Giovedì, 20 ottobre 2016

In un mistero senza confini

Pregare, adorare, riconoscersi peccatori: sono le tre strade che aprono al cristiano la conoscenza e la comprensione del mistero di Dio.

A indicarle è stato Papa Francesco nell'omelia della messa celebrata a Santa Marta giovedì mattina, 20 ottobre.

La riflessione del Pontefice ha preso le mosse dalla frase di san Paolo - tratta dalla lettera ai Filippesi ( Fil 3,8 ) - proclamata nel canto al Vangelo: « Tutto ho lasciato perdere e considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui ».

La volontà di « guadagnare Cristo » è anche « la grazia » che l'apostolo chiede per gli Efesini nel passo della lettera ( Ef 3,14-21 ) scelta per la prima lettura liturgica.

Si tratta di « un passo di preghiera », ha spiegato Francesco.

Paolo infatti insegna agli Efesini « questa strada » e « prega in ginocchio: "Io piego le ginocchia davanti al Padre perché vi conceda secondo la ricchezza della sua gloria di essere potentemente rafforzati nell'uomo interiore mediante il suo Spirito" ».

Quella che l'apostolo invoca è dunque la « grazia di essere forti, rafforzati, mediante lo Spirito ».

Ma perché vuole « che gli Efesini siano rafforzati mediante lo Spirito Santo? ».

Perché - risponde lo stesso Paolo - « Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori ».

Questo « è il centro », ha evidenziato il Papa.

Ma l'apostolo « non si ferma, va avanti: "E così, radicati e fondati nella carità siate in grado di comprendere con tutti i santi Cristo" ».

E di tale comprensione la lettera agli Efesini dà questa originale spiegazione: « Comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza, la profondità e di conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza ».

« Paolo In questa preghiera - ha ribadito Francesco - va avanti e si immerge in questo mare, in questo mare senza fondo, senza rive, un mare immenso che è la persona di Cristo ».

E così « prega perché il Padre dia agli Efesini - prega anche per noi - questa grazia: conoscere Cristo ».

Ma come si può « conoscere Cristo » per far sì che egli sia « il vero guadagno » davanti al quale « tutte le altre cose sono spazzature »?

Si può farlo attraverso il Vangelo.

Cristo infatti, ha ricordato il Papa, « è presente nel Vangelo »: dunque, « leggendo il Vangelo conosciamo Cristo ».

E « tutti noi questo lo facciamo, almeno sentiamo il Vangelo quando andiamo a messa ».

Certo, si può conoscere Gesù anche « con lo studio del catechismo: il catechismo ci insegna chi è Cristo ».

Ma tutto questo - ha precisato Francesco - « non è sufficiente.

Per essere in grado di comprendere quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità di Gesù Cristo bisogna entrare in un contesto, primo, di preghiera, come fa Paolo, in ginocchio: "Padre inviami lo Spirito per conoscere Gesù Cristo" ».

In tal modo la conoscenza va oltre la superficie e si addentra nelle profondità del mistero.

« Noi - ha fatto notare in proposito il Papa - conosciamo il Bambino Gesù, Gesù che guarisce gli ammalati, Gesù che predica, che fa i miracoli, che muore per noi e resuscita.

Sappiamo tutto questo, ma questo non vuol dire conoscere il mistero di Cristo ».

Si tratta infatti di « una cosa più profonda e per questo è necessaria la preghiera: "Padre, inviami il tuo Spirito perché io conosca Cristo".

È una grazia.

È una grazia che dà il Padre ».

Oltre alla preghiera, c'è bisogno dell'adorazione.

Paolo infatti, ha osservato Francesco, « non solo prega, adora questo mistero che supera ogni conoscenza e in un contesto di adorazione chiede questa grazia "a colui che tutto ha in potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare secondo la potenza che opera in noi: a lui la gloria nella Chiesa in Cristo Gesù per tutte le generazioni" ».

Questo è dunque « un atto di adorazione, di lode: adorare ».

Perché « non si conosce il Signore senza questa abitudine di adorare, di adorare in silenzio ».

Un atteggiamento che, per il Pontefice, non sempre trova spazio nella vita del cristiano.

« Credo, se non sbaglio - ha confidato - che questa preghiera di adorazione è la meno conosciuta da noi, è quella che facciamo di meno », come se si trattasse di « perdere il tempo davanti al Signore, davanti al mistero di Gesù Cristo ».

Va invece riscoperto « il silenzio dell'adorazione: lui è il Signore e io adoro ».

Infine, « per conoscere Cristo è necessario avere coscienza di noi stessi, cioè avere l'abitudine di accusare se stessi, di accusare se stesso », riconoscendo davanti a Dio: « Sono peccatore.

Ma, no, sono peccatore per definizione, perché tu sai le cose che ho fatto e le cose che sono capace di fare ».

In proposito Francesco ha richiamato il capitolo 6 di Isaia, quando il profeta, nel momento in cui vede « il Signore e tutti gli angeli che adorano il Signore », esclama: « Ohimè, sono perduto perché sono un uomo dalle labbra impure! »: ossia, ammette di essere un peccatore.

Dunque, « non si può adorare senza accusare se stessi ».

In definitiva, « per entrare in questo mare senza fondo, senza rive, che è il mistero di Gesù Cristo », sono necessari i tre atteggiamenti che il Papa ha richiamato in conclusione: « La preghiera: "Padre, inviami lo Spirito perché lui mi conduca a conoscere Gesù".

Secondo, l'adorazione al mistero, entrare nel mistero, adorando.

E terzo, accusare se stesso: "Sono un uomo dalle labbra impure"».

Da qui l'auspicio che « il Signore ci dia questa grazia che Paolo chiede per gli Efesini anche per noi, questa grazia di conoscere e guadagnare Cristo ».