5 Settembre 1973

Il tema dominante del Concilio: ripensare la Chiesa

Ripensare la Chiesa: questo è stato uno dei temi, il principale forse, del recente Concilio.

Come non mai questo bisogno d'un atto di riflessione su se stessa sia maturato in seno alla Chiesa è materia di studio, molto interessante e molto feconda in questo ultimo periodo storico, che dalla teologia propriamente detta, contemplatrice e esploratrice del mistero di Dio e della sua rivelazione in Cristo Signore, è passato anche alla ecclesiologia; si è visto che la Chiesa non è soltanto maestra della fede, ma oggetto essa stessa di fede: « credo, noi diciamo nella nostra professione consueta, recitando il Simbolo alla Messa ( Cfr. Denz.-Schön. 150 ): credo la Chiesa, una, santa, cattolica, ed apostolica ».

Tutti sanno come lo studio dottrinale sulla Chiesa sia relativamente recente; manca nella Somma di S. Tommaso un trattato vero e proprio su questo tema; bisogna attendere la crisi della Riforma per avere un'esposizione sistematica e organica sulla Chiesa; famosa poi quella di S. Roberto Bellarmino ( De militanti Ecclesia ).

Nei tempi recenti invece l'ecclesiologia è stata oggetto di grande interesse; infatti sia l'aspetto storico dell'economia della salvezza, sia l'aspetto propriamente teologico circa l'instaurazione dei rapporti soprannaturali, mediante Cristo e nello Spirito Santo, tra Dio e l'umanità, attrassero l'attenzione della Chiesa sopra il proprio mistero; noi abbiamo nella celebre Enciclica Mystici Corporis, di Papa Pio XII ( 1943 ), una sintesi magistrale su questo tema, che fu ripreso dal Concilio da un punto prospettico proprio, attribuendo alla Chiesa ( nella sua più ampia accezione ) il titolo ora prevalso di Popolo di Dio, sotto il quale titolo è delineata la sintesi dell'ecclesiologia cattolica,

in ordine alla realtà divino-umana propria della Chiesa,

in ordine al disegno storico in cui essa si attesta nel corso dei secoli, prima, durante e dopo Cristo, e

in ordine anche alla mentalità moderna circa i fatti sociali.

Ripetiamo: ripensare la Chiesa è una delle questioni salienti del pensiero religioso contemporaneo; e noi faremo bene a farci obbligo di uno studio particolare in proposito, se vogliamo, alla scuola del Concilio, attendere a quel rinnovamento spirituale e morale, di cui l'Anno Santo fa suo programma.

Innanzi tutto per avere idee chiare circa la Chiesa.

E la prima idea sarà riconoscerne il mistero, cioè la eccedenza del suo essere rispetto alla nostra capacità intellettiva.

Essa non è un fatto puramente naturale ( e già la profondità dei fatti naturali sorpassa di solito il nostro potere di adeguarne la realtà al nostro pensiero ); essa è un pensiero divino, un disegno di Dio che si innesta nella vita e nella storia dell'uomo; si veda, fra i primi documenti, la lettera di S. Paolo agli Efesini; la meraviglia dapprima, la fede poi, e l'entusiasmo della carità infine devono essere i nostri fondamentali atteggiamenti dinanzi a tale rivelazione.

E non ci dobbiamo stupire se tale mistero non trova, nel nostro linguaggio, termini adeguati per definirlo; ce lo dice il Concilio, il quale elenca alcune espressioni relative al mistero, che tutte vanno bene, ma tutte hanno bisogno d'essere integrate con altre analoghe.

La Chiesa è adombrata nell'annuncio evangelico del titolo di Regno di Dio, e poi di regno di Cristo e di Dio; e diventa l'ovile di Cristo, il campo di Dio, l'edificio di Dio; diventa il Corpo mistico di Cristo, diventa la Sposa di Cristo ( Cfr. Lumen Gentium, 5-7 ).

« La Chiesa è il nuovo Popolo di Dio destinato a realizzare il suo regno sulla terra» ( Mörsdorf; cfr. O. Semmelroh, nel vol. L'Eglise de Vatican II, vol. II, 395-409 ).

Questo straripante concetto di società umana, costituita da cittadini tutti eguali, e organizzata da ministeri potestativi e gerarchici, terrestre e insieme celeste, percorsa da un'animazione di Spirito Santo, destinata ad effondersi su tutta la terra ( Cfr. Lumen Gentium, 8 ), deve costituire oggetto d'una nostra appassionata e realistica riflessione, se vogliamo superare innanzi tutto lo scetticismo, di cui ordinariamente è imbevuta la mentalità profana, la quale, di per sé, è all'oscuro dei veri e supremi destini dell'umanità, e solo intravede qualche bagliore, che emana dall'esperienza naturale, circa le mete superlative, a cui la civiltà è incamminata: l'unità, la fratellanza, la giustizia, il dominio della creazione, la pace; e se vogliamo camminare nella vita presente come « figli della luce » ( Ef 5,8 ).

Dobbiamo in secondo luogo difenderci dalla tentazione di costruire da noi stessi, col nostro cervello, o con la nostra cultura, un tipo nuovo di Chiesa, uno schema artificiale di società religiosa, diverso dal concetto evangelico ed apostolico, elaborandone uno statuto estraneo, o contrario a quello che la Chiesa stessa, nelle sue espressioni responsabili, ha storicamente stabilito.

La riforma degli aspetti umani e caduchi della Chiesa è sempre doverosa e possibile; ma essa non autorizza alcuno ad assumere posizioni critiche e polemiche eversive, o puramente particolari; la riforma deve concorrere a costruire, non a demolire la Chiesa, giudice in ciò chi ha legittima investitura di istruire e di guidare il Popolo di Dio.

Procureremo poi di educare la nostra mentalità religiosa a concepire la Chiesa in conformità a questa definizione che il Concilio ha fatto propria: Popolo di Dio.

Essa è una definizione densa e feconda.

Ci ricorda come l'iniziativa di radunare una umanità dispersa o autocefala per farne un Popolo, concorde e molteplice, libero e docile, saggio ed umile, forte ed inerme, unito nella fede, nella speranza e nella carità, risale a Dio, e sempre da Lui deriva e per Lui si giustifica.

Dice ancora il Concilio: « Dio volle santificare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di essi un Popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse» ( Lumen Gentium, 9 ).

Il Concilio poi, valendosi di questo appellativo « Popolo di Dio », riannoda, con sempre devota e cordiale memoria, la Chiesa all'economia dell'Antico Testamento, in cui si celebra l'alleanza privilegiata, stabilita da Dio con Israele, in preparazione della nuova alleanza, conclusa da Cristo: non più semplice patto di amicizia, ma comunione; e non più ristretto ad un ceppo etnico, ma aperta a tutti gli uomini pronti alla fede, membra perciò d'un nuovo mistico corpo, rivestite ognuna d'una personalità soprannaturale, come scrive S. Pietro: « voi, stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa, popolo di acquisto » ( 1 Pt 2,9; cfr. S. Aug. De catechizandis radibus III, 6 ).

Quant'altre cose comporterebbe il tema magnifico, la Chiesa!

Quella Chiesa che « Cristo amò, e per la quale Egli sacrificò la sua vita »! ( Ef 5,25 )

Ma ora ci basti ricordare l'importanza che il concetto autentico e luminoso della Chiesa può avere nella nostra formazione cristiana e cattolica, e nello sforzo che dobbiamo intraprendere per il rinnovamento e per la riconciliazione degli uomini del nostro tempo.

Con la nostra Benedizione Apostolica.