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Costituzione Apostolica circa la vacanza della Sede Apostolica e l'elezione del Romano Pontefice 22 febbraio 1996

Pastore dell'intero gregge del Signore è il Vescovo della Chiesa di Roma, nella quale il Beato Apostolo Pietro, per sovrana disposizione della Provvidenza divina, rese a Cristo col martirio la suprema testimonianza del sangue.

È pertanto ben comprensibile che la legittima successione apostolica in questa Sede, con la quale " a causa dell'alta preminenza deve trovarsi in accordo ogni Chiesa ",1 sia stata sempre oggetto di speciali attenzioni.

Proprio per questo i Sommi Pontefici, nel corso dei secoli, hanno considerato loro preciso dovere, non meno che specifico diritto, quello di regolare con opportune norme l'ordinata elezione del Successore.

Così, ancora in tempi a noi vicini, i miei predecessori san Pio X,2 Pio XI,3 Pio XII,4 Giovanni XXIII5 e da ultimo Paolo VI,6 ciascuno nell'intento di rispondere alle esigenze del particolare momento storico, provvidero ad emanare in proposito sagge e appropriate regole, per guidare l'idonea preparazione e l'ordinato svolgimento del consesso degli elettori a cui, per la vacanza della Sede Apostolica, è demandato l'importante ed arduo ufficio di eleggere il Romano Pontefice.

Se oggi mi accingo ad affrontare a mia volta questa materia, non è certamente per poca considerazione di quelle norme, che anzi profondamente apprezzo e in gran parte intendo confermare, almeno quanto alla sostanza ed ai principi di fondo che le hanno ispirate.

Ciò che mi muove a questo passo è la consapevolezza della mutata situazione nella quale sta vivendo oggi la Chiesa e la necessità, inoltre, di tener presente la revisione generale della legge canonica, felicemente attuata col plauso di tutto l'Episcopato mediante la pubblicazione e promulgazione dapprima del Codice di Diritto Canonico e poi del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

A tale revisione, ispirata dal Concilio Ecumenico Vaticano II, è stata successivamente mia premura adeguare la riforma della Curia Romana con la Costituzione apostolica Pastor Bonus.7

Del resto, proprio quanto disposto dal canone 335 del Codice di Diritto Canonico, e riproposto nel canone 47 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, lascia intendere il dovere di emanare e di costantemente aggiornare leggi specifiche, che regolino la provvista canonica della Sede Romana, per qualsiasi motivo vacante.

Nella formulazione della nuova disciplina, pur tenendo conto delle esigenze del nostro tempo, mi sono preoccupato di non deflettere nella sostanza dalla linea della saggia e veneranda tradizione finora invalsa.

Indiscusso, in verità, appare il principio per cui ai Romani Pontefici compete di definire, adattandolo ai cambiamenti dei tempi, il modo in cui deve avvenire la designazione della persona chiamata ad assumere la successione di Pietro nella Sede Romana.

Ciò riguarda, in primo luogo, l'organismo a cui è demandato l'ufficio di provvedere alla elezione del Romano Pontefice: per prassi millenaria, sancita da precise norme canoniche, confermate anche in una esplicita disposizione del vigente Codice di Diritto Canonico ( can. 349 ), esso è costituito dal Collegio dei Cardinali di Santa Romana Chiesa.

Se, invero, è dottrina di fede che la potestà del Sommo Pontefice deriva direttamente da Cristo, di Cui egli è Vicario in terra,8 è pure fuori dubbio che tale supremo potere nella Chiesa gli viene attribuito " con l'elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale ".9

Gravissimo è, pertanto, l'ufficio che incombe sull'organismo a tale elezione deputato.

Ben precise e chiare dovranno essere, di conseguenza, le norme che ne regolano l'azione, affinché l'elezione stessa avvenga nel modo più degno e consono all'ufficio di estrema responsabilità che l'eletto per divina investitura dovrà col suo assenso assumere.

Confermando, pertanto, la norma del vigente Codice di Diritto Canonico ( can. 349 ), nella quale si rispecchia l'ormai millenaria prassi della Chiesa, ribadisco ancora una volta che il Collegio degli elettori del Sommo Pontefice è costituito unicamente dai Padri Cardinali di Santa Romana Chiesa.

In loro s'esprimono, quasi in mirabile sintesi, i due aspetti che caratterizzano la figura e l'ufficio del Romano Pontefice: Romano, perché identificato nella persona del Vescovo della Chiesa che è in Roma e, quindi, in rapporto stretto con il Clero di questa Città, rappresentato dai Cardinali dei titoli presbiterali e diaconali di Roma, e con i Cardinali Vescovi delle Sedi suburbicarie; Pontefice della Chiesa universale, perché chiamato a fare visibilmente le veci dell'invisibile Pastore che guida l'intero gregge ai pascoli della vita eterna.

L'universalità della Chiesa è, peraltro, ben raffigurata nella composizione stessa del Collegio Cardinalizio, che raccoglie Porporati di ogni continente.

Nelle attuali contingenze storiche la dimensione universale della Chiesa sembra sufficientemente espressa dal Collegio dei centoventi Cardinali elettori, composto da Porporati provenienti da tutte le parti della terra e dalle più varie culture.

Confermo pertanto come massimo questo numero di Cardinali elettori, precisando al tempo stesso che non vuol essere affatto segno di minore considerazione il mantenimento della norma stabilita dal mio predecessore Paolo VI, secondo la quale alla elezione non partecipano coloro che hanno già compiuto, il giorno in cui inizia la vacanza della Sede Apostolica, gli ottant'anni di vita.10

La ragione di tale disposizione infatti è da cercare nella volontà di non aggiungere al peso di così veneranda età l'ulteriore gravame costituito dalla responsabilità della scelta di colui che dovrà guidare il gregge di Cristo in modo adeguato alle esigenze dei tempi.

Ciò, tuttavia, non impedisce che i Padri Cardinali ultraottantenni abbiano parte alle riunioni preparatorie del Conclave, secondo quanto più sotto disposto.

Da loro poi in particolare s'attende che, in tempo di Sede Vacante, e soprattutto durante lo svolgimento dell'elezione del Sommo Pontefice, facendosi quasi guide del Popolo di Dio radunato nelle Basiliche Patriarcali dell'Urbe, come pure in altre chiese delle Diocesi sparse nel mondo intero, coadiuvino con intense preghiere e suppliche al divino Spirito il compito degli elettori, implorando per essi la luce necessaria per fare la loro scelta avendo solamente Dio davanti agli occhi, e mirando unicamente alla " salvezza delle anime che deve sempre essere nella Chiesa la legge suprema ".11

Particolare attenzione ho voluto prestare alla antichissima istituzione del Conclave: normativa e prassi, al riguardo, sono consacrate e definite anche in solenni disposizioni di non pochi miei Predecessori.

Un'attenta disamina storica conferma non soltanto l'opportunità contingente di tale istituto, a motivo delle circostanze in cui è sorto ed è stato via via normativamente definito, ma altresì la sua costante utilità per l'ordinato, sollecito e regolare svolgimento delle operazioni dell'elezione medesima, particolarmente in momenti di tensione e di turbamento.

Proprio per questo, pur consapevole della valutazione di teologi e canonisti di ogni tempo, i quali concordemente ritengono tale istituto non necessario per sua natura alla valida elezione del Romano Pontefice, ne confermo con questa Costituzione la permanenza nella sua struttura essenziale, apportandovi tuttavia alcune modifiche, così da adeguarne la disciplina alle esigenze odierne.

In particolare, ho ritenuto opportuno disporre che, durante tutto il tempo di durata della elezione, le abitazioni dei Cardinali elettori e di quanti sono chiamati a collaborare al regolare svolgimento della elezione stessa siano collocate in ambienti convenienti dello Stato della Città del Vaticano.

Anche se piccolo, lo Stato è sufficiente per assicurare entro la cinta delle sue mura, grazie anche agli opportuni accorgimenti più sotto indicati, quell'isolamento e conseguente raccoglimento che un atto così vitale per la Chiesa intera esige negli elettori.

Al tempo stesso, considerata la sacralità dell'atto e perciò la convenienza che esso si svolga in una sede confacente, nella quale, da una parte, le azioni liturgiche ben si compongano con le formalità giuridiche e, dall'altra, agli elettori sia reso più facile preparare l'animo ad accogliere le interiori mozioni dello Spirito Santo, dispongo che l'elezione continui a svolgersi nella Cappella Sistina, ove tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato.

Confermo, inoltre, con la mia autorità apostolica il dovere del più rigoroso segreto riguardo a tutto ciò che concerne direttamente o indirettamente le operazioni stesse dell'elezione; anche in questo, tuttavia, ho voluto semplificare e ridurre all'essenziale le relative norme, così da evitare perplessità e dubbi, e forse anche successivi problemi di coscienza in chi ha preso parte all'elezione.

Infine, ho ritenuto di dover rivedere la forma stessa dell'elezione, tenendo anche qui conto delle attuali esigenze ecclesiali e degli orientamenti della cultura moderna.

Così mi è sembrato opportuno non conservare l'elezione per acclamazione quasi ex inspiratione, giudicandola ormai inadatta ad interpretare il pensiero di un collegio elettivo così esteso per numero e tanto diversificato per provenienza.

Ugualmente è parso necessario lasciar cadere l'elezione per compromissum, non solo perché di difficile attuazione, come è dimostrato dalla congerie quasi inestricabile di norme emanate in proposito nel passato, ma anche perché di natura tale da comportare una certa deresponsabilizzazione degli elettori i quali, in tale ipotesi, non sarebbero chiamati ad esprimere personalmente il proprio voto.

Dopo matura riflessione sono giunto, quindi, nella determinazione di stabilire che l'unica forma in cui gli elettori possono manifestare il loro voto per l'elezione del Romano Pontefice sia quella dello scrutinio segreto, attuato secondo le norme più sotto indicate.

Tale forma, infatti, offre le maggiori garanzie di chiarezza, linearità, semplicità, trasparenza e, soprattutto, di effettiva e costruttiva partecipazione di tutti e singoli i Padri Cardinali, chiamati a costituire l'assemblea elettiva del Successore di Pietro.

Con questi intendimenti promulgo la presente Costituzione apostolica, nella quale sono contenute le norme a cui, quando si verifichi la vacanza della Sede Romana, debbono rigorosamente attenersi i Cardinali che hanno il diritto-dovere di eleggere il Successore di Pietro, Capo visibile di tutta la Chiesa e Servo dei servi di Dio.

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1 S. Ireneo, Adv. haeres. III, 3, 2: SCh 211, 33
2 Cost. ap. Vacante Sede Apostolica (25 dicembre 1904): Pio X Pontificis Maximi Acta III (1908), 239-288
3 Motu proprio Cum proxime ( 1 marzo 1922 ): AAS 14 (1922), 145-146;
Cost. ap. Quae divinitus ( 25 marzo 1935 ): AAS 27 (1935), 97-113
4 Cost. ap. Vacantis Apostolicae Sedis ( 8 dicembre 1945 ): AAS 38 (1946), 65-99
5 Motu proprio Summi Pontificis electio ( 5 settembre 1962 ): AAS 54 (1962), 632-640
6 Cost. ap. Regimini Ecclesiae universae ( 15 agosto 1967 ): AAS 59 (1967), 885-928;
Motu proprio Ingravescentem aetatem ( 21 novembre 1970 ): AAS 62 (1970), 810-813;
Paolo VI, Romano Pontifici eligendo
7 Giovanni Paolo II, Pastor Bonus
8 Conc. Ecum. Vat. I, Cost. dogm. sulla Chiesa di Cristo Pastor aeternus, III;
Lumen Gentium 18
9 Cod. Diritto Can. can. 332 § 1;
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 44 § 1
10 Motu proprio Ingravescentem aetatem ( 21 novembre 1970 ), II, 2: AAS 62 (1970), 811;
Paolo VI, Romano Pontifici eligendo 33
11 Cod. Diritto Can. can. 1752