Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se i dannati si pentano del male commesso

Pare che i dannati non si pentano mai del male commesso.

Infatti:

1. S. Bernardo [ De consid. 5,12,25 ] afferma che « il dannato vuole per sempre l'iniquità da lui commessa ».

Quindi i dannati non si pentono mai dei peccati commessi.

2. Volere non aver peccato è un volere buono.

Ma i dannati non hanno mai una volontà buona [ a. 1 ].

Quindi non vogliono mai non aver peccato.

Da cui l'identica conclusione.

3. Come si esprime il Damasceno [ De fide orth. 2,4 ], « la morte è per l'uomo ciò che per l'angelo fu la caduta ».

Ora, dopo la caduta la volontà dell'angelo è talmente fissa da non poter recedere dalla deliberazione con la quale peccò.

Perciò neanche i dannati possono pentirsi dei peccati commessi.

4. La perversità dei dannati che sono all'inferno è peggiore di quella dei peccatori esistenti in questo mondo.

Ma in questo mondo certi peccatori non si pentono dei peccati commessi: o per l'accecamento della mente, come gli eretici, o per l'ostinazione, come « coloro che godono nel fare il male, e gioiscono dei loro propositi perversi », secondo le parole della Scrittura [ Pr 2,14 ].

Quindi nemmeno i dannati nell'inferno si pentiranno dei peccati.

In contrario:

1. Nella Sapienza [ Sap 5,3 ] è scritto a proposito dei dannati che « si pentono dentro di sé ».

2. Il Filosofo [ Ethic. 9,4 ] afferma che « i perversi sono pieni di pentimento »: essi infatti subito si rattristano di ciò in cui prima avevano trovato il piacere.

Essendo quindi i dannati sommamente perversi, si pentono anche più di costoro.

Dimostrazione:

In due modi ci si può pentire del peccato: primo, direttamente; secondo, indirettamente.

Si pente direttamente del peccato colui che detesta il peccato in quanto peccato.

Se ne pente indirettamente invece colui che l'ha in odio a motivo delle sue conseguenze, quale il castigo o altre cose del genere.

I reprobi dunque non si pentiranno del peccato direttamente e in senso proprio, poiché resterà in essi l'attaccamento alla malizia del peccato, ma se ne pentiranno indirettamente, in quanto si rattristeranno del castigo che soffrono per il peccato.

Analisi delle obiezioni:

1. I dannati vogliono l'iniquità, però ne detestano il castigo.

E così, indirettamente, si pentono dell'iniquità commessa.

2. È un volere buono quello per cui si vorrebbe non aver peccato per la bruttezza dell'iniquità.

Ma ciò non si riscontra nei dannati.

3. I dannati si pentiranno dei peccati senza alcuna inversione della volontà: poiché nei peccati essi non detesteranno ciò che allora bramarono, ma un'altra cosa, cioè il castigo.

4. In questo mondo gli uomini, per quanto ostinati, si pentono indirettamente dei loro peccati se per essi vengono puniti: poiché, come nota S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 36 ], « vediamo che anche le bestie più feroci si astengono dai piaceri più grandi per il dolore dei castighi ».

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