Formazione al celibato sacerdotale

Indice

Parte seconda

Mete dell'educazione seminaristica

17. Triplice componente dell'educazione seminaristica

Un'illuminata pedagogia del celibato sacerdotale terrà presenti le mete alle quali l'educazione seminaristica deve condurre; in corrispondenza a ciò si delineeranno le istanze e le caratteristiche dell'educazione al celibato sacerdotale; sarà quindi possibile passare all'indicazione di pertinenti orientamenti educativi.

L'educazione seminaristica ha il compito di formare pastori di anime, sull'esempio di Nostro Signore Gesù Cristo, maestro, sacerdote e pastore.33

Questo traguardo educativo presuppone e implica che negli alunni venga simultaneamente promossa la formazione dell'uomo, del cristiano e del sacerdote.34

Perciò le mete educative programmatiche dei candidati al sacerdozio sono tre e rispondono all'esigenza di preparare personalità integralmente umane, cristiane e sacerdotali.

Gli impegni educativi devono pertanto sempre rispettare, pienamente ed equilibratamente, i rapporti tra questi tre livelli di formazione, senza preponderanza di uno a scapito degli altri, e senza dissociare il livello cristiano da quello umano, né il livello sacerdotale da quello cristiano.

In questa triplice componente formativa umana-cristiana-sacerdotale è doveroso rilevare l'essenziale distinzione, che deve essere armonizzata nell'unità, come pure è necessario rilevarne la complementarietà e l'interazione.

Infatti, se la formazione umana è condizione e postulato per il vivere cristiano, la grazia è la forza dinamica per realizzare questa pienezza umana.

1. Formazione alla maturità umana

18. Il concetto di maturità umana

Il problema specifico del celibato sacerdotale va inserito in quello fondamentale della maturità affettiva del candidato, anzi in quello più vasto ed essenziale della maturità psichica e morale o, più semplicemente, della maturità umana, come espressione della personalità matura, caratterizzata dall'armonia tra tutti i suoi elementi e dall'integrazione delle sue tendenze e dei suoi valori.

Come viene fatto rilevare dagli psicologi odierni, la maturità non è una qualità singola; ha molti aspetti, ognuno dei quali può essere variamente sviluppato e deve essere quindi preso in particolare considerazione, quando si tratta di determinare i criteri mediante i quali la si vuole valutare.

La maturità appare, dunque, come una condizione globale che si qualifica per un tipico modo di essere, per uno stile che sfugge in parte a misure obiettive, ma che si impone in modo caratteristico.

La maturità è realtà complessa e non è facile circoscriverla compiutamente.

Si conviene, tuttavia, di giudicare maturo, in generale, l'uomo che ha realizzato la sua vocazione di uomo:

in altre parole, l'uomo che ha acquistato la pronta capacità abituale d'agire liberamente;

che ha integrato le sue sviluppate virtualità umane con abiti virtuosi;

che ha acquisito un facile ed abituale autocontrollo emotivo, con l'integrazione delle forze emotive che devono essere al servizio dell'impostazione razionale;

che predilige il vivere comunitariamente, perché aperto al dono di sé agli altri;

che si impegna in un servizio professionale con stabilità e serenità;

che mostra di comportarsi secondo l'autonomia della coscienza personale;

che possiede la libertà di esplorare, investigare ed elaborare un'esperienza, di trasformare cioè gli avvenimenti, perché diventino fruttuosi per l'avvenire;

l'uomo riuscito, che ha portato al grado di sviluppo dovuto tutte le sue potenzialità e virtualità specificamente umane.

19. La maturità umana nell'educazione

L'educazione dell'uomo mira a far sì che il soggetto « cresca » nelle varie dimensioni primarie ( educazione fisica, intellettuale, morale, sociale, religiosa ) e derivate ( educazione artistica, vocazionale, nel senso di educazione professionale e in quello di educazione ad un certo ruolo sociale ), ma in modo che tutto il complesso dell'opera educativa sia coordinato verso l'insieme unitario della personalità bio-psico-sociale del singolo soggetto, nella sua propria e specifica individualità.

Ciò che fa essere un uomo veramente « educato » è il volere liberamente, consapevolmente e responsabilmente il bene, con tutta la propria personalità psicologica e spirituale.

Questa maturità umana è presentata dal Concilio come il fine dell'educazione; ad essa hanno diritto inalienabile di essere formati tutti gli uomini.35

A maggior ragione devono esservi formati gli alunni dei seminari, perché Dio chiama l'uomo reale, e se non c'è l'uomo non c'e il chiamato.36

La formazione consentirà quindi al candidato di svilupparsi umanamente, affinché l'orientazione religiosa non sostituisca l'uomo, ma lo penetri e lo purifichi lentamente.

20. La maturità affettiva dell'uomo

La maturità deve essere raggiunta in tutti i suoi aspetti, compreso, naturalmente, e soprattutto, quello affettivo.

Il ruolo dell'affettività, infatti, viene considerato come elemento fondamentale nella costruzione della personalità, perché concorre in modo particolare alla sua integrazione nell'esplicare la relazione affettiva e sessuale verso l'altro, nel realizzarsi responsabilmente in un lavoro o in una professione, nel coltivare rapporti sociali amichevoli.

Proprio perché l'affettività viene considerata come dimensione fondamentale della persona, la maturità affettiva si può ritenere come requisito indispensabile per l'optimum di funzionamento della personalità.

Considerata come aspetto della vita psichica, l'affettività viene variamente intesa: come insieme di reazioni interne ed esterne all'esigenza di soddisfazione, come capacità di provare sentimenti ed emozioni, come capacità di amare o come possibilità di realizzare rapporti interpersonali.

Una personalità bene integrata sa far prevalere la natura razionale sulla natura impulsiva; al contrario, quanto meno integrata è una persona, tanto maggiore è la forza impulsiva che prevale sulla forza razionale.

Perciò un'educazione che voglia favorire nell'educando lo sviluppo integrativo della personalità deve fargli acquistare innanzi tutto la capacità di equilibrio emozionale.

Intimamente connesso con il fattore emozionale è il problema dell'adattamento, che consiste nell'affrontare serenamente i propri problemi, nel prendere responsabilità per essi, nell'elaborare soluzioni di difficoltà incontrate; il disadattamento, invece, porta con sé la predominanza di emotività negativa, di fattori d'ostilità, di dipendenza, di inadeguatezza sociale e, nello stesso tempo, la predominanza di problemi non risolti.

21. La maturità sessuale dell'uomo

In riferimento all'affettività, acquista particolare risalto la « dimensione sessuale ».

Anche se questa viene diversamente intesa, non si può negare lo stretto legame tra affettività e sessualità e la loro interdipendenza nell'integrazione della personalità.

Perché si possa parlare di persona matura, l'istinto sessuale deve superare due tipiche forme di immaturità: il narcisismo e l'omosessualità, e raggiungere l'eterosessualità.

Questo è un primo stadio dello sviluppo sessuale, ma è necessario anche un secondo stadio: l'amore deve divenire un dono, non la ricerca di se stessi.

La conseguenza di un tale sviluppo è una condotta sessuale a livello propriamente « umano », per cui il soggetto si comprende e si accoglie in modo distinto ed elevato e acquista un alto concetto di sè.

Si deve considerare la sessualità come un fattore determinante della maturazione della personalità.

La maturità sessuale rappresenta una tappa necessaria per raggiungere un livello psicologicamente adulto.

Di qui la necessità di una giusta impostazione della sessualità nel quadro totale della personalità in formazione.

Una sessualità matura, con le caratteristiche cui abbiamo accennato, non potrà essere raggiunta senza conflitto, senza rinunzie o difficoltà.

Il soggetto, proteso verso la maturazione, dovrà sempre lottare, perché ad ogni momento ha una scelta da effettuare: precisamente, tra la soddisfazione di certe tendenze spesso contrastanti tra loro.

22. Il problema della sessualità integrata

Il problema più difficile è quello di valutare adeguatamente la « sessualità integrata ».

Si tratta di considerare la sessualità come uno dei valori umani e non come qualcosa di negativo e di frustrante per lo sviluppo della persona.

Il valore intrinseco della sessualità dovrà essere percepito e accettato nel suo giusto posto nella scala dei valori, un posto importante come « valore di espressione » e come « fattore integrativo ».

La sessualità matura comporta non solo l'accettazione del valore sessuale integrato nell'insieme dei valori, ma anche la potenzialità « oblativa », cioè la capacita di donazione, di amore altruistico.

Quando questa capacità si realizza in misura adeguata, la persona diviene idonea a stabilire contatti spontanei, a dominarsi emozionalmente e ad impegnarsi seriamente.

L'aspetto oblativo della sessualità comporta il sentimento di essere « l'uno per l'altro ».

Perciò l'oblatività non è disgiunta dalla recettività: la sessualità immette in una vita di relazione, quindi esige la capacità tanto di dare quanto di ricevere e la disposizione ad accogliere l'amore che viene offerto, in un atteggiamento di totale rispondenza.

23. L'autocontrollo perfettivo dell'uomo

Perché una persona possa utilizzare pienamente le sue attitudini deve divenire capace di autocontrollo.

Ciò che va messo sotto controllo è il continuo cambiamento che si verifica in ogni persona e che prende forma di desideri, impulsi, pensieri e abitudini.

In questo senso, autocontrollo significa autodisciplina, cioè l'ordinare l'attività mentale e la condotta in modo che procuri gioia, felicità e benessere al soggetto.

La struttura dinamica della personalità è caratterizzata da conflitti e tensioni interne.

La personalità raggiunge la sua maturazione attraverso la graduale e progressiva composizione di forze contrastanti.

Fra gli ideali di una persona e le sue tendenze vi è conflitto; ed è proprio lì che l'autocontrollo è necessario, se si vuole assicurare la stabilità, l'adattamento e la riuscita.

L'autocontrollo non significa stasi o fissità incolore nel comportamento personale e sociale.

Si nota nello psichismo umano un impulso ad un certo superamento di sé una forza che tende a sorpassare, mediante un intervento cosciente e uno sforzo personale, il puro sviluppo spontaneo o il processo biologico della crescita.

L'uomo non solo cresce e si sviluppa, ma, in quanto cosciente e libero, progredisce.

Tale forza interiore, generatrice di progresso, non è altro che l'attuazione delle potenzialità sempre nuove nell'uomo.

Il processo integrativo della personalità si realizza per il ripetuto consenso a soddisfare certe tendenze e per la non soddisfazione di altre.

In altri termini, si attua una canalizzazione delle tendenze e delle potenzialità attive dell'individuo.

Nel dinamismo stesso dell'uomo è implicito un « esercizio ascetico » di carattere eminentemente positivo.

2. Formazione alla maturità cristiana

24. La dimensione cristiana nell'educazione

L'educazione cristiana - alla quale il cristiano, figlio di Dio per il battesimo, ha diritto - deve tendere ad aiutare la persona a maturare se stessa non solo in senso umano, ma principalmente in senso cristiano.

La maturità cristiana si realizza con la graduale crescita nella fede, nell'adorazione di Dio quale Padre, specie mediante la partecipazione alla vita liturgica; con la crescita nella perfezione nel Cristo, concorrendo all'incremento del suo corpo mistico.

Il cristiano, anche se già vivente nel Cristo, non si sente mai sufficientemente trasformato nel suo spirito: deve perfezionare ulteriormente la creazione-redenzione in se stesso, negli altri uomini e nella realtà terrestre.

Tuttavia, si suole affermare che è possibile verificare la presenza di una maturità cristiana.

L'educazione seminaristica deve portare a maturità la personalità cristiana del candidato.37

La pedagogia nei seminari va pertanto impostata anzitutto nella prospettiva dell'unità, cioè di quello che è comune, e quindi nella prospettiva della differenziazione.38

Secondo questa indicazione, l'educazione nei seminari non dovrà essere quasi avulsa e separata dalla comune educazione del cristiano; non vi sono, infatti, due forme di educazione, ma un'unica e fondamentale: quella del cristiano, sulla quale avviene la differenziazione tra la distinta vocazione del laico e quella del sacerdote.

25. La maturità come esigenza di vita cristiana

La maturità umana, prima che esigenza dello stato sacerdotale, è elementare esigenza della vita cristiana.

La storia dei sacerdoti mancati è spesso la storia di uomini mancati: storia di personalità non unificate, non integrate, nelle quali invano si cercherebbe l'uomo maturo ed equilibrato.

Il cristianesimo deve essere percepito secondo la sua dimensione trascendente, ma anche secondo la dimensione di promozione umana, specialmente oggi quando si è particolarmente sensibili per tutto quello che realizza lo sviluppo della perfezione umana.

La maturità psico-affettiva è da considerarsi come la meta degli sforzi personali e sociali per lo sviluppo integrale dell'uomo, come la premessa per un rigoglioso sviluppo soprannaturale: per il conseguimento, cioè, di quella maturità di vita cristiana alla quale san Paolo esortava gli Efesini, affinché raggiungessero la dimensione dell'« uomo maturo, a livello di statura che attua la pienezza del Cristo » ( Ef 4,13 ).

L'invito a sviluppare una piena personalità umana, benché sempre presente nei documenti del magistero, di recente è divenuto particolarmente accorato e insistente, in accordo con le conquiste delle scienze umane.39

26. La maturità affettiva del cristiano

La maturazione affettiva trae grande ausilio dall'educazione cristiana.

Infatti, in rapporto ai condizionamenti dell'affettività, sono da considerarsi non solo i fattori naturali, ma anche le ripercussioni affettive del fatto di essere inseriti mediante il battesimo nella vita di Gesù Cristo, di essere sotto la mozione dei doni dello Spirito e di vivere nell'ascolto della parola del Signore.

Il cristiano vive nella Chiesa, che è essenzialmente una fraternità e una carità, « una comunione di vita, di carità e di verità »;40 quindi, essendo inserito nell'aperta socialità della Chiesa, vi trova le più grandi aperture dell'amore nell'incontro con Dio e con i fratelli.

Vivendo in unione con Dio e con il prossimo, il cristiano troverà una pace e una sicurezza che persistono nonostante i possibili turbamenti provenienti dalle difficoltà delle passioni.

Infatti, la vita cristiana non distrugge le reazioni spontanee della natura di fronte al pericolo, né le deviazioni psichiche acquisite nell'infanzia o derivanti da un'educazione religiosa errata o male integrata.

A questo proposito, va notato come la pedagogia cristiana possa aiutare grandemente il soggetto nell'accettazione positiva della propria realtà intima, con il suo complesso di elementi, di potenzialità, di lacune e di impossibilità.

L'accettazione di se stessi è un presupposto essenziale al processo di maturazione personale a tutti i livelli; quando, invece, non si opera positivamente tale accettazione, si hanno fenomeni di regressione, che sfociano spesso in comportamenti anormali a significato compensativo.

27. La maturità sessuale del cristiano

La pedagogia cristiana ha una sua visione e valutazione della sessualità, conforme alla rivelazione divina.

Considera la sessualità come opera di Dio, come una realtà che non si esaurisce nel corpo, ma investe l'essere umano nella sua totalità;

una realtà che ha un ruolo determinante nella maturazione dell'uomo, dalla personalità fisica alla personalità morale, e quindi nello sviluppo della somiglianza con Dio;

una realtà che si attua in un incontro personale.

Proprio per questo mutuo incontro di persona a persona, il rapporto sessuale umano si differenzia fondamentalmente dal rapporto animale.

Per la pedagogia cristiana, l'amore è capacità di aprirsi al prossimo in aiuto amorevole, è superamento di ogni forma di interesse egoistico, è dedizione all'altro per il bene dell'altro, è inserimento attivo nella vita comunitaria.

La pedagogia sa pure che questo autentico amore, vocazione dell'uomo, può essere vissuto sia nel matrimonio sia nella verginità.

Il completamento sessuale nel matrimonio non è necessario alla formazione affettiva della personalità, né il matrimonio realizza di per se stesso lo sviluppo armonico della personalità affettiva.

D'altra parte, l'uomo è capace di sublimare la sua sessualità e di completare la sua personalità in un rapporto di scambi affettivi non sessuali.

La virtù che regola l'esercizio della sessualità è la castità, virtù naturale, ma che nel cristiano assurge a virtù soprannaturale.

La castità cristiana è santificante nella misura in cui partecipa dell'ordine soprannaturale.

Il dinamismo teologale, dando un fine nuovo e superiore alla virtù della castità, la cambia di natura:41 è un dono di Dio in forza del quale la volontà diviene capace non tanto di reprimere i desideri sessuali, quanto piuttosto di integrare l'impulso sessuale nell'armonia dell'intera personalità cristiana.

28. L'autocontrollo perfettivo del cristiano

Il controllo dominativo della passione sensuale è richiesto per un'esigenza di vita spirituale nel Cristo ( 1 Cor 1,23 ).

Soffrire con Gesù significa mortificare le proprie passioni al fine di uniformarsi misticamente a lui crocifisso.

Appare impossibile assecondare contemporaneamente la concupiscenza e la vita dello Spirito ( Rm 8,13; 1 Cor 6,9; Ef 5,5 ).

Il mistero pasquale, che nel battesimo sta alla radice della vita cristiana, esprime nel modo più vero e vivificante il dinamismo fondamentale dell'esistenza cristiana, appunto perché sa unire, in maniera armonica e feconda, le esigenze essenziali della persona umana e cristiana: affermazione di sé, nel dono di sé a Dio e al prossimo.

Nell'attuale ordine di salvezza, solo il mistero pasquale offre il fondamento teologico e anche psicologico per un'ascesi che appare l'unica capace di avvicinarci all'originale armonia dell'uomo.

Il piano di vita, che ci viene rivelato dal mistero pasquale, congiunge la « rinunzia » a certe forme di comportamento e l'autentica « offerta » di sé in un'unità inseparabile, come teologicamente risulta inseparabile la morte dalla resurrezione del Cristo.

Spinti dall'amore che si fa sempre più grande e non si affievolisce nello slancio, si vive lo sforzo ascetico anche senza sospettarne l'esistenza; si fanno rinunzie senza accorgersi della rinunzia, perché un ideale più alto attrae e affascina.

3. Formazione alla maturità sacerdotale

29. Formazione in prospettiva pastorale

Il tratto fondamentale della personalità sacerdotale, secondo il Concilio Vaticano II, è quello di pastore d'anime, formato sul modello del Cristo maestro, sacerdote e pastore.42

Il sacerdote, in quanto pastore, deve possedere la capacità di promuovere e dirigere la comunità cristiana; egli rende un servizio all'edificazione della Chiesa.

L'educazione seminaristica ha lo scopo precipuo di preparare dei veri pastori.43

Per formazione pastorale si intende non soltanto un aspetto o un settore educativo tra gli altri, ma anche la caratteristica propria della preparazione dei sacerdoti: caratteristica che deve investire e penetrare tutti gli aspetti della formazione dei candidati.

La personalità del sacerdote-pastore quindi è il vertice al quale l'educazione seminaristica deve convergere con piena armonia.44

Ciò significa che tutti gli elementi costituenti la struttura e la funzione del seminario devono essere pensati e calibrati in vista della loro efficienza pratica, per il conseguimento dello scopo indicato, e che gli educatori devono proporsi, come meta qualificante della loro azione specializzata, la formazione pastorale dei seminaristi.

30. Maturità umano-cristiana del sacerdote

La vocazione sacerdotale richiede la maturità umana e cristiana, affinché la risposta alla chiamata divina sia fondata sulla fede e, insieme, sia in grado di percepire il senso della vocazione e delle sue esigenze.

La maturità specificamente sacerdotale va ricercata in ciò per cui il sacerdote si differenzia dal cristiano comune, cioè nella sua relazione unica al corpo del Cristo, presente nell'eucaristia, come principio e fonte della comunità ecclesiale salvifica, e nella sua missione di salvezza.

Il sacerdote è « uomo di Dio assunto tra gli uomini »; la sua spiritualità oscilla tra questi due poli: Dio e gli uomini.

La relazione tra i due termini non è di alternativa - o Dio o gli uomini - ma di unione: Dio e gli uomini.

Per essere più strettamente unito agli uomini, il sacerdote deve vivere più profondamente unito a Dio.

Durante il suo tirocinio formativo, il seminarista deve passare dall'immaturità preadolescenziale alla maturità adulta; dalla vita cristiana comune alla maturità cristiana, ossia alla profondità e alla densità del vivere di fede, speranza e carità nel Cristo; infine deve passare alla maturità sacerdotale, cioè alla partecipazione più intima della missione profetica, santificatrice e pastorale del Cristo sacerdote.

La maturità sacerdotale include e potenzia la maturità umano-cristiana, ma insieme la trascende; esige di irradiarsi in tutto l'io umanocristiano e quindi nella stessa vita affettiva, sessuale e operativa.

31. La maturità affettiva del sacerdote

La scelta del celibato sacerdotale non ostacola, anzi presuppone il normale evolversi dell'affettività: l'uomo celibe è chiamato ad esprimere una particolare manifestazione della capacità di amare.

Adulto nell'amore umano e divino, il sacerdote sa responsabilmente decidere in rapporto al modo di vivere la sua affettività, e per tutta la vita.

Il celibato scelto « per il regno dei cieli » - come è precisamente quello sacerdotale - è uno stato di amore.

Esso è possibile soltanto a colui che l'ha integrato nella sua vita spirituale.

Si tratta di una scelta esclusiva, perenne e totale dell'unico e sommo amore del Cristo, allo scopo di realizzare una partecipazione più intima della sua sorte, in una logica luminosa ed eroica di amore unico e illimitato al Cristo Signore e alla sua Chiesa.45

In forza del suo celibato, il sacerdote può essere più compiutamente l'uomo di Dio, colui che si è lasciato interamente conquistare dal Cristo e per lui soltanto vive.

L'amore verginale lo invita a possedere in modo più totale Dio e, quindi, ad irradiarlo, a donarlo in tutta la sua interezza.

L'amore del sacerdote per il prossimo deve essere caratterizzato da una finalità pastorale; occorre che si esteriorizzi mediante la cordialità, indispensabile per rendere gli uomini suscettibili di accettare il sostegno spirituale che il sacerdote offre loro.

Il sacerdote è capace di vere e profonde amicizie, particolarmente utili alla sua espansione affettiva, quando queste sono attuate nella fraternità sacerdotale.46

32. La maturità sessuale del sacerdote

Se il celibato come scelta personale in favore di un bene più importante, anche puramente naturale, è in grado di promuovere la piena maturazione e integrazione della personalità umana, ciò si può dire a più forte ragione del celibato scelto per il regno dei cieli, come chiaramente si può vedere nella vita di tanti santi e di fedeli, i quali, vivendo una vita celibe, si consacrano totalmente a Dio e agli uomini, promovendo il progresso umano e cristiano.47

Il modo esclusivo con cui un candidato sceglie il celibato sacerdotale e si lega più intimamente a Dio determina anche i suoi doveri e una particolare dedizione nella carità a Dio nel Cristo.

Chi ha scelto la verginità, in forza del suo essere votato esclusivamente alla partecipazione del sacerdozio del Cristo, ha come direttiva lo sviluppo nell'amore di Dio e del prossimo.

Se non progredisce nell'amore, non risponde alla sua vocazione.

Le virtualità che la paternità naturale accende nel cuore dell'uomo hanno qualche cosa di grande e di sublime: spirito altruistico, assunzione di pesanti responsabilità, capacità di amore e di dedizione superiore ad ogni sacrificio, esperienza concreta e quotidiana delle difficoltà della vita, assillo per l'avvenire ecc.: tutto questo è altrettanto vero della paternità spirituale.

Per questo il celibato non è di tutti: esso richiede una chiamata speciale del Signore e non cessa di essere, per tutta la vita, un rischio e un pericolo, qualora venissero ad estinguersi il palpito di paternità pastorale universale e l'esclusiva dedizione al Cristo.

33. L'autocontrollo perfettivo del sacerdote

L'autocontrollo perfettivo, che implica uno sforzo costante per la realizzazione di valori superiori, è necessario non solo per giungere alla maturità affettiva, ma anche per perseverarvi, impedendo le possibili regressioni, una volta raggiunta l'affettività adulta; esso è una componente insostituibile della castità umano-cristiana e sacerdotale, la quale deve saper sempre moderare le sollecitazioni rinascenti in modo nuovo e imprevisto.48

Nella prospettiva cristiana di un continuo autocontrollo perfettivo, il celibato sacerdotale si delinea quale offerta al Signore durante l'intera esistenza.

La consacrazione della continenza non si esaurisce nel gesto isolato dell'ordinazione sacerdotale, ma si rinnova nella continua necessaria vigilanza di fronte a simpatie, amori sensibili e affetti passionali.

Al pari dell'amore umano, la pienezza di amore che il celibato porta con sé richiede il quotidiano rinnovarsi nella lieta rinunzia di se stessi.

Solo così possono essere superate le difficoltà, che nascono con il passare del tempo e da una certa monotonia nella propria vita, come pure le resistenze della natura.

Al sacerdote sarà sempre di stimolo il pensiero che il sacrificio personale richiesto dal suo celibato ha una funzione ecclesiale; tale sacrificio, infatti, sottolinea la dimensione spirituale di ogni amore degno di questo nome e merita alle famiglie cristiane la grazia di una vera unione.49

Indice

33 Cfr. Optatam totius, n. 4;
Cost. dogm. Lumen gentium, n. 28
34 Paolo VI, nella Lett. Ap. Summi Dei Verbum, ( 4 nov. 1963 ), richiamava l'attenzione sulla « necessaria simultaneità della formazione umana, cristiana, sacerdotale », e affermava che « la formazione dell'uomo deve andare di pari passo con quella del cristiano e del futuro sacerdote »
35 Cfr. Gravissimum educationis, n. 1
36 Cfr. Optatam totius, n. 11
37 Cfr. Optatam totius, n. 3, n. 8, n. 11;
S. C. Per l'educ. catt., Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, nn. 48-58
38 Cfr. Lumen gentium, capp. II-III-IV
39 Cfr. Gravissimum educationis, nn. 1-2;
Decr. Optatam totius, nn. 10-11;
Decr. Apostolicam actuositatem, n. 29;
Decr. Perfectae caritatis, n. 12;
Paolo VI, Lett. Encicl. Populorum progressio, n.16 ( 26 marzo 1967 );
S. C. Per l'educ. catt., Ratio fundamentalis, cit., n. 51
40 Conc. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 9
41 Cfr. Summa theologica, I-II, q. 63, a. 4
42 Cfr. Lumen gentium, n. 28;
Decr. Presbyterorum ordinis, nn. 4-9
43 Cfr. Optatam totius, n. 4
44 Cfr. Optatam totius, nn. 8-20;
S.C. Per l'educ. catt., Ratio fundamentalis, cit., nn. 44-49
45 Cfr. Paolo VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, nn. 24-25
46 Cfr. Presbyterorum ordinis, n. 8, n. 14;
Paolo VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, nn. 79-81
47 Cfr. Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit., p.915
48 Cfr. Presbyterorum ordinis, n. 16;
Paolo VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, n. 73, n. 77
49 Cfr. Paolo VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, n. 57