Criteri di ecclesialità dei gruppi, movimenti, associazioni

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Parte II - Criteri per il riconoscimento

15. - Gli elementi sin qui recensiti devono essere presenti in ogni associazione, movimento, gruppo, ecc., perché questi possano ritenersi ecclesiali; a partire da tale base comune e irrinunciabile possono darsi ulteriori sviluppi, nella linea del collegamento dell'associazione, movimento, gruppo, ecc. con l'autorità ecclesiastica e della responsabilità che questa si assume nei riguardi dell'associazione stessa.

Si danno tre livelli.

a) A un primo livello si collocano le aggregazioni che, verificati i criteri di ecclesialità, esistono e operano nella Chiesa, senza richiedere un esplicito riconoscimento da parte dell'autorità ecclesiastica: possono chiamarsi « associazioni libere » ( « liberi coetus » )15 o « associazioni non formalmente riconosciute ».16

b) A un secondo livello si trovano quelle aggregazioni che non si limitano a vivere secondo lo statuto di libertà proprio di tutte le associazioni veramente ecclesiali, ma domandano, e ottengono, uno speciale « riconoscimento » da parte dell'autorità ecclesiastica: possono dirsi « associazioni riconosciute » ( « explicite agnitae » ).17

c) A un terzo livello stanno quelle aggregazioni che vengono scelte e in particolar modo promosse dalla stessa Gerarchia ecclesiastica, per il valore che esse presentano in ordine al bene comune della Chiesa: sono le « associazioni scelte e promosse dalla Gerarchia » ( « electae et particulari modo promotae ab ecclesiastica auctoritate » ).18

I. - Aggregazioni libere o non riconosciute esplicitamente

16. - Rappresentano la forma elementare di esercizio del diritto di associazione riconosciuto a tutti i fedeli nella Chiesa.

Pur non essendo specificamente e formalmente « riconosciute » dalla Gerarchia, sono legittime « iniziative apostoliche nella Chiesa »,19 nelle quali gli aderenti agiscono liberamente e solidalmente in vista di peculiari finalità che l'ordinamento della Chiesa apprezza generalmente come valide.

E l'autorità pastorale, con il necessario discernimento, sempreché siano in esse verificabili i criteri di ecclesialità, assicura loro un giusto spazio di autonomia, garantisce gli aiuti spirituali e i sussidi pastorali che sono offerti a tutti i fedeli, le considera come espressioni della energia vivificante dello Spirito Santo che distribuisce con sovrabbondanza i suoi doni, e attende una loro originale collaborazione nel programma pastorale proprio della Chiesa italiana e delle singole Chiese particolari.

Questo tipo elementare di aggregazione non ha bisogno di autenticazioni e di autorizzazioni particolari.

Come i singoli fedeli, che si sforzano di vivere genuinamente la vita cristiana in coerenza con il loro battesimo, non necessitano di alcuna speciale connotazione che li dichiari tali, perché la loro vita li proclama cristiani, e tali, fino a prova contraria, vanno ritenuti; così anche queste associazioni: finché esse realizzano in sé i criteri di ecclesialità possono agire liberamente nella Chiesa; anzi, se fanno bene potranno anche meritare « lode » o « raccomandazione » da parte del Vescovo.20

Se invece la fedeltà ai valori ecclesiali si oscura, il Vescovo potrà assumere nei loro confronti un significativo distacco.

In casi dolorosi, quando addirittura dovesse venir meno qualche elemento irrinunciabile di comunione ecclesiale, il Vescovo dovrà pronunciare una chiara parola di denuncia o di richiamo, che metta in guardia la generalità dei fedeli e stimoli gli interessati a un sincero e fattivo ripensamento; e sino a che non saranno nuovamente assicurati i criteri di ecclesialità si dovrà prendere atto che tale aggregazione non può più essere ritenuta una vera associazione ecclesiale e perde conseguentemente il suo statuto di legittimità e di libertà nella comunità cristiana.

17. - Qui occorre parlare della « debita relazione con l'autorità ecclesiastica »,21 che le associazioni, i movimenti e i gruppi - per i quali non occorrano speciali autorizzazioni o riconoscimenti - devono avere.

Tale « relazione » è necessaria, perché l'attività di queste aggregazioni « sia inserita con il debito ordine nell'apostolato di tutta la Chiesa; anzi, l'unione con coloro che lo Spirito Santo ha posto a reggere la Chiesa di Dio ( Cfr. At 20,28 ) è un elemento essenziale dell'apostolato cristiano ».23

Ne consegue, in primo luogo, che il Vescovo deve poter conoscere l'esistenza e valutare la natura e le finalità di queste associazioni, movimenti e gruppi.

Al che corrisponde il dovere, da parte dei responsabili dei medesimi, di presentarsi al Vescovo e di offrirgli tutti gli elementi idonei allo scopo.

L'autorità ecclesiastica, poi, oltre che « promuovere »,24 e « fornire i principi e gli aiuti spirituali »,25 ha il compito:

a) di armonizzare l'attività delle associazioni, movimenti e gruppi dei laici con le finalità complessive dell'azione pastorale della Chiesa;26 e

b) di vigilare affinché siano conservati la « dottrina e l'ordine ».27

L'espressione « dottrina e ordine » esprime il compito tradizionale della vigilanza: i doni dello Spirito sono dati « per l'edificazione della comunità », ( 1 Cor 14,12 ) nella quale tutto deve avvenire « decorosamente e con ordine ». ( 1 Cor 14,40 )

Il ministero di discernimento comporta per i Vescovi di vigilare perché non si promuovano nuove associazioni od opere senza motivi sufficienti, perché non si mantengano in vita più del necessario associazioni o metodi superati, e perché forme associative istituite in una nazione non vengano portate indiscriminatamente in altre.30

II. - Aggregazioni riconosciute dall'autorità ecclesiastica

18. - Alcune realtà associative, assicurata la loro conformità con i valori ecclesiali, non si limitano a vivere e a operare nel quadro della legittimità e della libertà a tutte garantite nella Chiesa, ma desiderano e chiedono all'autorità ecclesiastica una particolare ed esplicita approvazione, che di solito si esprime con il termine « riconoscimento »; quando tale approvazione viene concessa, associazioni, movimenti o gruppi « riconosciuti » assumono uno speciale rilievo nell'organismo ecclesiale, perché il loro rapporto con l'autorità pastorale si artioola in modo più preciso e più impegnativo.31

Si è di fronte a uno sviluppo ulteriore nella linea di quei « vari tipi di rapporti con la Gerarchia » che il Concilio ha illustrato.32

È perciò opportuno indicare, anche in riferimento a questo tipo di aggregazioni ecclesiali, alcune linee direttive che valgano sia per loro che per i Vescovi come traccia sicura sul piano pastorale.

Condizioni per il riconoscimento

19. - Perché l'autorità ecclesiastica possa « riconoscere » gruppi, movimenti, associazioni, è necessario che questi assicurino alcuni precisi requisiti di ordine sia formale che sostanziale.

A) Requisiti di ordine formale

20. - Le associazioni richiedenti devono in primo luogo presentare gli elementi indispensabili di ordine formale, cioè quel complesso di dati individuanti che permettano un'adeguata conoscenza e una fondata valutazione della loro fisionomia, delle loro finalità, dei metodi e dei contenuti della loro azione apostolica.

In particolare si richiede:

a) la presentazione dello statuto ( o di una base normativa equivalente ), dal quale risulti, tra l'altro, la precisa denominazione e la finalità dell'associazione;

b) l'indicazione sufficientemente documentata delle dimensioni organizzative e operative ( se a livelLo nazionale o a livello inferiore o superiore );

c) la specificazione del tipo di presenza nell'ordinamento istituzionale della Chiesa in Italia, con riferimento al criterio « territoriale » ( parrocchia, diocesi, circoscrizioni pastorali regionali, ecc. ) oppure al criterio « personale » ( movimenti di ambiente, professionali, di categoria, ecc. );

d) l'indicazione degli organi direttivi con la specificazione dei nominativi dei responsabili e della modalità della loro designazione;

e) la segnalazione dell'eventuale presenza di sacerdoti, dichiarando a quale titolo essi partecipano alla vita della associazione, movimento, gruppo, e da chi vengono presentati per eventuali ruoli di responsabilità.

B) Requisiti di ordine sostanziale

21. - Per ottenere il « riconoscimento» occorre soprattutto garantire l'autorità ecclesiastica circa l'esistenza di alcuni requisiti sostanziali.

Non si tratta di elementi ulteriori e diversi rispetto ai criteri indicati per il discernimento; sono piuttosto una ripresa, un approfondimento e una specificazione di quelli, in una prospettiva di più impegnativo rapporto con la Gerarchia e di disponibilità più organicamente assicurata a collaborare con i suoi indirizzi pastorali.

Essi sono fondamentalmente tre:

a) la dichiarata disponibilità a convergere, secondo il proprio carisma, nelle scelte pastoali della Chiesa italiana e della Chiesa particolare ( diocesi ) interessata, accogliendo cioè e valorizzando gli orientamenti e i programmi proposti dai Vescovi a tutta la comunità cristiana, collegandovi costruttivamente i propri, e apportando al loro approfondimento e alla loro realizzazione la genialità peculiare e la forza organizzativa dell'associazione e dei suoi membri;

b) l'impegno a partecipare a pieno titolo, come segno concreto di tale disponibilità, ai « consigli » o alle « consulte » per l'apostolato dei laici, la cui istituzione è espressamente raccomandata, a diversi livelli, dal Concilio Vaticano II;33 nonché l'impegno a sostenere i Consigli pastorali e gli altri organismi della pastorale d'insieme;

c) l'impegno a riconoscere e ad accogliere la presenza e l'azione di sacerdoti idonei e convenientemente formati, nominati dal Vescovo - oppure, ai rispettivi livelli, dalla Conferenza Episcopale Regionale o dalla C.E.I. -, sentiti i responsabili delle associazioni, e dal Vescovo stesso - o dalla rispettiva autorità competente - « mandati » alla associazione, movimento, ecc., come espressione visibile di piena comunione ecclesiale e di positivo raccordo pastorale, oltre che come aiuto offerto dalla Chiesa per una più profonda e completa formazione apostolica degli associati.34

Effetti del riconoscimento

22. - Il riconoscimento è un atto specifico, che è destinato a produrre particolari effetti.

Tali effetti possono appunto essere delineati secondo alcune specificazioni.

a) Innanzi tutto, è importante ricordare che il riconoscimento concesso dall'autorità ecclesiastica non muta la natura dei singoli gruppi, movimenti o associazioni, i quali continuano a rappresentare e a impegnare se stessi, non l'autorità che li ha riconosciuti.

Il riconoscimento è indubbiamente un atto ricco di valore ecclesiale, ma non è tale da comportare una sorta di « identificazione » tra la aggregazione e la Chiesa, tra orientamenti e scelte inevitabilmente parziali e relative e la posizione della Gerarchia ecclesiastica che esprime gli indirizzi della Chiesa in quanto tale.

Ogni associazione riconosciuta coinvolge nelle proprie scelte se stessa, con i propri valori e i propri limiti, non certamente tutta la Chiesa; pur non potendosi dimenticare che, in qualche modo, essa esprime veramente la realtà della Chiesa, nel suo stesso esistere come fatto di aggregazione intraecclesiale e nel suo operare come componente concreta di quella comunità cristiana nella quale il mistero della « comunione » si incarna e si manifesta.

b) Il riconoscimento assicura però i fedeli circa il valore spirituale, la significatività ecclesiale, la capacità di incidenza e quindi l'utilità pastorale di quel determinato gruppo, movimento o associazione.

Anzi, esso contiene una implicita « raccomandazione » di tale realtà associativa fatta alla generalità dei fedeli:35 l'adesione a quel gruppo, movimento o associazione rappresenta una strada sicura e un valido aiuto per chi vuole impegnarsi in una forma di vita e di attività ecclesiale organizzata, perché vi troverà il modo di formare meglio se stesso, sviluppando anche le proprie legittime inclinazioni e preferenze spirituali e apostoliche, e nello stesso tempo di collaborare efficacemente, per l'ambito cui l'associazione si riferisce, alla azione evangelizzatrice della Chiesa.

In questo senso il riconoscimento, rappresenta una particolare forma di promozione del laicato da parte della Gerarchia36 e una specifica modalità di inserimento delle realtà « riconosciute » nell'attività di tutta la Chiesa37

c) Infine, garantendo da parte delle associazioni uno stabile raccordo con le scelte e i piani pastorali dei Vescovi, il riconoscimento offre anche alla Gerarchia un prezioso affidamento ai fini di una organica programmazione pastorale, che in tal modo si arricchisce della possibilità di assicurare presenze organizzate e articolate nelle complesse situazioni umane, culturali e sociali che caratterizzano la società contemporanea.38

Problemi particolari

23. - A questo punto, si rendono necessarie alcune chiarificazioni, in risposta a problemi concreti che facilmente potrebbero sorgere in una materia oggettivamente complessa e, delicata.

È da premettere che il riconoscimento non si esprime in forme e con intensità sempre identiche.

Esso può configurarsi diversamente « secondo le diverse forme e i diversi oggetti dell'apostolato stesso ».39

a) Quanto alla diversità di oggetto, è chiaro che altro è il riconoscimento di un'associazione a finalità spirituale-religiosa-pastorale, e altro quello di una associazione che si propone scopi di animazione cristiana del temporale.

Non sono invece formalmente « riconoscibili » le associazioni di ispirazione cristiana che operano nel temporale, perché l'autorità ecclesiastica non intende assumere nei loro confronti alcuna diretta responsabilità.

Questa differenza nel modo e nell'intensità del riconoscimento può esprimersi secondo diversi indici; ma il principale resta normalmente quello del « titolo » e della « funzione » che vengono attribuiti alla presenza e all'opera del sacerdote « mandato » dal Vescovo all'associazione.40

b) Quanto alla diversità di forme, è da ricordare che nelle aggregazioni di cui si parla si esprime liberamente il diritto di associazione che è proprio dei fedeli, e che quindi la determinazione delle modalità specifiche secondo le quali si intendono perseguire le finalità dell'associazione dipende ultimamente dai soggetti promotori e può portare a configurazioni diverse.

Nel valutare queste diverse forme, l'autorità ecclesiastica è a sua volta libera di apprezzarne la conformità maggiore o minore alle urgenze pastorali e alle proprie linee programmatiche generali e specifiche, e di modulare quindi diversamente l'intensità e la forma del riconoscimento che ritiene opportuno di concedere.

24. - Il riconoscimento di un'associazione si deve esprimere in un atto di approvazione formale e specifica.

Tale atto è di competenza del Vescovo quando l'associazione che chiede il riconoscimento ha rilievo esclusivamente diocesano.

Con esso il Vescovo impegna in modo qualificato la propria prudenza pastorale, in sintonia col bene generale della Chiesa; il riconoscimento dovrà perciò derivare da una ponderata valutazione e fondarsi su oggettive e assodate motivazioni.

Il riconoscimento dato da un Vescovo produce però effetto soltanto nella sua Chiesa particolare e non impegna di per sé gli altri Vescovi, anche se, ovviamente, la decisione presa dal primo non può non rappresentare un indizio di valore e un motivo di attenta considerazione anche per gli altri.

Quando una associazione è presente, di fatto, in più diocesi, è opportuno ricercare una valutazione comune tra i Vescovi interessati, al fine di evitare atteggiamenti divergenti.

Il riconoscimento, inoltre, comporta una valutazione complessiva della associazione che, se è primariamente di merito, presenta anche aspetti di opportunità pastorale.

Nessun Vescovo perciò può essere obbligato a riconoscere un'associazione, anche se questa si presenta con finalità e caratteristiche che sono di per sé apprezzabili o anche altamente positive.

Non tutto ciò che è buono è anche opportuno; e in ogni modo c'è un ordine pure nella carità.

Il giudice ultimo del riconoscimento di un'associazione in una determinata diocesi resta il Vescovo, che è il pastore di quella Chiesa e il sapiente moderatore dei doni e delle funzioni in vista della utilità comune.41

Quando invece un'associazione ha rilevanza nazionale, la concessione del riconoscimento spetta alla Conferenza Episcopale Italiana, secondo le sue norme statutarie.

In questo caso il riconoscimento vale per tutta la Chiesa italiana.

Resta tuttavia salvo il diritto di ogni Vescovo di dare, di rinviare o di negare il proprio assenso alla presenza e alla attività di quella determinata associazione nella propria diocesi, in base alle ragioni di opportunità pastorale già richiamate; tali ragioni nondimeno devono essere in questo caso particolarmente ponderate, dal momento che il riconoscimento nazionale comporta un apprezzamento positivo dell'associazione che è di non lieve entità.

III. - Associazioni « scelte e promosse » dall'autorità ecclesiastica

25. - Una terza categoria di forme associative è quella comprendente le associazioni, movimenti, gruppi, ecc., che vengono « scelti in modo particolare » dall'autorità ecclesiastica per essere « più strettamente unite al suo ufficio apostolico », e per le quali l'autorità stessa « assume una particolare responsabilità ».42

Di fatto, in Italia, questo tipo di realtà associativa si è attuato e si attua nella Azione Cattolica Italiana, che presenta, congiunte insieme, tutte le quattro note precisate dal Concilio Vaticano II43

Di conseguenza, l'A.C.I. si caratterizza per lo speciale rapporto con i Vescovi e la loro Conferenza Episcopale, che ne hanno ripetutamente affermata la singolare validità, sostenendone ed accompagnandone l'impegno.

In merito si rimanda, oltre che ad AA 20,

ai discorsi di Paolo VI alla II Assemblea Nazionale dell'A.C.I., del 22.9.1973, e

alla III Assemblea Nazionale dell'A.C.I., del 25.4.1977;

al discorso di Giovanni Paolo II alla IV Assemblea Nazionale dell'A.C.I., del 27.9.1980;

alla lettera del Consiglio Permanente della C.E.I. al Presidente dell'A.C.I., del 2.2.1976, e

al documento della C.E.I., Evangelizzazione e ministeri, nn. 78-82, del 15.8.1977.44

Il prezioso patrimonio ecclesiale, storico e culturale dell' A.C.I. e le motivazioni ecclesiali che ispirano questa « particolare forma di ministerialità laicale » ( Paolo VI, 25.4.1977 ), giustificano la speciale sollecitudine che l'Episcopato Italiano dedica a questa Associazione.

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15 Cfr. AA 18b
16 Sarebbe molto utile stabilire per questa prima categoria di associazioni una denominazione chiara e uniforme.
Tutto sommato, sembra proprio da preferire l'espressione « associazioni libere » o « non riconosciute ».
Si ritiene infatti meno opportuna la dizione « associazioni ecclesiali », perché sembra dar per scontata la « ecclesialità », che invece resta da verificare in concreto in base ai criteri indicati, e perché non distingue questa prima categoria di associazioni da quelle « riconosciute », che sono pure « ecclesiali ».
Anche la dizione « implicitamente riconosciute » ( in correlazione con quelle che sono invece « esplicitamente riconosciute » ) non soddisfa, perché sembra dar per avvenuto in esse il riconoscimento dei criteri di ecclesialità, che invece resta, in concreto, da verificare, e perché introduce una certa ambiguità nel concetto di « riconoscimento »
17 Cfr. AA 24d
18 Cfr. AA 24e
19 AA 24c
20 AA 19
21 AA 19d
23 AA 23a
24 AA 24a
25 AA 24a
26 Cfr. AA 23a;
cfr. anche AA 26a;
e Giovanni Paolo II, Discorso al Consiglio Permanente della C.E.I., 23 gennaio 1979, n. 3,
e Discorso alla XVII Assemblea Generale della C.E.I. del 29 maggio 1980, n. 8
27 AA 24a
30 Cfr. AA 19d
31 Cfr. AA 24d
32 Cfr. AA 24b
33 Cfr. AA 26a-b
34 Cfr. AA 25b
35 Cfr. AA 21
36 Cfr. AA 24a; 25a
37 Cfr. AA 23a
38 A questo proposito è da rilevare che soprattutto nelle associazioni riconosciute sarà facile rintracciare la presenza di veri e propri « ministeri », almeno in capo ai responsabili, secondo l'autorevole indicazione dell'Esort. Apost. Evangelii Nuziandi, la quale recensisce tra i « ministeri, nuovi in apparenza, ma molto legati ad esperienze vissute dalla Chiesa nel corso della sua esistenza » quello « dei responsabili di movimenti apostolici », ( cfr. n. 73; v. anche, con più ampio sviluppo, il documento della C.E.I., Evangelizzazione e ministeri del 15 agosto 1977, ai nn. 78-82 ).
Ciò perché nelle associazioni rlconosciute sono più chiaramente e organicamente assicurati i quattro elementi costitutivi della « ministerialità non ordinata »: soprannaturalità di origine, ecclesialità di fine e di contenuto, stabilità di prestazione, pubblicità di riconoscimento ( cfr. Evangelizzazione e ministeri, cit., nn. 67-69 )
39 Cfr. AA 24
40 La prassi attuale, ad esempio, a livello) di associazioni nazionali conosce le diverse figure del sacerdote « consigliere », ,« consulente » e « assistente ».
Questa distinzione segnala indubbiamente una diversa intensità di collegamento tra l'autorità ecclesiastica e l'associazione ( minima nel caso del « consigliere », massima nel caso dell'« assistente » ) e al tempo stesso corrisponde al diverso oggetto e alle diverse forme che le associazioni presentano; tuttavia non offre connotati così definiti e stabili da poter essere assunta, almeno per ora, come criterio formale e ufficiale di qualificazione della specifica posizione ecclesiale delle diverse associazioni riconosciute
41 Cfr. AA 19d
42 Cfr. AA 24c
43 Cfr. AA 20
44 Per facilitare la lettura, si riportano almeno alcuni numeri ( 79-81 ) del documento « C.E.I., Evangelizzazione e ministeri »: Tra questi ministeri … crediamo di dover segnalare l'Azione Cattolica, già dal Concilio vista come una forma ministeriale.
Il nostro Papa, poi, in più di un'occasione, ha voluto ribadire l'idea, rilevando che l'Azione Cattolica, « in quanto collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico della Chiesa, ha un posto non storicamente contingente, ma teologicamente motivato nella struttura ecclesiale … », perché « chiamatà a realizzare una singolare forma di ministerialità laicale, volta alla plantatio Ecclesiae e allo sviluppo della comunità cristiana in stretta unione con i ministeri ordinati »
Noi sentiamo e vediamo l'Azione Cattolica - con il Concilio - nella scia « di quegli uomini e donne che aiutavano l'apostolo Paolo nella evangelizzazione, faticando molto per il Signore ».
Così nelle lettere di San Paolo: « Esorto Evodia ed esorto anche Sintiche ad andare d'accordo nel Signore.
E prego te pure, mio fedele collaboratore, di aiutarle, perché hanno combattuto per il Vangelo insieme con me, con Clemente e con gli altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita ».
« Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù … salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa …
Salutate Maria, che ha faticato molto per voi …
Salutate Andronico e Giunia … sono degli apostoli insigni … ».
Questa qualifica di « singolare forma di ministerialità laicale » giunge a definire l'Azione Cattolica dopo decenni di studi e di benefica presenza apostolica, che hanno non poco contribuito a sviluppare la teologia del laicato e le forme molteplici della sua partecipazione alla missione della Chiesa.
È tempo, perciò, che sacerdoti e laici armonizzino le loro vedute circa l'Azione Cattolica a queste prospettive, del resto già decisamente presenti nella dottrina del Concilio.
Notevole impulso verrà all'impegno apostolico nella misura in cui saranno superati pregiudizi e disattenzioni e saranno accolte queste indicazioni che il servizio ecclesiale e la voce dello Spirito suggeriscono.
Come, d'altra parte, una più efficace adesione a queste prospettive gioverà alla stessa Azione Cattolica per realizzare il ministero che la qualifica al servizio della Chiesa, secondo le condizioni indicate dalla Evangelii nuntiandi