Vi trasmetto quello che anch'io ho ricevuto

La motivazione profonda che anima tutto questo scritto, come pure il programma del Piano Pastorale, così come la mia stessa vita e tutto l'impegno nel mio lavoro pastorale di Vescovo è una sola: "trasmettere a voi quello che a mia volta ho ricevuto dal Signore" ( 1 Cor 15,3 ).

Dal Signore ho ricevuto il dono della fede nel battesimo, fede che è poi diventata cosciente in me con il primo annuncio ascoltato in famiglia dai miei genitori.

Consentitemi di ricordare la mia umile e povera famiglia, povera materialmente ma ricca di valori cristiani dove io, insieme con la vita, ho ricevuto la fede e la prima educazione cristiana.

Quello che implica oggi il mio compito nella Chiesa, per adempiere quanto richiesto dalle gravi responsabilità del mio ministero per annunciare il Vangelo a tutti, ha avuto la sua prima scintilla di luce e di impegno proprio lì, nella mia famiglia.

Quanto è avvenuto in seguito, è stato uno sviluppo di un cammino di crescita della mia formazione che aveva ricevuto il suo fondamento in un'autentica famiglia cristiana e il suo inizio mirabile nell'insegnamento e nella testimonianza dei miei genitori.

Voglio ricordarli, i miei genitori, in questo colloquio confidenziale con voi, perché a loro, già in paradiso da molti anni, sono debitore non solo per la generosità con cui mi hanno desiderato alla vita, ma anche per essermi stati i primi veri educatori alla fede.

Essi sono stati per me e per i miei fratelli e sorelle autentici testimoni e modelli di una fede cristiana semplice e profonda.

Mi è ancora viva nella memoria l'immagine di mio padre, contadino, che ogni sera inginocchiato per terra ed appoggiato ad una sedia guidava, come "sacerdote della casa", la recita del santo Rosario.

La stanchezza di una lunga giornata di lavoro nella stalla e nei campi non gli impediva di radunare intorno a sé i suoi figli per aiutarli a pregare.

Ho ancora vivo il ricordo di lui, quando sul suo letto di morte, ormai incapace di parlare, continuava a fare su di sé numerosi segni di croce, quasi a suggellare con quell'ultimo gesto di muta preghiera tutta una vita vissuta alla sequela di Cristo.

Che cosa poi dire della mia mamma? Con nove figli da allevare, l'ultimo dei quali sono io, trovava ogni mattina il tempo di partecipare alla santa Messa.

Aveva, lei senza istruzione, una preoccupazione quotidiana di seguirci tutti affinché nulla tralasciassimo dei nostri doveri soprattutto religiosi.

La sua grande sapienza nel mandarci due volte a Messa nel giorno di Pentecoste - perché, diceva, è una festa importante -, le consentiva di introdurci, fin da piccoli, ad una speciale devozione allo Spirito Santo.

Come la devo ringraziare per questo motivo particolare!

Così ricordo la sua sollecitudine per garantire la nostra frequenza ai sacramenti, le nostre preghiere quotidiane del mattino e della sera, la profonda devozione alla Madonna, all'Angelo Custode e ad alcuni santi a lei più cari, come San Giuseppe o Santa Teresa del Bambino Gesù.

Tutta la ricchezza dei valori cristiani, che ora io, come Vescovo, sento di avere nel cuore da trasmettere a voi ha avuto il suo momento iniziale in me in questo contesto.

Dio si è servito prima di tutto dei miei genitori e della mia famiglia per rivelarsi e donarsi a me e per chiamarmi alla sua sequela.

Riconosco nella mia vita una continuità di cammino di fede, tra la mia fanciullezza e l'età matura, e di questo desidero farvi partecipi per un comune confronto ed incoraggiamento.

Ritengo infatti che anche molti di voi potrebbero testimoniare di avere avuto gli stessi miei doni e le medesime mie esperienze.

Quel Gesù che con tutte le forze della mia vita desidero annunciare a tutti, è un Gesù che io, a mia volta, ho conosciuto fin dai primi anni di vita, perché qualcuno me lo ha fatto conoscere.

È questa la grande tradizione della Chiesa che consente la trasmissione del Vangelo da una generazione all'altra.

L'esigenza forte di annunciare Gesù Cristo non è altro che la logica conseguenza di ciò che di Lui mi è stato detto e che io, a mia volta, ho esperimentato.

Anch'io, in questo momento, con tutti coloro che condividono la mia stessa fede, faccio mie le parole che Pietro e Giovanni dissero davanti al Sinedrio che imponeva loro di non parlare più di Gesù: "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" ( At 4,20 ).