Un problema di fondo

Con il titolo di questa Lettera Pastorale "Costruire insieme" ho voluto esprimere non solo l'impegno della comunità cristiana di costruirsi, di crescere al suo interno con la fattiva e convinta collaborazione di tutti, ma anche la volontà della Chiesa torinese di aprirsi al mondo, alla società civile, alla città per "costruire insieme" un futuro di speranza fondato sul progresso globale dei singoli e della collettività sia sotto il profilo dei valori spirituali e religiosi che di quelli legati agli aspetti più contingenti della vita delle persone, che vivono in una famiglia, in una comunità civile e, a livello più ampio, in una società e in una nazione.

Quando insieme "si cammina", "si parla", e poi si decide di mettere mano allo stesso cantiere di lavoro vuol dire che su tante cose ci troviamo già d'accordo e che quindi nella sostanza condividiamo il progetto di società che vogliamo realizzare.

Il "costruire insieme" non è perciò un semplice slogan ma esprime una volontà comune di metterci all'opera tutti, Chiesa e società, per costruire l'uomo integrale, una città per l'uomo, per tutti gli uomini che la vivono, ed un tessuto sociale capace di sostenere e sviluppare, senza vincoli ideologici, gli ideali buoni e grandi che la gente si porta nel cuore.

Nel giugno dello scorso anno abbiamo celebrato il Convegno "La Chiesa dialoga con la Città" ed in quella circostanza tutti i presenti hanno esperimentato quanto possa essere utile e necessario un dialogo aperto, sincero, senza fini occulti per accaparrarsi spazi di consenso, tra la nostra Chiesa di Torino e le persone che a vario titolo rappresentano le istituzioni civili della nostra città e di tutta l'area geografica della nostra vasta arcidiocesi.

Personalmente ho vissuto in quei giorni una chiara percezione che in tutti c'é una volontà di confronto, di scambio e di collaborazione, perché sia la Chiesa, sia coloro che pur nella diversificazione dei compiti sono impegnati nella guida della nostra società possono fare molto insieme per dare a tutte le persone sostegno, sicurezza e speranza per un vero progresso globale della qualità della loro vita.

Perciò questo Piano Pastorale che la diocesi tutta si sta impegnando a realizzare non è un'iniziativa soltanto intraecclesiale, ma proprio per le sue finalità missionarie, cioè di impegno per annunciare il messaggio evangelico a tutti, si rivolge non solo ai credenti ma, soprattutto direi, a coloro che non credono, che si dichiarano atei o che sono in onesta ricerca, ma fanno ancora difficoltà ad accogliere la presenza e l'amore di Dio nella loro storia personale e a dare a se stessi una prospettiva soprannaturale ed eterna di vita.

Molti, pur credendo in Dio, vivono diverse difficoltà personali anche nei confronti della Chiesa che ai loro occhi sembra non così fedele, come dovrebbe, allo spirito evangelico per offrire una testimonianza più credibile.

A tutte queste persone, molte delle quali godono di un grande prestigio presso l'opinione pubblica, io intendo rivolgermi con umiltà e rispetto e mi impegno, personalmente e a nome della comunità diocesana, a far sì che da questa Chiesa giunga la testimonianza veritiera di ciò in cui credo e crediamo: che Dio è veramente Padre di tutti gli uomini e che il Figlio suo Gesù, che Egli ha inviato tra di noi, ha dato la dimostrazione di quanto col suo amore sia prossimo alla sofferenza di ognuno, la sollevi e la apra ad una speranza che non perisce.

Infatti, con la sua risurrezione, Gesù non solo ci ha offerto la prova sicura della sua divinità, ma ha anche anticipato nella sua persona la sorte definitiva di tutti gli uomini, i quali, tutti senza esclusione, saranno toccati dalla morte, ma non in modo definitivo.

Anche noi, come Gesù, risorgeremo ed entreremo per sempre in una vita nuova ed eterna con Dio.

Queste verità, che costituiscono l'essenza del messaggio cristiano, sono anche l'unica risposta convincente ai più grandi interrogativi che l'uomo da sempre si porta dentro:

"Che cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Che cosa ci sarà dopo questa vita?"

Il Concilio Vaticano II che si è occupato di questi problemi ha risposto così a queste drammatiche domande:

"Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché possa rispondere alla sua suprema vocazione; né è dato sulla terra agli uomini un altro nome in cui possano salvarsi.

Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana" ( Gaudium et spes 10 ).

Io credo profondamente a queste affermazioni e sono fermamente convinto che soltanto Gesù Cristo ha una "parola nuova" da dire a tutti per dare un senso alla loro vita e per offrire una speranza sicura per il "dopo questa vita", quindi per l'eternità a cui tutti siamo destinati.

Avendo in me queste convinzioni sono di conseguenza persuaso che il più grande dono che io possa fare alle persone sia di far conoscere loro Gesù.

Questo è l'unico scopo della mia esistenza, la ragione profonda di tutto il mio impegno di uomo, di cristiano e di vescovo.

E se anche affermo con chiarezza che non intendo imporre nulla a nessuno e conservo un giusto rispetto delle idee di ogni persona e delle conseguenti scelte di vita che ciascuno compie, anche in campo religioso, rimango tuttavia convinto che chi incontra Gesù Cristo, lo conosce, lo ascolta, aderisce al suo insegnamento con apertura di cuore, costui trova la verità, una verità che libera l'uomo da ogni miseria morale e da ogni paura e lo apre verso una vita diversa, quella vera che Dio ci ha donato.

Vorrei lanciare a tutti coloro che, pur in ricerca, ancora dubitano e non si sentono di accogliere Gesù come riferimento di vita questo interrogativo:

E se fosse vero? Se quanto insegna la Chiesa su Gesù, su Dio, sulla sorte dell'uomo dopo la morte fosse la verità?

Perché allora non aprirci ad un passo in più nella ricerca, perché non leggere il Vangelo per conoscere meglio Gesù, perché non fidarsi di Lui, perché non provare a vivere come Lui ha insegnato per verificare se, vivendo secondo il suo esempio e il suo insegnamento, ci si sente meglio o peggio o se la vita della società migliora o regredisce?

Perché non tentare la via della fede in quel Dio che Gesù, venendo sulla terra, ci ha fatto conoscere?

Questa riflessione mi sgorga dal cuore come un bisogno profondo che avverto di parlare di Gesù a tutti.

Sono convinto che questo sia l'unico tesoro da scoprire e da conquistare nella nostra esistenza terrena.

Detto questo, sottolineo subito come sia importante, al di là delle idee e delle convinzioni di ciascuno, che comunque devono sempre essere rispettate, che la Chiesa collabori con tutti, anche i non credenti, per costruire insieme un futuro di progresso per ogni uomo.