Compendio Dottrina sociale della Chiesa

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Gesù e l'autorità politica

379 Gesù rifiuta il potere oppressivo e dispotico dei capi sulle Nazioni ( Mc 10,42 ) e la loro pretesa di farsi chiamare benefattori ( Lc 22,25 ), ma non contesta mai direttamente le autorità del Suo tempo.

Nella diatriba sul tributo da dare a Cesare ( Mc 12,13-17; Mt 22,15-22; Lc 20,20-26 ), Egli afferma che occorre dare a Dio quello che è di Dio, condannando implicitamente ogni tentativo di divinizzazione e di assolutizzazione del potere temporale: solo Dio può esigere tutto dall'uomo.

Nello stesso tempo, il potere temporale ha diritto a ciò che gli è dovuto: Gesù non considera ingiusto il tributo a Cesare.

Gesù, il Messia promesso, ha combattuto e sconfitto la tentazione di un messianismo politico, caratterizzato dal dominio sulle Nazioni ( Mt 4,8-11; Lc 4,5-8 ).

Egli è il Figlio dell'uomo venuto « per servire e dare la propria vita » ( Mc 10,45; Mt 20,24-28; Lc 22,24-27 ).

Ai Suoi discepoli che discutono su chi sia il più grande, il Signore insegna a farsi ultimi e a servire tutti ( Mc 9,33-35 ), indicando ai figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, che ambiscono a sedersi alla Sua destra, il cammino della croce ( Mc 10,35-40; Mt 20,20-23 ).

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