fatica e di sforzo.

Ora, ciò non può essere, trattandosi di un moto naturale ed essendo i corpi celesti impassibili: per cui nel loro moto essi non si affaticano, come nota Aristotele [ ib., c. 1 ].

Quindi il moto dei cieli non cesserà mai.

7. « È inutile una potenza che non può ridursi in atto ».

Ma un corpo celeste, in qualunque posizione si trovi, è in potenza a un'altra posizione.

Se quindi non si riducesse in atto, questa potenza verrebbe a essere frustrata, e resterebbe perennemente imperfetta.

Ma essa non può attuarsi che mediante il moto locale.

Quindi tale corpo dovrà muoversi sempre.

8. A ciò che è indifferente a più cose, o si attribuiscono tutte, o non se ne può attribuire nessuna.

Ora, per il sole è indifferente trovarsi sia a oriente che a occidente: altrimenti non avrebbe una velocità uniforme in tutto il suo corso, ma si muoverebbe con più velocità verso il luogo ad esso più naturale.

Perciò al sole non va attribuita nessuna delle due posizioni, oppure tutte e due.

Ma sia l'una che l'altra attribuzione non gli si addice che successivamente: poiché se è fermo non può avere che una sola posizione.

Quindi il sole deve muoversi in perpetuo.

E per lo stesso motivo tutti gli altri corpi celesti.

9. Il moto del cielo è la causa del tempo.

Se quindi tale moto cessasse, verrebbe a cessare necessariamente anche il tempo, e dovrebbe cessare in un dato istante.

Ma Aristotele [ Phys. 8,1 ] definisce l'istante come « l'inizio del futuro e la fine del passato ».

Cosicché dopo l'ultimo istante del tempo il tempo continuerebbe a esistere.

Il che è impossibile.

Quindi il moto dei cieli non può mai cessare.

10. La gloria non distrugge la natura.

Ma il moto dei cieli è naturale.

Quindi la gloria non potrà eliminarlo.

In contrario:

1. Nell'Apocalisse [ Ap 10,6 ] si legge che l'angelo che apparve « giurò per Colui che vive nei secoli che il tempo non ci sarà più »; cioè dopo che il settimo angelo avrà suonata la tromba [ Ap 10,7 ], al cui suono « i morti risorgeranno », come dice S. Paolo [ 1 Cor 15,52 ].

Ma se non ci sarà più il tempo non ci sarà nemmeno il moto dei cieli.

Quindi il moto dei cieli verrà a cessare.

2. Isaia [ Is 60,20 ] afferma: « Il tuo sole non tramonterà più, né la tua luna si dileguerà ».

Ora, il tramontare del sole e il dileguarsi della luna sono causati dal moto dei cieli.

Quindi il moto del cielo un giorno cesserà.

3. Come dimostra Aristotele [ De gen. et corr. 2,10 ], il moto dei cieli serve alla continua generazione che avviene sulla terra.

Ma una volta compiuto il numero degli eletti, la generazione cesserà.

Quindi cesserà il moto dei cieli.

4. Ogni moto è per un dato fine, come insegna Aristotele [ Met. 2,2 ].

Ma ogni moto motivato da un fine, una volta raggiunto tale fine, si ferma.

Quindi o il moto dei cieli non raggiungerà mai il suo fine, e allora sarebbe inutile, oppure alla fine dovrà cessare.

5. La quiete è più nobile del moto: poiché con l'immobilità le cose sono rese simili a Dio, in cui l'immobilità è assoluta.

Ora, il moto dei corpi inferiori ha come termine naturale la quiete.

Essendo quindi i corpi celesti molto più nobili, il loro moto deve per natura finire nella quiete.

Dimostrazione:

Circa il problema discusso esistono tre opinioni.

La prima è quella dei naturalisti, o filosofi [ Arist., Phys. 8, cc. 1,2; De caelo, 2,1 ], i quali affermano che il moto dei cieli durerà sempre.

Ma ciò non concorda con la nostra fede, la quale afferma che Dio ha già fissato il numero degli eletti, per cui la generazione non può durare in perpetuo; e per lo stesso motivo non possono durare in perpetuo le realtà ordinate alla generazione degli uomini, quali il moto dei cieli e le variazioni degli elementi.

Altri invece affermano che il moto dei cieli dovrà cessare naturalmente.

- Ma anche questo è falso.

Poiché ogni corpo che è in istato di quiete o di moto per natura ha un luogo in cui per natura trova riposo, verso il quale si muove naturalmente e dal quale non viene rimosso che per violenza.

Ora, non è possibile assegnare un luogo di tal genere ai corpi celesti: poiché per il sole non è più naturale accedere all'oriente che allontanarsene.

Perciò o il suo moto non è naturale nel suo complesso, oppure non termina naturalmente nella quiete.

Perciò dobbiamo concludere con altri che il moto dei cieli cesserà nel rinnovamento finale del mondo non per una causa naturale, ma per una disposizione della volontà di Dio.

Questi corpi infatti, come anche le altre cose, furono creati per servire all'uomo in due modi, come si è detto [ a. 1 ].

Ma nello stato di gloria l'uomo non avrà più bisogno di uno di tali servizi, cioè di quello secondo cui tali corpi sostengono la sua vita corporale.

Ora, i corpi celesti compiono questo servizio mediante il moto, inquantoché tale moto influisce sulla moltiplicazione del genere umano; e anche sulla generazione delle piante e degli animali necessari all'uso dell'uomo, e sulle condizioni del clima, adatte per conservare la salute.

Quindi dopo la glorificazione dell'uomo il moto dei cieli dovrà cessare.

Analisi delle obiezioni:

1. Le parole riferite valgono per la terra nello stato attuale, in cui può avere inizio la generazione e la corruzione delle piante.

Il che risulta da quelle altre parole: « Tutti i giorni della terra, della semina e della mietitura ».

E ciò va ammesso senz'altro: che cioè finché la terra sarà adatta per la seminagione e per la messe, il moto dei cieli non cesserà.

2. In quell'oracolo il Signore parla della durata della progenie di Israele nello stato presente.

Il che appare evidente dalle parole: « anche la progenie di Israele cesserà di essere un popolo davanti a me in tutto il corso dei giorni ».

Infatti nello stato futuro non ci sarà successione di giorni.

Perciò anche le leggi ricordate non sussisteranno dopo lo stato presente.

3. Il fine ivi indicato per i corpi celesti è il fine prossimo: poiché si tratta del loro proprio atto.

Però a sua volta tale atto è ordinato a un altro fine, cioè al servizio dell'uomo; come risulta da quelle parole della Scrittura [ Dt 4,19 ]: « Alzando gli occhi al cielo, e vedendo il sole la luna e tutti gli astri, non ti lasciare sedurre, non adorare cose che il Signore tuo Dio ha create in servizio di tutti i popoli che stanno sotto il cielo ».

Si deve quindi dare un giudizio sui corpi celesti più in base al servizio che essi rendono all'uomo che in base al fine indicato dalla Genesi.

Ora i corpi celesti, come si è visto sopra [ a. 1 ], avranno un altro servizio da rendere all'uomo glorificato.

Perciò non ne segue che la loro permanenza sia inutile.

4. Il moto è una perfezione dei corpi celesti solo in quanto essi possono in tal modo essere causa della generazione nei corpi sottostanti; e sotto tale aspetto questo moto rende partecipi i corpi celesti della bontà divina per una somiglianza nel causare.

Il moto però non rientra nella perfezione della sostanza dei cieli, la quale dovrà perdurare.

Quindi non segue che venendo a cessare il moto verrà tolta ai cieli una loro perfezione quanto a ciò che di essi resterà.

5. Allora tutti i corpi avranno in se stessi un certo splendore di gloria.

Perciò se anche una regione della terra non verrà illuminata dal sole, in nessun modo tuttavia vi rimarrà l'oscurità.

6. A proposito di quel passo di S. Paolo [ Rm 8,22 ]: « Tutta la creazione geme », ecc., S. Ambrogio [ Glossa ord. ] scrive che « tutti gli elementi compiono con fatica le loro funzioni; cosicché il sole e la luna riempiono gli spazi loro assegnati non senza fatica.

E ciò per causa nostra.

Per cui essi si fermeranno quando noi saremo sublimati ».

Ma questa fatica, io penso, non indica un affaticamento o una menomazione di tali corpi derivanti dal loro moto, poiché tale moto è naturale, senza ombra di violenza, come spiega Aristotele [ De caelo 1,2; 2,1 ], ma per fatica si deve intendere la privazione del termine a cui qualcosa tende.

Siccome quindi quel moto dei cieli è ordinato dalla divina provvidenza a completare il numero degli eletti, finché questo non è completo non si ha il raggiungimento del termine a cui tale moto è ordinato: per questo si parla in senso figurato di affaticamento, a somiglianza dell'uomo che non ha ciò a cui tende.

E anche questa privazione sarà eliminata dai cieli una volta compiuto il numero degli eletti.

Oppure l'espressione può riferirsi al desiderio della rinnovazione futura, che i cieli aspettano dalla disposizione divina.

7. Nei corpi celesti non esiste una potenza che si attui mediante un luogo, o che sia finalizzata a un dato luogo, ma la loro potenza alla localizzazione è simile a quella che ha un artefice rispetto alla costruzione di diverse case di uno stesso modello: per cui basta che egli ne costruisca una perché quella sua potenza possa dirsi non frustrata.

E allo stesso modo in qualunque posizione si collochi un corpo celeste, la sua potenza alla localizzazione non resterà né incompleta, né frustrata.

8. Sebbene i corpi celesti secondo la loro natura siano indifferenti a tutte le posizioni loro possibili, tuttavia in rapporto alle creature che sono fuori di essi non hanno la stessa indifferenza, ma in una data posizione hanno più nobiltà che in un'altra: rispetto a noi, ad es., il sole ha di giorno una dislocazione più nobile che di notte.

In base quindi al fatto che tutto il rinnovamento del mondo è ordinato all'uomo, è probabile che il cielo avrà allora la posizione più nobile possibile rispetto alla nostra abitazione sulla terra.

Oppure, secondo alcuni, il cielo si fermerà nella posizione in cui fu creato: altrimenti qualche rivoluzione del cielo rimarrebbe incompleta.

- Questa ragione però non sembra accettabile.

Essendoci infatti nei cieli una rivoluzione che viene completata solo in trentaseimila anni, ne seguirebbe che il mondo dovrebbe durare così a lungo.

Il che non sembra probabile.

- Inoltre, stando a questa ipotesi, si potrebbe anche sapere quando il mondo dovrà finire.

Infatti gli astronomi sono in grado di stabilire in quale posizione i corpi celesti furono creati, considerato il numero degli anni trascorso dall'origine del mondo.

E con lo stesso procedimento si potrebbe venire a conoscere il periodo determinato di anni in cui essi torneranno a una posizione consimile.

Noi sappiamo invece che il tempo della fine del mondo rimane ignoto.

9. Il tempo a un certo momento finirà, venendo a cessare il moto dei cieli, ma tale istante ultimo non sarà il principio di un tempo successivo.

Infatti la suddetta definizione dell'istante vale solo per quello che è continuativo delle parti del tempo, non per quello che termina tutto il tempo, come si è detto a suo tempo parlando dell'eternità.

10. Il moto dei cieli viene detto naturale non nel senso che faccia parte della loro natura, ossia come si dicono naturali i princìpi o le cause naturali.

E neppure nel senso che esso abbia il suo principio attivo nella natura dei corpi, ma solo il soggetto ricettivo: poiché il principio attivo del moto è nelle sostanze spirituali, come insegna Averroè [ De caelo, comm. 5 ].

Perciò nulla impedisce che il rinnovamento della gloria elimini tale moto: infatti la sua eliminazione non cambia la natura dei corpi celesti.

I primi tre argomenti in contrario li accettiamo, poiché concludono in modo esatto.

Ma poiché gli ultimi due sembrano concludere che il moto dei cieli verrà a cessare naturalmente, dobbiamo dare ad essi una risposta.

S. c. 4. Una volta raggiunto il fine il moto che lo perseguiva viene a cessare se tale fine è posteriore al moto stesso, non già se è concomitante.

Ora, il fine del moto dei cieli, secondo i filosofi, è concomitante a tale moto: esso consiste infatti nell'imitare la bontà divina quanto alla causalità sui corpi inferiori.

Perciò non segue che tale moto venga a cessare naturalmente.

S. c. 5. Sebbene l'immobilità sia in senso assoluto più nobile del moto, tuttavia se il moto porta un soggetto a conseguire una qualche perfetta partecipazione della bontà divina, allora esso è più nobile della quiete in un soggetto che non può in alcun modo conseguire tale perfezione mediante il moto.

Per questo motivo la terra, che è l'infimo dei corpi, è priva di moto; sebbene anche Dio, che è la più nobile delle realtà e comunica il moto a corpi più nobili, sia privo di moto.

Per cui si potrebbe pensare che il moto dei corpi superiori secondo l'ordine di natura sia perpetuo, e mai soggetto a finire, sebbene il moto dei corpi inferiori termini nello stato di quiete.

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