Martedì, 24 marzo 2015

Cristiani? Sì, ma …

Quanti si dicono cristiani ma non accettano « lo stile » con cui Dio vuole salvarci?

Sono quelli che Papa Francesco ha definito « cristiani sì, ma … », incapaci di comprendere che la salvezza passa per la croce.

E Gesù sulla croce - ha spiegato il Pontefice nell'omelia della messa celebrata a Santa Marta martedì 24 marzo - è proprio « il nocciolo del messaggio della liturgia di oggi ».

Nel brano evangelico di Giovanni ( Gv 8,21-30 ), Gesù dice: « Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo … » e, preannunciando la sua morte in croce, ricorda il serpente di bronzo che Mosè fece innalzare « per guarire gli israeliti nel deserto » e di cui si legge nella prima lettura tratta dal libro dei Numeri ( Nm 21,4-9 ).

Il popolo di Dio schiavo in Egitto - ha spiegato il Papa - era stato liberato: « Loro avevano visto davvero miracoli.

E, quando avevano avuto paura, nel momento della persecuzione del faraone, quando erano davanti al Mar Rosso, hanno visto il miracolo » che Dio aveva compiuto per loro.

Il « cammino di liberazione » cominciò perciò nella gioia.

Gli israeliti « erano contenti » perché « liberati dalla schiavitù », contenti perché « portavano con sé la promessa di una terra molto buona, una terra soltanto per loro » e perché « nessuno di loro era morto » nella prima parte del viaggio.

Anche le donne erano contente perché avevano con loro « i gioielli delle donne egiziane ».

Ma a un certo punto, ha continuato il Pontefice, nel momento in cui « si allungava il cammino », il popolo non sopportò più il viaggio e « si stancò ».

Perciò cominciò a parlare « contro Dio e contro Mosè: perché ci avete fatto uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? ».

Cominciò « a sparlare: a sparlare di Dio, di Mosè », dicendo: « Qui non c'è pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero, la manna ».

Gli israeliti, cioè, « si sentivano nauseati dell'aiuto di Dio, di un dono di Dio.

E così quella gioia dell'inizio della liberazione diviene tristezza, mormorazione ».

Probabilmente preferivano « un mago che con la bacchetta magica » li liberasse e non un Dio che li facesse camminare e che « in un certo modo » gli facesse « guadagnare la salvezza » o « almeno meritarla in parte ».

Nella Scrittura si incontra « un popolo scontento » e, ha fatto notare Francesco, « lo sparlare è una via d'uscita di questa scontentezza ».

Nella loro scontentezza « si sfogavano, ma non si accorgevano che con questo atteggiamento si avvelenavano l'anima ».

Ecco quindi l'arrivo dei serpenti, perché « così, come il veleno dei serpenti, in questo momento, questo popolo aveva l'anima avvelenata ».

Anche Gesù parla del medesimo atteggiamento, di « questo modo di essere non contento, non soddisfatto ».

Riferendosi a un passo riportato nei Vangeli di Matteo ( Mt 11,17 ) e di Luca ( Lc 7,32 ), il Pontefice ha detto: « Gesù, quando parla di questo atteggiamento dice: "Ma a voi chi vi capisce?

Siete come quei ragazzi in piazza: vi avevamo suonato e non avete danzato; abbiamo cantato canti di lamento e non avete pianto.

Ma nessuna cosa vi soddisfa?" ».

Il problema, cioè, « non era la salvezza, la liberazione », perché « tutti volevano questo »; il problema era « lo stile di Dio: non piaceva il suono di Dio per danzare; non piacevano i lamenti di Dio per piangere ».

Allora, « cosa volevano »?

Volevano, ha spiegato il Papa, agire « secondo il loro pensiero, scegliere la propria strada di salvezza ».

Ma quella strada « non portava a niente ».

Un atteggiamento che incontriamo ancora oggi.

Anche « fra i cristiani », si è chiesto Francesco, quanti sono « un po' avvelenati » da questa scontentezza?

Sentiamo dire: « Sì, davvero, Dio è buono, ma cristiani sì, ma … ».

Sono quelli, ha spiegato, « che non finiscono di aprire il cuore alla salvezza di Dio » e « sempre chiedono condizioni »; quelli che dicono: « Sì, sì, sì, io voglio essere salvato, ma per questa strada ».

È così che « il cuore diviene avvelenato ».

È il cuore dei « cristiani tiepidi », che hanno sempre qualcosa di cui lamentarsi: « "Il Signore, ma perché mi ha fatto questo?"

- "Ma ti ha salvato, ti ha aperto la porta, ti ha perdonato tanti peccati"

- "Sì, sì, è vero, ma …"».

Così l'israelita nel deserto diceva: « Io vorrei acqua, pane, ma quello che mi piace, non questo cibo così leggero.

Io sono nauseato ».

E anche noi « tante volte diciamo che siamo nauseati dello stile divino ».

Ha sottolineato Francesco: « Non accettare il dono di Dio col suo stile, quello è il peccato; quello è il veleno; quello ci avvelena l'anima, ti toglie la gioia, non ti lascia andare ».

E « come risolve il Signore questo?

Con lo stesso veleno, con lo stesso peccato »: cioè « lui stesso prende su di sé il veleno, il peccato e viene innalzato ».

Così guarisce « questo tepore dell'anima, questo essere cristiani a metà », questo essere « cristiani sì, ma … ».

La guarigione, ha spiegato il Papa, viene solo « guardando la croce », guardando Dio che assume i nostri peccati: « Il mio peccato è lì ».

Invece « quanti cristiani muoiono nel deserto della loro tristezza, della loro mormorazione, del loro non volere lo stile di Dio ».

Questa la riflessione per ogni cristiano: mentre Dio « ci salva e ci mostra come ci salva », io « non sono capace di tollerare un po' una strada che non mi piace tanto ».

È « quell'egoismo che Gesù rimproverava alla sua generazione », la quale diceva di Giovanni Battista: « Ma no, era un indemoniato ».

E quando è venuto il Figlio dell'uomo lo ha definito un "mangione" e un "beone".

« Ma chi vi capisce? », ha detto il Papa aggiungendo: « Anche io, con i miei capricci spirituali davanti alla salvezza che mi dà Dio, chi mi capisce »?

Ecco allora l'invito ai fedeli: « Guardiamo il serpente, il veleno lì nel corpo di Cristo, il veleno di tutti i peccati del mondo e chiediamo la grazia di accettare i momenti difficili; di accettare lo stile divino di salvezza; di accettare anche questo cibo così leggero del quale si lamentavano gli ebrei »: la grazia, cioè, « di accettare le vie per le quali il Signore mi porta avanti ».

Francesco ha concluso augurandosi che la Settimana santa « ci aiuti ad uscire da questa tentazione di diventare "cristiani sì, ma …"».