Supplemento alla III parte

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Articolo 7 - Se i dannati possano servirsi delle nozioni acquisite in questo mondo

Pare che i dannati non possano servirsi delle nozioni acquisite in questo mondo.

Infatti:

1. Nella considerazione del sapere si ha un piacere grandissimo.

Ma nei dannati non si può ammettere alcun godimento.

Quindi essi non possono fare delle considerazioni servendosi del sapere che avevano in precedenza.

2. I dannati sono soggetti a delle pene più gravi di qualsiasi pena di questo mondo.

Ora in questo mondo, mentre uno è sottoposto alle più gravi torture, non può pensare a delle conclusioni di ordine intellettivo, essendo assorto nelle pene che patisce.

Molto meno quindi ciò sarà possibile nell'inferno.

3. I dannati sono soggetti al tempo [ cf. I, q. 10, a. 3, ad 2 ].

Ma il passare del tempo causa la dimenticanza, come nota Aristotele [ Phys. 4,13 ].

Quindi i dannati dimenticheranno le nozioni che avevano in vita.

In contrario:

1. Nel Vangelo [ Lc 16,25 ] al ricco [ epulone ] dannato vengono rivolte le parole: « Ricordati che hai ricevuto i tuoi beni », ecc.

Perciò i dannati possono ripensare alle cose apprese in questo mondo.

2. Nell'anima separata, come si è visto sopra [ q 70, a. 2, ad 3 ], resteranno le specie intelligibili.

Ora, se i dannati non potessero usarne, la loro permanenza in essi sarebbe inutile.

Dimostrazione:

Come per la perfetta beatitudine dei santi non mancherà in essi nulla che possa essere materia di gioia, così nei dannati non vi sarà nulla che non sia materia e causa di dolore, o che non contribuisca alla sofferenza, affinché la loro miseria sia completa.

Ora, la riflessione su certe conoscenze da un lato causa piacere: o dalla parte delle stesse cose conosciute, in quanto sono amate, o dalla parte della conoscenza stessa, in quanto è conveniente e perfetta.

Ma può essere anche causa di tristezza: sia dalla parte delle cose conosciute, che possono essere capaci di rattristare, sia dalla parte della conoscenza stessa, in quanto se ne percepisce l'imperfezione, come quando uno avverte la propria deficienza nella conoscenza di una cosa che invece vorrebbe conoscere perfettamente.

Perciò nei dannati ci sarà il pensiero attuale delle cose conosciute in precedenza quale materia di tristezza, non già quale causa di piacere.

Essi infatti penseranno sia al male commesso, per cui sono dannati, sia ai beni amati che hanno perduti; e da entrambe queste riflessioni trarranno motivo di tormento.

E così pure saranno tormentati dal pensiero che delle conoscenze speculative hanno raggiunto solo una nozione imperfetta, perdendo la somma perfezione che avrebbero potuto raggiungere.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene la riflessione sia di per sé piacevole, tuttavia accidentalmente può essere causa di tristezza.

E così appunto avverrà nei dannati.

2. In questo mondo l'anima è unita a un corpo corruttibile.

Perciò l'afflizione del corpo impedisce la riflessione dell'anima.

Invece nel secolo futuro l'anima non sarà soggetta in tal modo alle condizioni del corpo, cosicché per quanto il corpo sia afflitto, l'anima tuttavia considererà in maniera lucidissima le cose che potranno esserle causa di sofferenza.

3. Il tempo causa la dimenticanza indirettamente, in quanto il moto, di cui esso è la misura, causa delle trasmutazioni.

Ma dopo il giorno del giudizio il moto dei cieli verrà a cessare, per cui non si avrà più alcuna dimenticanza nonostante il corso indefinito del tempo.

E d'altra parte prima del giudizio l'anima separata non muta la sua disposizione in seguito al moto dei cieli.

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