Supplemento alla III parte

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Articolo 8 - Se i dannati pensino a Dio

Pare che i dannati talora pensino a Dio.

Infatti:

1. Non si può odiare in modo attuale se non ciò a cui si pensa.

Ora i dannati, come dice il testo delle Sentenze [ 4,50,2 ], odiano Dio.

Quindi essi talora pensano a Dio.

2. I dannati avranno il rimorso della coscienza [ q. 97, a. 2 ].

Ma la coscienza sente il rimorso per gli atti compiuti contro Dio.

Perciò essi qualche volta dovranno pensare a Dio.

In contrario:

Il pensiero più perfetto di un uomo è quello rivolto a Dio.

Ora, i dannati saranno nello stato più imperfetto.

Quindi essi non penseranno a Dio.

Dimostrazione:

A Dio si può pensare in due modi.

Primo, in se stesso e nelle sue proprietà, cioè quale principio di ogni bene.

E in questo modo non si può pensare a lui senza goderne.

Perciò in questo modo i dannati non penseranno a lui.

Secondo, quanto a ciò che gli è quasi accidentale nei suoi effetti, come il punire e altre cose del genere.

E sotto questo aspetto il pensiero di Dio può provocare tristezza.

Ed è in questo modo che i dannati pensano a Dio.

Analisi delle obiezioni:

1. I dannati non odiano Dio se non a motivo della punizione e della proibizione di ciò in cui si compiace la loro cattiva volontà.

Perciò essi non lo pensano se non in quanto castiga e proibisce.

2. È così risolta anche la seconda obiezioni.

Poiché la coscienza non rimorde per il peccato se non in quanto esso è in contrasto con il precetto di Dio.

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