La vita religiosa e l'insegnamento della Chiesa

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7. Il rapporto con la Chiesa

38. La vita religiosa occupa un proprio posto nella struttura divina e gerarchica della Chiesa.

Non è un qualcosa di intermedio tra la condizione clericale e quella laicale, ma proviene da entrambe, quasi come dono speciale per tutta la Chiesa ( cfr. LG 43; MR 10 ).

La vita religiosa partecipa della natura sacramentale del popolo di Dio in modo del tutto particolare.

Ciò dipende dal fatto che essa è parte della Chiesa, sia come mistero che come realtà sociale, e non può quindi esistere senza i due aspetti ricordati.

La vita religiosa è, infatti, un segno sociale ed esterno del mistero dell'azione consacrante di Dio che investe tutta la vita, ed è tale segno grazie alla mediazione della Chiesa per il bene dell'intero Corpo mistico.

39. Questa duplice realtà, il Concilio Vaticano II l'ha sottolineata quando ha insistito sulla natura sacramentale della Chiesa: necessariamente un mistero invisibile, una comunione divina nella nuova vita dello Spirito; e altrettanto necessariamente una realtà sociale visibile, una comunità umana sotto un unico capo che rappresenta Cristo.

Come mistero ( cfr. LG 1 ), la Chiesa è la nuova creazione vivificata dallo Spirito e riunita in Cristo, per accostarsi con sicurezza al trono della grazia del Padre ( cfr. Eb 4,16 ).

In quanto realtà sociale, essa presuppone l'iniziativa storica di Gesù Cristo, il suo passaggio pasquale al Padre, la sua autorità oggettiva quale capo della Chiesa che egli ha fondato, e il carattere gerarchico che procede da questa autorità di Cristo: l'istituzione di una « varietà » di ministeri che servono al bene dell'intero Corpo mistico ( LG 18; cfr. MR 1-5 ).

Il duplice aspetto di « organismo sociale visibile e di presenza divina invisibile, in intima connessione tra di loro » ( MR 3 ), è ciò che conferisce alla Chiesa quella « sua particolare natura sacramentale, in virtù della quale essa è sacramento visibile di unità salvifica » ( LG 9 ).

Al tempo stesso, essa è soggetto e oggetto di fede che trascende completamente i parametri di una qualsivoglia prospettiva sociologica, persino quando rinnova le sue strutture umane alla luce di evoluzioni storiche e mutamenti culturali ( cfr. MR 3 ).

La sua natura la rende parimenti « sacramento universale di salvezza » ( LG 48 ): segno visibile del mistero di Dio è realtà gerarchica; una concreta disposizione divina, mediante la quale questo segno può essere autenticato e reso efficace.

40. La vita religiosa comprende quindi entrambi gli aspetti.

Fondatori e fondatrici di istituti religiosi chiedono alla Chiesa gerarchica di autenticare pubblicamente il dono di Dio da cui dipende l'esistenza del loro istituto.

In questo modo i fondatori e i loro seguaci danno testimonianza al mistero della Chiesa, poiché ogni istituto esiste in quanto edifica il Corpo di Cristo nell'unità delle sue diverse funzioni e attività.

41. Al loro costituirsi, gli istituti religiosi sono subordinati in modo speciale alla gerarchia.

I vescovi, in comunione con il successore di Pietro, formano un collegio che unitamente esprime ed effettua, nella Chiesa-sacramento, le funzioni di Cristo capo ( cfr. MR 35; LG 21; CD 2 ).

Essi non hanno soltanto l'incarico pastorale di alimentare la vita di Cristo nei credenti, ma anche il dovere di verificare carismi e competenze.

I vescovi sono responsabili di coordinare le energie della Chiesa e di guidare l'intero popolo di Dio a vivere nel mondo come segno e strumento di salvezza.

Loro compete, pertanto, in modo speciale, di discernere i molteplici doni e le iniziative esistenti nel popolo di Dio.

Ogni istituto religioso, - esempio particolarmente prezioso e significativo di questi molteplici doni - per l'autentico riconoscimento del suo carisma originario è subordinato al ministero affidato da Dio alla gerarchia.

42. Questa dipendenza vale non soltanto per il primo riconoscimento di un istituto religioso, ma anche per il suo successivo sviluppo.

L'intervento della Chiesa non si limita alla nascita di un istituto.

Essa lo accompagna, lo guida, lo corregge, lo incoraggia nella sua fedeltà al carisma originario ( cfr. LG 45 ).

Ogni istituto, infatti, è una parte vitale della sua vita e della sua crescita.

La Chiesa riceve i voti emessi nell'istituto come voti di religione.

Ciò comporta conseguenze ecclesiali: essa diviene mediatrice di una consacrazione di cui Dio è artefice ( cfr. MR 8 ).

Essa consente pure all'istituto di partecipare pubblicamente alla sua propria missione, concreta e corporativa ( cfr. LG 17; AG 40 ).

In conformità al diritto comune e alle costituzioni che essa stessa ha approvato, la Chiesa conferisce all'istituto l'autorità religiosa necessaria per vivere il voto di obbedienza.

In breve, la Chiesa continua a essere in modo specifico mediatrice dell'azione consacratrice di Dio, riconoscendo e alimentando questa particolare forma di vita consacrata.

43. Nella vita quotidiana questo rapporto permanente tra i religiosi e la Chiesa ha la sua applicazione prevalente a livello diocesano o locale.

Il documento « Mutuae Relationes » è dedicato interamente a questo tema nella prospettiva della sua applicazione attuale.

Sarà sufficiente qui dire che la vita e la missione del popolo di Dio costituiscono un'unità.

Esse sono sostenute e alimentate da tutti secondo i ruoli e le funzioni specifiche di ciascuno.

Il particolare servizio reso dai religiosi a questa vita e a questa missione, consiste nella natura totale e pubblica della loro esistenza cristiana vissuta secondo i voti, in conformità a un carisma originario e comunitario, approvato dall'autorità ecclesiale.

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