Ecclesiam suam

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Anche nel silenzio un vigile amore

107 È per questo che il dialogo tace.

La Chiesa del silenzio, ad esempio, tace, parlando solo con la sua sofferenza, e le fa compagnia quella d'una società compressa e avvilita, dove i diritti dello spirito sono soverchiati da quelli di chi dispone delle sue sorti.

E quando il nostro discorso si aprisse in tale stato di cose, come potrebbe offrire il dialogo, mentre non dovrebbe essere che quello d'una voce che grida nel deserto? ( Mc 1,3 )

Silenzio, grido, pazienza, e sempre amore diventano in tal caso la testimonianza che ancora la Chiesa può dare e che nemmeno la morte può soffocare.

108 Ma se ferma e franca dev'essere l'affermazione e la difesa della religione e dei valori umani ch'essa proclama e sostiene, non è senza pastorale riflessione che noi cerchiamo di cogliere nell'intimo spirito dell'ateo moderno i motivi del suo turbamento e della sua negazione.

Li vediamo complessi e molteplici, così da renderci cauti nel giudicarli e più efficaci nel confutarli;

li vediamo nascere talora dall'esigenza d'una presentazione del mondo divino più alta e più pura, che non quella forse invalsa in certe forme imperfette di linguaggio e di culto, forme che dovremmo studiarci di rendere quanto più possibile pure e trasparenti per meglio esprimere quel sacro di cui sono segno.

Li vediamo invasi dall'ansia, pervasa da passionalità e da utopia, ma spesso altresì generosa, d'un sogno di giustizia e di progresso, verso finalità sociali divinizzate, surrogati dell'Assoluto e del Necessario, che denunciano il bisogno insopprimibile del Principio e del Fine divino, di cui toccherà al nostro paziente e sapiente magistero svelare la trascendenza e l'immanenza.

Li vediamo valersi, talora con ingenuo entusiasmo, d'un ricorso rigoroso alla razionalità umana nell'intento di dare una concezione scientifica dell'universo; ricorso tanto meno discutibile, quanto più fondato sulle vie logiche del pensiero non dissimili spesso da quelle della nostra classica scuola, e trascinato, contro la volontà di quelli stessi che pensano trovarvi un'arma inespugnabile per il loro ateismo, per la sua intrinseca validità, trascinato - diciamo - a procedere verso una nuova e finale affermazione sia metafisica, che logica del sommo Iddio: non sarà tra noi chi possa aiutare questo obbligato processo del pensiero, che l'ateo-politico scienziato arresta volutamente ad un dato punto spegnendo la luce suprema della comprensibilità dell'universo, a sfociare in quella concezione della realtà oggettiva dell'universo cosmico, che rimette nello spirito il senso della Presenza divina, e sulle labbra le umili e balbettanti sillabe d'una felice preghiera?

Li vediamo anche talvolta mossi da nobili sentimenti, sdegnosi della mediocrità e dell'egoismo di tanti ambienti sociali contemporanei, e abili ad usurpare al nostro Vangelo forme e linguaggio di solidarietà e di compassione umana: non saremo un giorno capaci di ricondurre alle sorgenti, che pur sono cristiane, tali espressioni di valori morali?

109 Ricordando perciò quanto scrisse il Nostro Predecessore di venerata memoria, papa Giovanni XXIII, nell'enciclica Pacem in terris, e cioè che le dottrine di tali movimenti, una volta elaborate e definite, rimangono sempre le stesse, ma che i movimenti stessi non possano non evolversi e non andare soggetti a mutamenti anche profondi,64

Noi non disperiamo che essi possano aprire un giorno con la Chiesa altro positivo colloquio, che non quello presente della Nostra deplorazione e del Nostro obbligato lamento.

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64 Giovanni XXIII, Pacem in terris 84