Dominum et vivificantem

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Il donarsi salvifico di Dio nello Spirito Santo

11 Il discorso di addio di Cristo durante la Cena pasquale è in particolare riferimento a questo « donare » e « donarsi » dello Spirito Santo.

Nel Vangelo di Giovanni si svela quasi la « logica » più profonda del mistero salvifico contenuto nell'eterno disegno di Dio, come espansione dell'ineffabile comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

È la « logica » divina, che dal mistero della Trinità porta al mistero della redenzione del mondo in Gesù Cristo.

La redenzione compiuta dal Figlio nelle dimensioni della storia terrena dell'uomo - compiuta nella sua « dipartita » per mezzo della Croce e della Risurrezione - viene, al tempo stesso, nella sua intera potenza salvifica, trasmessa allo Spirito Santo colui che « prenderà del mio ». ( Gv 16,14 )

Le parole del testo giovanneo indicano che, secondo il disegno divino, la « dipartita » di Cristo è condizione indispensabile dell'« invio » e della venuta dello Spirito Santo, ma dicono anche che allora comincia la nuova comunicazione salvifica di Dio nello Spirito Santo.

12 È un nuovo inizio in rapporto al primo, originario inizio del donarsi salvifico di Dio, che si identifica con lo stesso mistero della creazione.

Ecco che cosa leggiamo già nelle prime parole del Libro della Genesi: « In principio Dio creò il cielo e la terra…, e lo spirito di Dio ( ruah Elohim ) aleggiava sulle acque ». ( Gen 1,1s )

Questo concetto biblico di creazione comporta non solo la chiamata all'esistenza dell'essere stesso del cosmo, cioè il donare l'esistenza, ma anche la presenza dello Spirito di Dio nella creazione, cioè l'inizio del comunicarsi salvifico di Dio alle cose che crea.

Il che vale prima di tutto per l'uomo il quale è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio: « Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza ». ( Gen 1,26 )

« Facciamo »: si può ritenere che il plurale, che il Creatore qui usa parlando di sé, suggerisca già in qualche modo il mistero trinitario, la presenza della Trinità nell'opera della creazione dell'uomo?

Il lettore cristiano che conosce già la rivelazione di questo mistero, può scoprirne il riflesso anche in quelle parole.

In ogni caso, il contesto del Libro della Genesi ci permette di vedere nella creazione dell'uomo il primo inizio del donarsi salvifico di Dio a misura dell'« immagine e somiglianza » di sé, da Lui concessa all'uomo.

13 Sembra, dunque che anche le parole pronunciate da Gesù nel discorso di addio debbano essere rilette in riferimento a quell'« inizio » così lontano, ma fondamentale, che conosciamo dalla Genesi « Se non me ne vado non verrà a voi il consolatore; ma, quando me ne sarò andato, ve lo manderò ».

Descrivendo la sua « dipartita » come condizione della « venuta » del consolatore, Cristo collega il nuovo inizio della comunicazione salvifica di Dio nello Spirito Santo al mistero della redenzione.

Questo è un nuovo inizio, prima di tutto perché tra il primo inizio e tutta la storia dell'uomo - cominciando dalla caduta originale - si è frapposto il peccato, che è contraddizione alla presenza dello Spirito di Dio nella creazione ed è, soprattutto, contraddizione alla comunicazione salifica di Dio all'uomo.

Scrive san Paolo che, proprio a causa del peccato, « la creazione… è stata sottomessa alla caducità…, geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto » e « attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio ». ( Rm 8,19-22 )

14 Perciò, Gesù Cristo dice nel Cenacolo: « È bene per voi che io me ne vada ».

« Quando me ne sarò andato, ve lo manderò ». ( Gv 16,7 )

La « dipartita » di Cristo mediante la Croce ha la potenza della redenzione - e ciò significa anche una nuova presenza dello Spirito di Dio nella creazione: il nuovo inizio del comunicarsi di Dio all'uomo nello Spirito Santo.

« E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, che grida: Abbà, Padre! »: scrive l'apostolo Paolo nella Lettera ai Galati. ( Gal 4,6; Rm 8,15 )

Lo Spirito Santo è lo Spirito del Padre, come testimoniano le parole del discorso di addio nel Cenacolo.

Egli è, al tempo stesso, lo Spirito del Figlio: è lo Spirito di Gesù Cristo, come testimonieranno gli apostoli e, in particolare, Paolo di Tarso. ( Gal 4,6; Fil 1,19; Rm 8,11 )

Nell'invio di questo Spirito « nei nostri cuori » inizia a compiersi ciò che « la creazione stessa attende con impazienza », come leggiamo nella Lettera ai Romani.

Lo Spirito Santo viene a prezzo della « dipartita » di Cristo.

Se tale « dipartita » ha causato la tristezza degli apostoli, ( Gv 16,6 ) e questa doveva raggiungere il suo culmine nella passione e nella morte del Venerdì Santo, a sua volta « questa afflizione si cambierà in gioia ». ( Gv 16,20 )

Cristo, infatti, inserirà nella sua « dipartita » redentrice la gloria della risurrezione e dell'ascensione al Padre.

Pertanto, la tristezza, attraverso la quale traspare la gioia, è la parte che tocca agli apostoli nel quadro della « dipartita » del loro Maestro, una dipartita « benefica », perché grazie ad essa un altro « consolatore » sarebbe venuto. ( Gv 16,7 )

A prezzo della Croce, operatrice della redenzione, nella potenza di tutto il mistero pasquale di Gesù Cristo, lo Spirito Santo viene per rimanere sin dal giorno della Pentecoste con gli apostoli, per rimanere con la Chiesa e nella Chiesa e, mediante essa, nel mondo.

In questo modo si realizza definitivamente quel nuovo inizio della comunicazione del Dio uno e trino nello Spirito Santo per opera di Gesù Cristo, Redentore dell'uomo e del mondo.

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