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I media, crocevia delle grandi questioni sociali

10 La Chiesa, che in forza del messaggio di salvezza affidatole dal suo Signore è anche maestra di umanità, avverte il dovere di offrire il proprio contributo per una migliore comprensione delle prospettive e delle responsabilità connesse con gli attuali sviluppi delle comunicazioni sociali.

Proprio perché influiscono sulla coscienza dei singoli, ne formano la mentalità e ne determinano la visione delle cose, occorre ribadire in modo forte e chiaro che gli strumenti della comunicazione sociale costituiscono un patrimonio da tutelare e promuovere.

È necessario che anche le comunicazioni sociali entrino in un quadro di diritti e doveri organicamente strutturati, dal punto di vista sia della formazione e della responsabilità etica che del riferimento alle leggi ed alle competenze istituzionali.

Il positivo sviluppo dei media a servizio del bene comune è una responsabilità di tutti e di ciascuno.12

Per i forti legami che i media hanno con l'economia, la politica e la cultura, è necessario un sistema di gestione che sia in grado di salvaguardare la centralità e la dignità della persona, il primato della famiglia, cellula fondamentale della società, ed il corretto rapporto tra i diversi soggetti.

11 S'impongono alcune scelte riconducibili a tre fondamentali opzioni: formazione, partecipazione, dialogo.

In primo luogo occorre una vasta opera formativa per far sì che i media siano conosciuti e usati in modo consapevole e appropriato.

I nuovi linguaggi da loro introdotti modificano i processi di apprendimento e la qualità delle relazioni umane, per cui senza un'adeguata formazione si corre il rischio che essi, anziché essere al servizio delle persone, giungano a strumentalizzarle e condizionarle pesantemente.

Questo vale, in modo speciale, per i giovani che manifestano una naturale propensione alle innovazioni tecnologiche, ed anche per questo hanno ancor più bisogno di essere educati all'utilizzo responsabile e critico dei media.

In secondo luogo, vorrei richiamare l'attenzione sull'accesso ai media e sulla partecipazione corresponsabile alla loro gestione.

Se le comunicazioni sociali sono un bene destinato all'intera umanità, vanno trovate forme sempre aggiornate per rendere possibile un'ampia partecipazione alla loro gestione, anche attraverso opportuni provvedimenti legislativi.

Occorre far crescere la cultura della corresponsabilità.

Da ultimo, non vanno dimenticate le grandi potenzialità che i media hanno nel favorire il dialogo, divenendo veicoli di reciproca conoscenza, di solidarietà e di pace.

Essi costituiscono una risorsa positiva potente, se messi a servizio della comprensione tra i popoli; un'«arma» distruttiva, se usati per alimentare ingiustizie e conflitti.

In maniera profetica il mio venerato predecessore, il Beato Giovanni XXIII, nell'Enciclica Pacem in terris, aveva già messo in guardia l'umanità da tali potenziali rischi.13

12 Grande interesse desta la riflessione sul ruolo «dell'opinione pubblica nella Chiesa» e «della Chiesa nell'opinione pubblica».

Incontrando gli editori dei periodici cattolici, il mio venerato predecessore Pio XII ebbe a dire che qualcosa mancherebbe nella vita della Chiesa se non vi fosse l'opinione pubblica.

Questo stesso concetto è stato ribadito in altre circostanze,14 e nel Codice di Diritto Canonico è riconosciuto, a determinate condizioni, il diritto all'espressione della propria opinione.15

Se è vero che le verità di fede non sono aperte ad interpretazioni arbitrarie e il rispetto per i diritti degli altri crea limiti intrinseci all'espressione delle proprie valutazioni, non è meno vero che in altri campi esiste tra i cattolici uno spazio per lo scambio di opinioni, in un dialogo rispettoso della giustizia e della prudenza.

Sia la comunicazione all'interno della comunità ecclesiale che quella della Chiesa con il mondo richiedono trasparenza e un modo nuovo di affrontare le questioni connesse con l'universo dei media.

Tale comunicazione deve tendere a un dialogo costruttivo per promuovere nella comunità cristiana un'opinione pubblica rettamente informata e capace di discernimento.

La Chiesa ha la necessità e il diritto di far conoscere le proprie attività, come altre istituzioni e gruppi, ma al tempo stesso, quando necessario, deve potersi garantire un'adeguata riservatezza, senza che ciò pregiudichi una comunicazione puntuale e sufficiente sui fatti ecclesiali.

È questo uno dei campi dove maggiormente è richiesta la collaborazione tra fedeli laici e Pastori, giacché, come opportunamente sottolinea il Concilio, «da questi familiari rapporti tra i laici e i Pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si è fortificato nei laici il senso della loro responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all'opera dei Pastori.

E questi, aiutati dall'esperienza dei laici, possono giudicare con più chiarezza e più giustamente sia in materia spirituale che temporale, così che tutta la Chiesa, sostenuta da tutti i suoi membri, possa compiere con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo».16

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12 Cat. Chiesa Cat. 2494
13 Giovanni Paolo II, Messaggio per la 37a Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali ( 24 gennaio 2003 )
14 Lumen Gentium 37;
Pont. Comm. per le Comunicazioni Sociali, Istr. past. Communio et progressio, 114-117 ( 23 marzo 1971)
15 Cod. Diritto Can. 212, §3: « In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità della persona»;
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 15, §3
16 Lumen Gentium 37