Giuditta

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Introduzione

Contenuti

Il libro di Giuditta presenta la storia di una difficile e inaspettata vittoria, conseguita contro il potente Oloferne, generale supremo dell'esercito di Nabucodònosor, grazie alla fede e al coraggio di Giuditta.

L'antefatto è fornito da un conflitto tra Nabucodònosor, re di Ninive, e Arfacsàd, re di Ecbàtana.

Fiero della vittoria su Arfacsàd, Nabucodònosor pensa di vendicarsi dei popoli occidentali che avevano rifiutato di allearsi con lui e ne dà mandato a Oloferne.

Di fronte all'avanzata del suo esercito, tutti i popoli si sottomettono, ad eccezione dei figli d'Israele.

Oloferne, giunto davanti alla piccola città di Betùlia, che rappresenta l'ingresso strategico per raggiungere Gerusalemme, ne occupa le sorgenti d'acqua.

Gli abitanti si danno il limite massimo di cinque giorni prima della resa.

Entra in scena Giuditta, che denuncia in questa decisione una mancanza di fede nel Dio d'Israele, impegnandosi di fronte agli anziani della città a mettere in atto un progetto di liberazione.

Deposti gli abiti della vedovanza, con una delle ancelle si presenta a Oloferne come una transfuga.

Accolta nel campo con grande rispetto per la sua bellezza, Oloferne la invita a cena, durante la quale però egli si ubriaca ed è preso da un sonno profondo.

Giuditta lo decapita e ne porta la testa in trofeo a Betùlia.

Questo fatto incoraggia tutti a prendere le armi e a sbaragliare il potente esercito nemico.

Il tripudio del popolo si conclude con un pellegrinaggio a Gerusalemme.

Schema

L'arroganza di Nabucodònosor ( 1,1-3,10 )

L'assedio di Betùlia e la sfida alla potenza di Dio ( 4,1-8,36 )

L'impresa di Giuditta ( 9,1-16,25 ).

Caratteristiche

Il quadro storico nel quale si inserisce la vicenda non ha consistenza, perché molto vago e ricco di contraddizioni.

Ciò di cui si vuole parlare è l'ideale di una donna eroica, che viene descritta mettendo insieme elementi diversi e disparati già noti dalla Scrittura più antica.

Giuditta rievoca

l'inganno di Tamar ( Gen 38 ),

la fredda determinazione di Giaele ( Gdc 4 ),

la perfidia di Dalila ( Gdc 16 )

e l'astuzia di Abigàil ( 1 Sam 25 ).

La stessa Betùlia sembra l'avamposto ideale creato in funzione della salvezza e della glorificazione di Gerusalemme, vero tema dell'inno finale.

Quanto Giuditta chiede a Dio nella preghiera riassume bene lo spirito del racconto ( 9,13s ).

Origine

Il nucleo originario del racconto si formò forse in epoca persiana, ma ricevette la sua forma attuale a Gerusalemme, nel clima eroico dell'epoca maccabaica.

Alla stessa epoca appartennero anche i destinatari di questo libro.

Il libro di Giuditta ci è pervenuto nella traduzione greca dei LXX; la versione venne fatta da un testo semitico ( ebraico o aramaico ) andato perduto.

L'autore del testo originario dovette appartenere alla popolazione giudaica di Gerusalemme, sottoposta prima alla persecuzione di Antioco Epìfane ( 175-163 ) e poi partecipe entusiasta della vittoria maccabaica e della conseguente liberazione.

Il libro di Giuditta è ritenuto ispirato dalla Chiesa cattolica e da quelle ortodosse; non invece dalle comunità ecclesiali protestanti e anglicane.

Commento di Luigi Moraldi

Il testo originale ebraico o aramaico di Giudit. non è giunto a noi.

Al posto dell'originale si hanno tre recensioni greche, la versione siriaca e l'antica versione latina, la versione latina fatta da Girolamo su un testo aramaico e, in fine, recensioni ebraiche.

Le recensioni ebraiche sono libere elaborazioni del testo, dipendono in linea generale dalle recensioni greche, presentano divergenze cosi notevoli dalle altre tradizioni testuali che il loro valore critico è oggi riconosciuto nullo.

La versione fatta da Girolamo su un testo aramaico tiene presenti i codici greci e latini, il traduttore - per sua esplicita confessione - non vi mise molto impegno, tagliò netto nelle varianti, eliminò quanto non concordava con il suo testo aramaico e quanto gli pareva oscuro, mentre per il resto si servì largamente della parafrasi: così che il testo della versione di Girolamo, se in qualche luogo è più sviluppato del greco, nel complesso è più breve di almeno un quinto.

Per queste ragioni, il valore critico della versione di Girolamo è molto secondario e quasi nullo.

Il testo che universalmente si riconosce più vicino all'originale e che offre le migliori garanzie dal punto di vista critico è il testo greco dei codici Vaticano, Alessandrino e Sinaitico: su di esso è basata la nostra traduzione secondo l'edizione critica del Rahlfs.

A causa dello stato in cui ci è giunto il testo e del diverso valore critico dei testimoni, il lettore, trovando una notevole divergenza tra la presente traduzione e quelle basate sulla versione di Girolamo, nonché i brevi testi che si leggono nella liturgia latina - testi che sono presi dalla versione di Girolamo - saprà a chi dare la preferenza dal punto di vista critico.

Il re degli Assiri, Nabucodonosor, decide la guerra contro Arfachshad, re dei Medi ( 1,1-6 ); con Arfachshad si schierano i popoli orientali, mentre Nabucodonosor chiede aiuto a quelli occidentali: non riceve aiuto, ma ottiene ugualmente la vittoria ( 1,7-16 ).

Convocati tutti i dignitari dell'impero, Nabucodonosor delibera una terribile vendetta contro tutta la terra dell'occidente che non ha accolto il suo appello, e costituisce Oloferne comandante in capo di un immenso esercito ( 2,1-20 ).

Uno alla volta, tutti i popoli nemici cadono, la Filistea e la Fenicia, intimorite da tanti successi, non oppongono resistenza alcuna; la marcia trionfale di Oloferne non solo pone termine alla indipendenza politica dei vinti, ma anche a quella religiosa ( 2,21-3,8 ).

Gli Israeliti, fiduciosi in Dio, si preparano alla resistenza, mentre l'esercito vincitore sta organizzando un poderoso attacco contro di essi ( 3,9-4,15 ).

In un consiglio di guerra, Oloferne chiede notizie sulla storia e sulla organizzazione di questo popolo ribelle, un Ammonita, Achior, ne elenca le vicende, insiste sui fattori straordinari che sempre lo hanno segnalato, ponendo bene in luce come le sue sorti dipendano dalla condotta religiosa e non dalla forza armata ( 5,1-21 ).

Olofeme e gli altri consiglieri sono sdegnati delle parole di Achior: è dato ordine che sia condotto sotto le mura della città nemica.

Betulla, e, preso dagli Israeliti, rivela loro i disegni del nemico ( 5,23-6,21 ) mentre Oloferne stringe d'assedio la città ( 7,1-32 ).

Giuditta, l'eroina del libro, è una giovane vedova, la cui vita - dopo la morte del marito - fu un continuo esempio di ascetismo ( 8,1-8 ); davanti alla costernazione del popolo, alla debolezza dei capi e alla deliberazione di resa entro pochissimi giorni, essa oppone la propria fede e la preghiera ( 8,9-9,14 ).

Abbigliata nel modo più attraente e scortata da una schiava, esce da Betulla dirigendosi verso l'accampamento nemico ( 10,1-10 ); presa dai soldati è condotta presso Oloferne dal quale, con le arti muliebri, ottiene piena libertà di movimento ( 10,11-12,9 ).

Al quarto giorno, il generale da un banchetto in suo onore: intervenuta di buon grado, attende che tutti si ritirino e, rimasta sola con l'ebbro Olofeme che giace assonnato sul letto, gli recide la testa e fugge col trofeo in Betulla ( 12,9-13,13 ).

Alla straordinaria notizia, gli Israeliti, pieni di gioia, esaltano l'eroina.

Achior stupefatto si converte al giudaismo e Giuditta da le disposizioni per completare la vittoria ( 13,14-14,10 ), nel mattino seguente, alla terribile notizia, i nemici fuggono inseguiti dagli Israeliti che si arricchiscono di immenso bottino ( 15,1-7 ).

Viene da Gerusalemme il sommo sacerdote e il consiglio degli anziani, per onorare e festeggiare Giuditta ( 15,8-13 ), ed essa in un cantico ringrazia il Signore che in modo meraviglioso ha protetto il suo popolo ( 15,14-16,7 ).

Le feste hanno termine a Gerusalemme dove l'eroina offre al tempio le suppellettili di Olofeme ( 16,10-21 ); Giuditta, sebbene corteggiata da molti, rifiuta ogni partito: riprende la sua vita nascosta e muore dopo aver distribuito tutti i beni ai congiunti di suo marito e ai suoi ( 16,22-25 ).

L'A. di Giudit. è completamente ignoto.

Dalla testimonianza di Origene e Girolamo si sa che il libro non era compreso nella lista dei libri ispirati ( cioè nel canone ) degli Ebrei palestinesi; tuttavia fu tradotto e interpretato dal Targum; il Talmud gli riconosce una ispirazione di secondo grado.

D'altra parte sappiamo che ancora nel i sec. d. C. il libro era nel canone degli Ebrei alessandrini; ciò rende assai verosimile l'opinione che una volta il libro era ritenuto sacro anche dagli Ebrei palestinesi.

Comunque, questo stato di cose direttamente e indirettamente esercitò un influsso anche su alcuni Padri della Chiesa che dubitarono o negarono la sua ispirazione.

Così Giudit. venne a far parte dei libri deuterocanonici cioè dei libri sacri sui quali ci fu qualche dubbio nei primi secoli del cristianesimo.

Come per gli altri deuterocanonici anche per Giudit. ogni dubbio è praticamente cessato con le prime decisioni dell'autorità ecclesiastica: i concili africani di Ippona ( 393 ), di Cartagine ( 397 e 419 ) - tutti e tre con la partecipazione di Agostino - la lettera di Papa Innocenze I a Esuperio ( 405 ), ecc.

Se la dottrina di Giudit. non è molto ricca, non manca però di concetti e visioni profonde, felicemente espresse.

Così per es. la provvidenza divina verso il suo popolo ( 5,6-21; 8,11-27; 9,5s; 13,11 ), l'onnipotenza, la sapienza e la regalità universale di Dio ( 9,11-14; 13,4 ecc. ), la fiducia filiale e la fede in Dio, il potere della preghiera ( 4,11-13; 6,8s; 9,1ss ecc. ), la concezione del dolore come una prova ( 8,23.25.27 ecc. ), l'attaccamento e l'amore verso il centro del culto, Gerusalemme e il tempio ( 4,2.12; 8,21s; 9,8s; 13,4s; 15,9; 16,17s ), il principio che tempio, altare ecc. hanno il loro sostegno nel comportamento morale-religioso del popolo ( 8,24 ), il grande valore del digiuno e degli atti di penitenza ( 4,9-12; 9,1-10,3 ).

Sul piano dottrinale è da segnalare la tesi espressa nel discorso di Achior ( 5,5-24 ), che naturalmente è quella stessa dell'A. ( 5,5 e nota ).

Ma questi sono aspetti particolari; quanto è essenziale per la comprensione del libro, poiché costituisce l'elemento fondamentale in base al quale fu concepito e sviluppato nelle sue singole parti, è il carattere apocalittico.

Due campi di battaglia, due partiti schierati, due divinità, due concezioni di vita, due visioni del mondo, buoni e cattivi in una lotta di sterminio che pare preluda al trionfo completo del male.

L'A. non si servì dei molteplici elementi che caratterizzano il genere letterario apocalittico, preferì la narrazione storica presentando non meno efficacemente le alterne vicende della preparazione, della lotta, della vittoria apparentemente completa del male e del trionfo finale di Dio.

Sono interessanti certi accostamenti tra il nostro libro ed Ez 38-39 e Ez 47-48; Gl 2,17; Gl 4,1-4 con Giudit. 7,29 e 16,17; Dn 2,38 con Giudit. 11,7; 3,1-5, ma soprattutto la presentazione e lo svolgimento generale ( per es.: Dn 2,7-12 ).

Alla domanda se Giudit. appartenga o meno ai libri storici dell'A. T., oggi in generale si risponde che non è una fonte storica ne fu mai considerato tale da nessuno studioso nonostante le opinioni di alcuni.

I santi Padri non hanno composto alcun commento sul libro, non trattarono mai espressamente la questione storica, e le loro testimonianze sono occasionali.

Le difficoltà che solleva dal punto di vista storico, geografico, testuale; le enigmatiche persone che fanno da protagonisti generali ( Nabucodonosor, Olofeme, Giuditta ) o particolari ( Arfachshad, Achior, Joakim ecc. ), l'incertezza sulla posizione della stessa Betulla, la poca cura che l'A. dimostra nelle precisazioni geografiche palestinesi e altre numerose osservazioni che emergeranno dalla lettura del testo, inducono almeno alla conclusione seguente: se il libro ha un nucleo storico, l'A. se ne serve in un modo assai libero a scopo didattico-parenetico.

Un notevole numero di osservazioni fanno ritenere postesilico il quadro storico tracciato dall'A.

A ciò inducono chiaramente l'unità politico-religiosa degli Ebrei da Gerusalemme a Esdrelon, il potere politico e religioso del sommo pontefice, l'indiscussa unicità del tempio, la fedeltà di tutti all'unico Dio, la espressa segnalazione del periodo postesilico, la ricostruzione del tempio, il ritorno dalla cattività, ecc.

Se, andando ai particolari, si vuole individuare quali personaggi e quale periodo storico rappresenti il nucleo e la cornice del racconto o da quali avvenimenti sia stato scelto dall'A. per ottenere il suo scopo, si ritiene quasi universalmente che si tratti del periodo persiano e più precisamente del regno di Artaserse III Oco ( 358-338 ) ( 1,1 e nota ).

Nel contempo tuttavia non si nasconde la netta impressione che l'A., almeno qualche volta, rifletta fatti e persone di un periodo ancora posteriore.

Conferenze

Introduzione al libro di Giuditta

Don Federico Tartaglia

Libro di Giuditta

Card. Gianfranco Ravasi

Libro di Giuditta

Suor Merangela Villanteri

Donne nel'AT: Giuditta

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