Appendici al supplemento della III parte

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Articolo 3 - Se la pena del purgatorio superi qualsiasi pena temporale della vita presente

Pare che la pena del purgatorio non superi qualsiasi pena temporale della vita presente.

Infatti:

1. Più un soggetto è passibile, più soffre, qualora abbia « la sensazione della lesione » subita.

Ora, il corpo è più passibile dell'anima separata: sia perché non resiste al fuoco che brucia, sia perché è composto di una materia che subisce le qualità dell'agente; il che non può dirsi dell'anima.

Perciò la pena che il corpo soffre in questo mondo è più grave di quella con la quale l'anima viene purgata dopo la vita presente.

2. La pena del purgatorio è ordinata direttamente contro i peccati veniali.

Ma ai peccati veniali, che sono lievissimi, è dovuta una pena lievissima, se è vero che « secondo la gravità del delitto sarà la misura del castigo » [ Dt 25,2 ].

Quindi la pena del purgatorio sarà lievissima.

3. Essendo il reato, o debito di pena, un effetto della colpa, esso non può aumentare se non aumenta la colpa.

Ora, in chi ha già ricevuto l'assoluzione dalla colpa, quest'ultima non può aumentare.

Perciò in chi è stato assolto da un peccato mortale per il quale non ha soddisfatto pienamente, il reato non aumenta con la morte.

Ma in questa vita egli non aveva da scontare una pena gravissima.

Quindi la pena che soffrirà dopo morte non sarà per lui più grave di ogni pena della vita presente.

In contrario:

1. S. Agostino [ Serm. supp. 104,5 ] afferma: « Il fuoco del purgatorio sarà più duro di qualsiasi pena che si possa sentire, vedere o pensare in questo mondo ».

2. Quanto più una pena è universale, tanto più è grande.

Ora, l'anima separata viene punita tutta intera, data la sua semplicità.

Invece non è così per il corpo.

Dunque quella pena dell'anima separata è superiore a qualsiasi pena patita dal corpo.

Dimostrazione:

In purgatorio ci saranno due tipi di pena: la prima sarà quella del danno, in quanto cioè alle anime viene ritardata la visione di Dio; la seconda sarà quella del senso, per cui esse saranno punite dal fuoco corporale.

Ora, sotto ambedue gli aspetti la più piccola pena del purgatorio supera la più grave pena della vita presente.

Più una cosa infatti è desiderata, più la sua assenza è penosa.

Poiché dunque l'affetto col quale è desiderato il sommo bene è intensissimo nelle anime sante dopo questa vita, dato che esso non è ritardato dal peso del corpo, e anche perché il tempo di fruirne sarebbe già venuto se non ci fosse qualcosa a impedirlo, ne viene che queste anime hanno un sommo dolore di questo ritardo.

Parimenti, non essendo il dolore la lesione, bensì « la sensazione della lesione » [ Top., 6,6 ], tanto più uno soffre per qualcosa di lesivo quanto più è sensibile: infatti le lesioni prodotte negli organi più sensibili causano il più grande dolore.

Poiché dunque tutta la sensibilità del corpo deriva dall'anima, se qualcosa di lesivo agisce sull'anima, necessariamente si avrà la massima sofferenza.

Che poi l'anima possa subire l'azione del fuoco materiale lo abbiamo già dimostrato.

- È necessario quindi che la pena del purgatorio, quanto alla pena del danno e del senso, superi ogni sofferenza della vita presente.

Alcuni poi adducono la ragione che l'anima viene punita tutta intera, non invece il corpo.

- Ma questo argomento non prova nulla.

Perché allora la pena dei dannati dopo la risurrezione verrebbe a diminuire.

Il che è falso.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene l'anima sia meno passibile del corpo, tuttavia essa conosce meglio tale passibilità.

E dove è maggiore la sensazione della sofferenza, là il dolore è più grande, anche se la passibilità è minore.

2. L'acerbità di quella pena non dipende tanto dalla gravità del peccato, quanto piuttosto dalle disposizioni del paziente: poiché l'identico peccato sarà punito più gravemente là che qua.

Come chi è di complessione più delicata risulta punito più di un altro, pur ricevendo lo stesso castigo; e tuttavia il giudice infliggendo per le medesime colpe lo stesso castigo agisce con giustizia.

3. È così risolta anche la terza obiezioni.

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