Il Fratel Teodoreto tra gli allievi

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1. In Classe

Vidi il Fratel Teodoreto la prima volta nell'anno scolastico 1906 - 1907 durante la gara solenne di Catechismo, quando frequentavo la terza elementare.

Si chiamavano così le prove orali di religione che i Fratelli delle Scuole Cristiane facevano svolgere nella cappella sotterranea della Scuola di via delle Rasine.

In tale cappella si riunivano i ragazzi delle varie Sezioni delle scuole elementari, divisi per classi.

La gara consisteva nella recita esatta delle risposte del Catechismo.

I ragazzi, rimanendo nei banchi, dovevano rispondere, alzandosi in piedi, alle domande che il Direttore di gara leggeva seguendo l'ordine del libro.

I primi giri erano un po' di assaggio e di incoraggiamento.

Qualcuno, meno pronto e sicuro, incespicava; ma non veniva eliminato.

Dopo i primi giri il Direttore incominciava a divenire severo e lo diceva ai ragazzi, per una lealtà innata, dovendo, nel suo compito di giudice, dare più di un dispiacere agli alunni che amava.

È commovente pensare a questa figura di educatore e maestro che ci richiamava il Salvatore Divino, spiacente al sommo di dover punire.

Chi sbagliava veniva invitato, dal maestro di classe che assisteva, a passare in altra parte della cappella dove poteva rimanere, a meno che - come avveniva per lo più - piangendo se ne andasse a casa.

Chi "cadeva", così si chiamava lo sbagliare, passava vicino al seggio presidenziale e riceveva una caramella di consolazione dal Conte Alessandro del Borgo o dall'Avv. Emilia Mottura, che erano i benefattori della scuola e giudici di gara.

La faccia del Fratel Teodoreto, in quei momenti, diveniva quasi crucciata.

Con la mano destra tesa sul campanello e con la sinistra che seguiva il testo, stava attentissimo alle risposte.

Alcuni ragazzi più nervosi non pronunziavano le finali oppure emozionati saltavano qualche parola.

Allora la mano del Giudice si abbassava un po' sul campanello.

Se il candidato si riprendeva, la mano si sollevava.

Con quella, anche il cuore dei piccoli, che facevano il tifo, aveva un momento di sollievo.

Quando si rimaneva in pochissimi, due o tre ferratissimi e calmi, il compito del Fr. Teodoreto si faceva difficile.

Sospendeva per alcuni, minuti lo interrogatorio e rivolgeva un elogio ai più bravi.

Il seguito della gara diveniva argomento di grande interesse per gli eliminati che, campanilisti in erba, speravano almeno nella vittoria di uno del loro "quartiere".

L'ultimo veniva proclamato Principe della Gara Catechistica.

Tutti quelli che erano stati ammessi alla gara solenne venivano poi premiati con una passeggiata in campagna dove, in qualche prato o cortile, potevano giocare tutto il giorno

Queste passeggiate erano ambitissime e venivano ricordate lungamente.

I maestri accompagnavano i ragazzi a Belmonte od alla Cascina Galleana, oppure a Trana o a San Pancrazio, dove in qualche ristorante del luogo venivano portati certi piatti di risotto o di pasta asciutta che facevano spalancar gli occhi ai parenti che alla sera attendevano alla stazione.

La stagione delle ciliegie era la preferita, perché ne venivano distribuite certe cappellate …

I ragazzi di tutte le terze, le quarte e le quinte, riuniti formavano uno sciame di circa duecento gitanti, che divenivano oggetto di viva curiosità per i passanti.

Il Fr. Teodoreto ne riconosceva parecchi o più bravi o più sfortunati e durante queste passeggiate si avvicinava per salutare, lodare o complimentare.

Il ragazzo che era uscito piangendo dalla gara, non serbava rancore per l'esito e rideva volentieri al sorriso del Direttore, che sapeva trarre dall'animo dei piccoli il proposito di studiare il catechismo, "la porta del paradiso".

Il Cav. Mottura o il Conte Del Borgo venivano, in carrozza, ad assistere a queste feste e gettavano o distribuivano manate di caramelle: che facevano aumentare il chiasso e l'allegria.

Dalle scuole elementari di Via A. Doria 11, a cento metri da casa mia, passai in via delle Rosine alla Scuola Tecnica.

Lì il Fr. Teodoreto, alternandosi col Fr. Ippolito, veniva a leggere i risultati mensili e trimestrali, ad encomiare o riprendere.

Il Fr. Teodoreto era chiamato il Direttore buono e il Fr. Ippolito il Direttore severo …

Si interessava di ciascuno di noi chiedeva notizie della famiglia, degli studi, della condotta.

Voleva che noi capissimo la necessità di fare bella figura per onorare i genitori e per adempiere la volontà di Dio.

"Il vostro dovere, adesso, è di studiare" diceva "per essere preparati bene agli esami".

Infatti la Scuola Tecnica dei Fratelli godeva di una ben meritata fama.

Durante il triennio della Scuola Tecnica 1909-10 1910-11, 1911-12 non ricordo alcun accenno, ad associazione o Unione, fatto dal Fr. Teodoreto.

I cortili della Scuola erano due.

Quello più grande era frequentato dai giovani della Società ginnastica "Excelsior" che noi guardavamo con meraviglia ed ammirazione per gli esercizi ginnastici agli attrezzi, ma specialmente per il salto con l'asta.

Il cortile più piccolo andava ogni anno trasformandosi, pezzo per pezzo, da orto in cortile.

Nei due cortili venivamo accompagnati qualche volta, ma ancora come scuola, per tutto il triennio.

Oltre alla Società ginnastica vi era l'Associazione ex allievi già affidata al Fr. Biagio, ma ormai con scarse iniziative.

In quegli anni era fiorente una Scuola Serale di disegno ed una a carattere! commerciale.

Il Fr. Teodoreto dirigeva i due corsi e vi faceva il catechismo.

Il Fratel Teodoreto verso la sessantina.

2. Agli inizi dell'Unione

Dopo la licenza tecnica fui invitato a frequentare il corso serale di Disegno.

Fu in quell'anno 1912-13, che ricevetti con Massaia, mio compagno di corso, l'invito a partecipare alle prime adunanze della Unione del SS. Crocifisso.

Non ricordo con precisione la data.

Alcuni del corso serale ed altri del corso diurno erano stati chiamati.

Ricordo alcuni pensieri.

"Il Signore vuole da voi un servizio speciale" ci diceva "voi farete bene, se seguirete la sua chiamata".

"Il Signore vuol fare di voi dei santi.

Voi dovete essere i primi nello amare il Signore"

"Chi non ama Dio ama il fango".

"Se non andrete con Dio, andrete col diavolo".

Le prime adunanze si tennero nell'aula di disegno, nella quale erano appesi alle pareti numerosi modelli in gesso.

Si entrava direttamente nell'aula dalla porta di via Rosine 16, quella che dava nel teatrino sottostante alle classi.

Prima dell'adunanza, era concessa un po' di libertà, per parlare o giocare; poi, con la preghiera, si iniziava la riunione.

A voce alta veniva letto il passo del Vangelo della domenica successiva e tutti i giovani in piedi ne seguivano la lettura.

Appena seduti incominciavano quelle visioni sulla Palestina, sul gruppo degli Apostoli, sulle turbe che seguivano Gesù in un continuo rinnovarsi di lezioni ed esortazioni.

I fatti del Vangelo erano presentati in una luce attraente e viva e con una semplicità singolare.

Erano applicati a noi gli insegnamenti.

Eravamo noi i protagonisti delle trasformazioni spirituali che Gesù operava, e noi vedevamo, con una intima soddisfazione, schiarirsi in noi i dubbi che avevano occupata la nostra mente nella precedente settimana.

Alcuni di noi sussurravano che il Fr. Teodoreto leggeva nelle anime ed allora si era portati ad una lealtà e sincerità di parole e di atti.

Le figure degli Apostoli che avevano risposto alla chiamata di Gesù, erano messe in risalto per invogliarci a riflettere sui disegni della Provvidenza su di noi.

"Iddio ci parla coi fatti" - diceva - "guida le anime per il bene loro e la gloria di Dio".

"Vissuti in un ambiente cristiano per famiglia, patria, scuola, dovete essere riconoscenti, farvi attivi e cooperare, affinché anche altri abbiano tali benefici".

Queste riflessioni e l'invito a pregare sovente, a rivolgere spesso il cuore a Dio con giaculatorie, venivano raccolte in un sistema di controllo pratico con la compilazione settimanale del foglietto "mazzo di fiori spirituali ».

Le adunanze tenute ogni sabato in una povera aula, senza alcun richiamo attraente, erano sempre molto frequentate e desiderate, perché Fr. Teodoreto ne era l'anima.

Si andava per lui. L'ambiente non contava.

Gli anni 1914, 1915, 1916 videro un succedersi di giovani e di non più giovani.

Dalla scuola tecnica e dalla scuola serale provenivano quelli che erano stati invitati ed essi portavano dal lavoro o dalla caserma qualche loro conoscente.

Gli anni della guerra videro passare Castello, Don Raspini, Don Contini, Fr. Basiliano, Massaia, Luetto, Aires, Cherra, e tanti altri in grigio verde.

Si pregava per i soldati al fronte e per essi venivano recitate le litanie della Passione.

Nel 1915 il Fr. Teodoreto invitò alcuni giovani dell'Unione a ripetere le spiegazioni del Vangelo, fatte da lui, ai ragazzi delle elementari di Via Rosine alla domenica mattina.

Invitò altri che frequentavano da maggior tempo, a fare il catechismo nei corsi serali e in alcune parrocchie della città, come tirocinio necessario per il conseguimento del diploma di catechista.

Desiderava il miglioramento effettivo dei giovani e proponeva meditazioni e sacrifici.

Promosse perciò i Ritiri spirituali mensili, i pellegrinaggi alla Consolata, al santuario di San Pancrazio.

Faceva convergere dalle tre sezioni elementari ragazzi, catechisti e Fratelli nel santuario della Madonna di Torino, la Consolata.

Raccomandava con calde parole l'amore alla Madre celeste ispiratrice delle virtù più belle e rivolgeva invito a tutti di visitarla sovente.

Davanti alla Santa Immagine si recitava il Rosario con qualche particolare intenzione.

Poi veniva invitato il Rettore o il Vice Rettore, Don Calilli, a dire qualche parola di circostanza ed a impartire la benedizione.

Con la visita alla galleria dei quadri e qualche salto nel cortile del Convitto si chiudeva la giornata.

Lungo fa strada, via S. Chiara, piazza S. Giovanni, Via Po, via Rosine, ci intratteneva ricordando qualche frase più saliente del predicatore.

3. In gita: un pellegrinaggio

A proposito di San Pancrazio, mi viene in mente un fatto. Eccolo.

Quell'anno le ciliegie erano particolarmente invitanti, non si sa per quale felice connubio.

I ragazzi degli oratori erano lieti e più del solito rumorosi, perché era stato loro annunziato un pellegrinaggio a San Pancrazio, martire giovanotto.

I maestri e i catechisti avevano già disposto una serie di informazioni su Roma antica, sulle persecuzioni, sui circhi, sui leoni.

Si trattava di andare a piedi fino alla ferrovia Torino-Rivoli, fare in trenino il percorso fino a Regina Margherita e poi, di nuovo a piedi, attraverso Collegno, la Dora, Pianezza e il viale terminale.

Il tempo prometteva bene, ma non troppo.

Percorso il primo tratto a piedi fra Regina Margherita e la Cappella di San Massimo, incominciò a piovere.

La cappella, antichissima, era stata costruita, si vede, per riparare tutto il gruppo dalla pioggia.

Il Fratel Teodoreto fa recitare alcune preghiere.

Il temporale infuria.

Raccomanda maggior fede e fervore nelle preghiere.

Tutti obbediscono con uno slancio da primi cristiani.

Dopo alcune decine di Rosario, ecco il sole entrare dalle finestre della chiesetta; un brusio, misto a pezzetti di Ave Maria, sottolinea chiaramente il cambiamento.

Il Fratel Teodoreto da l'ordine che il Rosario venga continuato per la strada tra il pilone di Collegno e Pianezza.

Un largo sorriso, una contentezza invano contenuta dimostrano la gioia dell'Uomo di Dio, novello Mosè, che ha pregato per la sua giovane tribù.

Quando, al levar delle mense, in quel di San Pancrazio, dopo pagnotte, risotti e ciliegie il Fr. Teodoreto ottenne un po' di silenzio, ricordò ai catechisti ed ai ragazzi il dovere della riconoscenza.

"Avete pregato grosso come il braccio, perché cessasse di piovere; avete avuto fede ed avete ottenuto".

Quelle conclusioni fresche e generose sono rimaste in fondo a tutti i cuori con una sicurezza tranquilla circa Inefficacia della preghiera.

La benedizione eucaristica nel santuario del Santo, la passeggiata di ritorno e la visita riconoscente alla cappelletto di San Massimo a Collegno sigillarono uno dei più bei pellegrinaggi dell'Unione.

U. U.