Sotto il campanile di S. Tommaso

Fra Leopoldo Musso

Nel secolo scorso operarono in S. Tommaso tre personaggi di particolare rilievo, sia pure a titolo diverso:

il Ven. Paolo Pio Perazzo con l'istituzione dell'Opera dell'Adorazione Quotidiana,

il parroco Padre Antonio Turbiglio con la diffusione in Torino della devozione a Nostra Signora del S. Cuore,

l'umile cuoco del Convento di S. Tommaso, Fra Leopoldo Maria Musso, che mentre diffondeva la devozione alle cinque Piaghe, diventava il grande animatore della Casa di Carità Arti e Mestieri.

Fu il Ven. Fratel Teodoreto a mettere in atto il comando imperioso, raccolto da Fra Leopoldo in un colloquio interiore con il Crocifisso: "Voglio che si creino Case di Carità ...".

I confratelli dell'Unione del Crocifisso con zelo ammirevole hanno portato avanti fino ad oggi e continuano in scala crescente a diffondere il meraviglioso progetto, in collaborazione con i Fratelli delle Scuole Cristiane.

Torino, Grugliasco, Susa, Ivrea, Ovada, Novi Ligure, Giaveno, Bassano del Grappa, Olzai ( per limitarsi all'Italia ) sono città che beneficiano dell'opera preziosa, nata nel piccolo Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore in S. Tommaso.

In questo Santuario, quasi a continuare la sua incessante preghiera, riposano le spoglie mortali del Servo di Dio Fra Leopoldo.

Su questa tomba ogni anno nell'anniversario della morte viene in pellegrinaggio una folta rappresentanza di alunni delle Case di Carità a dire il ringraziamento a Fra Leopoldo per aver accolto il comando del Crocifisso.

Fratel Leopoldo Musso - Infanzia

Era nato il 30 gennaio 1850 a Terruggia nel Monferrato, diocesi di Casale.

I genitori Giuseppe Musso e Maria Cavallone, persone di profonda fede, temendo per la vita del loro piccolo, vollero che la levatrice stessa al momento della nascita del bambino amministrasse il battesimo.

Fu chiamato Luigi.

Superato il pericolo, Luigi crebbe robusto e sereno nel piccolo borgo rurale.

Frequentò a Terruggia la terza elementare.

A sette anni ricevette il sacramento della Confermazione.

Deve averlo ricevuto con una certa maturità se, proprio in quegli anni, in un brutto incontro con un malvagio, preferì gli schiaffi al macchiare la propria innocenza.

Ultimato il terzo anno delle elementari, Luigi fu collocato dal papà presso il medico di Terruggia.

Vi rimase fino ai 18 anni, quando dovette cercare un posto più lucroso.

Cuoco a Vercelli

Fu un riccone di Vercelli ad offrirgli lavoro, ma ben presto Luigi si accorse di essere capitato nella tana di un lupo ...

Non esitò a lasciarlo.

La Provvidenza lo condusse in casa di Mons. Giuseppe Miglione, canonico della Collegiata di Trino.

Vi rimase per poco, perché nel 1884 il Canonico morì.

Nuovamente alle prese nella ricerca di un lavoro, fu assunto come cuoco presso i Conti Arborio Mella.

Rimase in quella casa per 5 anni, riscuotendo piena ammirazione dai datori di lavoro.

Nel 1889 rimase vacante il posto di capo-cuoco presso il Collegio Del Pozzo di Vercelli.

Essendo molto vantaggiosa l'occasione e dovendo provvedere alla mamma, rimasta vedova e sola, fece domanda di assunzione.

Fu assunto.

Nell'interno del Collegio cerca di continuare la sua formazione cristiana, mentre, appena libero dagli impegni di cucina, si intratteneva con i ragazzi per fare loro il catechismo.

Spesso li riuniva in camera sua per insegnare loro le verità della fede.

Come capo-cuoco non si sottraeva al dovere di richiamare i colleghi di fronte ai sotterfugi a danno del Collegio.

Questi si indispettirono e per prevenire i richiami dei Superiori, misero in giro certe calunnie nei confronti di Luigi ... calunnie smentite in seguito da documenti e testimonianze incontestabili, ma che intanto ottennero l'effetto desiderato.

Il capo-cuoco infatti il 23 luglio 1890 veniva licenziato, senza la possibilità di un'autodifesa ...

Alla fin fine si trattava di un semplice cuoco squattrinato e senza cultura ... non valeva la pena preoccuparsi più di tànto della sua fama ...

Indescrivibile la ferita apertasi nel cuore di Luigi! ...

Cuoco a Torino

Il buon Manzoni nel suo grande romanzo afferma che il Signore non permette un male se non per un bene maggiore.

In effetti il Signore, che sa ricavare il disegno perfetto dai punti storti dell'uomo, intendeva "trapiantare" a Torino Luigi Musso per l'attuazione di un suo grande progetto di amore.

A Torino, Luigi Musso doveva diventare "Il Segretario del Crocifisso".

"Tra Me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità" si sentirà dire dopo la S. Comunione dal Crocifisso del coro di S. Dalmazzo in Torino.

Parole che il futuro fra Leopoldo avrà lo scrupolo di registrare nel suo "Diario".

Luigi Musso giunse a Torino nel 1890 e alloggiò in Via Mazzini 44.

I Conti Caisetti di Chiusano lo assunsero come cuoco.

Vi resterà fino al 1897.

Luigi si farà apprezzare come cuoco ( lo definirono un "autentico artista di cucina" ), ma anche come autentico cristiano.

Non desistette dall'impegno di riunire nei momenti liberi i ragazzi di S. Massimo per fare loro il catechismo.

Trasferitosi tre anno dopo in Via Consolata 1, Luigi trovò in questo tempo un'ottima guida spirituale nel barnabita P. Cozzi di S. Dalmazzo.

Nella parrocchia di S. Dalmazzo iniziò per Luigi Musso il cammino di perfezione nella devozione verso l'Eucaristia e verso il Crocifisso.

Si iscrisse all'Unione Uomini Cattolici di S. Dalmazzo e fu sempre attivissimo nel gruppo.

Non mancava all'adorazione notturna eucaristica nella chiesa della SS. Trinità.

A questa adorazione partecipava spesso lo stesso Arcivescovo di Torino, Mons. Davide Riccardi.

In questo periodo, preparato dal gesuita P. Zampieri, si consacrò al Cuore di Gesù nell'Oratorio della SS. Annunziata in Via Stampatori 1.

I Conti Caisotti nei quattro mesi estivi andavano in villeggiatura a Viale d'Asti.

Luigi nel suo "Diario" scriverà con entusiasmo di questo soggiorno estivo.

Nella "fortunata regione di Viale", con il consenso del parroco, svolgeva un intenso apostolato tra quei buoni cittadini.

Oltre ad abbellire le cappelle di S. Rocco e del Cimitero, fuori delle funzioni parrocchiali riuniva i vialesi per la recita del Rosario.

L'accordo con il parroco era perfetto.

Luigi da parte sua cercava di mettersi in ombra per far risaltare la figura dell'Arciprete.

Ritorno a Terruggia

La mamma di Luigi si aggravava sempre più, tanto da non essere più autosufficiente.

Nel maggio 1897 Luigi, con grande dispiacere da entrambe le parti, dovette congedarsi dai Conti Caisetti e ritornare a Terruggia.

Anche nel suo paese natale, mentre accudiva la mamma, si dedicava all'insegnamento del catechismo ai ragazzi e riuniva i compaesani per la recita del Rosario nella Cappella di S. Grato, di proprietà dell' Arciconfraternita.

Però, a causa di vecchia ruggine fra il parroco ed i membri della Confraternita, il parroco intervenne e proibì le riunioni di preghiera.

Luigi accettò in silenzio, anche se in quel momento stava subentrando in lui una forma di deperimento organico generale.

Annota sul suo "Diario" ( 8 maggio ) che la mamma era moribonda, mentre egli era fuori dei sensi.

In un momento di lucidità prega la Madonna.

Subentra in lui una grande calma e si assopisce.

Sogna la Madonna, che gli dice: "Alzati, la grazia della tua guarigione è fattal ...".

Era vero per lui, ma anche per la mamma, che visse ancora per un anno.

Cuoco a Casale

1899 - Le risorse economiche di Luigi Musso sono agli estremi.

Deve pensare ad un lavoro, che gli consenta di essere quanto possibile vicino alla mamma inferma.

Lo trova a Casale presso i Camilliani.

Vi rimane per un anno, facendo la spola tra Casale e Terruggia, finché non giunse il fatidico 11 maggio 1900 con la morte della mamma.

Nel "Diario" scriverà con accenti toccanti le vicende di quel giorno.

Paiono eco del colloquio di Agostino con la mamma Monica alla vigilia della morte.

Cuoco a Torino

Dopo la morte della mamma, Luigi rimase ancora qualche mese a Casale, presso i Camilliani, finché un Padre Camilliano non gli propose di condurlo con sé nella Comunità di S. Giuseppe in Via dei Mercanti.

Accettò, avendo di mira una possibile consacrazione in qualche Ordine Religioso.

Nulla rivelò nel "Diario" circa la scelta dell'Ordine.

Solo si sa che, venuto a Torino, nel novembre 1900, si presentò al Convento di S. Antonio per essere accettato come converso tra i Minori.

Il Ministro Provinciale, P. Borgialli, non lo accettò subito nel Primo Ordine.

Lo aggregò al Terz'Ordine come periodo di prova, mentre avrebbe continuato ad esercitare la funzione di cuoco presso i Camilliani.

Frate Minore a S. Tommaso

Il 18 gennaio 1901 Luigi Musso ebbe la gioia di essere accolto nell'Ordine Francescano.

Incominciò a chiamarsi Leopoldo Maria.

Rivestito l'abito di S. Francesco, dopo tre giorni, fu inviato nel Convento di S. Tommaso.

Sarà il cuoco del Convento fino alla morte.

Per necessità di servizio fece il noviziato in S. Tommaso, anziché a Belmonte.

Nel 1906 emise i Voti Semplici e nel 1909 i Voti Perpetui.

Come primo incarico apostolico ricevette l'obbedienza di distribuire i foglietti dell'Adorazione Quotidiana nelle Case Religiose e nei Collegi.

La cucina, la Cappella-Santuario di Nostra Signore del S. Cuore, la cella al terzo piano sono i luoghi dove si va perfezionando la sua santità.

La morte

Aveva predetto: "Appena mi ammalerò in modo da dovermi mettere a letto, sarà per morire".

Il 20 gennaio 1922 salì per l'ultima volta le scale del Convento.

Il medico sentenziò che si trattava di polmonite.

Il 26 gennaio chiese a fra Bernardino Boria: "Che giorno è oggi?".

"Giovedì" - rispose il fraticello.

"Giovedì, venerdì, sabato è l'ultimo.

Che grande grazia mi ha fatto il Signore.

Questa volta vado in Paradiso", replico fra Leopoldo.

Il Curato P. Vallaro gli era quasi continuamente vicino.

Venne Fratel Teodoreto, vennero i Catechisti ...

Chiese a P. Vallaro la carità di una benedizione a tutti i Catechisti.

E rivolgendosi ad uno di loro, il rag. Cesone: "Porti una benedizione a tutti i Catechisti presenti e futuri".

Venne il fatidico venerdì.

Ore 0,30.

Mentre fuori del Convento la neve cadeva a larghe falde, fra Leopoldo lasciava questa terra.

Tantissima la gente alla sepoltura, nonostante i 30 cm. di neve.

Profilo interiore di Fra Leopoldo

"Umile segretario del Crocifisso"

Scrisse il domenicano P. Ceslao Pera: "Se Fra Leopoldo avesse seguito il suo istinto 'carismatico' e, piantate le marmitte, avesse preso l'atteggiamento del 'fondatore' avrebbe combinato una bella frittata ...".

Qui è tutta la santità di Fra Leopoldo: si è messo a disposizione di Cristo nella sua cucina ... come un umile servo di Cana ...

Dopo aver scoperto Gesù Cristo come esperienza viva, diventa amico intimo e confidente di Cristo Crocifisso.

Da buon segretario, si farà scrupolo di trasmettere fedelmente quanto Cristo gli rivela.

La stessa docilità vuole da lui la Madonna.

Si legge nel "Diario" ( 24 ottobre 1908 ): "Tu scrivi, figlio mio, di me e io ti saprò ricompensare ...

In avvenire io sarò la tua maestra ...

Tu sei il mio segretario angelico ...

Sei contento, figlio, di fare il segretario anche per me?".

Fra Leopoldo, per essere fedele a questo compito, soffrirà il martirio del cuore.

Fu sempre consapevole di essere un puro strumento ( per di più illetterato! ... ) nelle mani del Signore, anche quando lo incaricheranno di chiedere cose importanti al Signore ...

È la logica di sempre del Vangelo: "Ti benedico, Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" ( Mt 11,25 ).

Dio va a cercare la propria laurea dove più gli piace, perché le sue strade non sono le nostre.

Equilibrio interiore

Il "mistico" Fra Leopoldo fu una persona molto normale ( come tutti i mistici ... ).

Gli stessi confratelli, che vissero con lui per molti anni, non si accorsero mai che in lui vi fosse qualcosa di straordinario.

Sono concordi nell'affermare che non lo videro mai in collera.

Un giorno un Superiore, entrato in cucina, lo apostrofò acerbamente, perché sembrava non dargli retta.

In quel momento il povero cuoco non poteva abbandonare le pentole, che teneva sul fuoco ...

Un signore, presente alla scena, prese le difese di Fra Leopoldo, mentre questi taceva.

Allontanatosi il Superiore, intervenne Fra Leopoldo: "Lei non doveva sgridare il mio Superiore.

Aveva ragione a sgridarmi.

Sembra burbero, ma è molto buono".

Per il profondo convincimento interiore della sua pochezza, riverberava dal suo volto e dal suo costante sorriso un atteggiamento di grande modestia.

Il Processo diocesano potrà concludere: "Fra Leopoldo praticò l'umiltà eroica anche prima di farsi religioso" ( Art. 88 ), documentando largamente tale affermazione.

Umiltà è verità.

Fra Leopoldo fu umile perché aveva una chiara visione interiore di se stesso.

Padre Vallaro ed il Guardiano del Convento portarono larghe affermazioni della sua umiltà.

Un giorno il Guardiano gli chiese sorridendo: "Che è questo che tante gente viene a cercare te e a consultarti, mentre nessuno viene da me, che sono il guardiano?".

Rispose pacato Fra Leopoldo: "Che vuole, Padre? La gente non sa che io sono uno sciocco".

Non era fittizia la sua umiltà.

Spirito di mortificazione

Un confratello nel Processo Diocesano poté affermare: "Tutti quelli che lo conobbero da vicino sono unanimi nell'affermare la sua temperanza eroica nel cibo e nel sonno ... sembrava che non avesse mai appetito ... a lui bastavano abitualmente due o tre ore di sonno, il resto lo passava in preghiera o, quando occorreva, nell'assistere gli infermi della casa.

Durante l'estate portava tonache molto 'pesanti' ( Art. 78 ).

Frutto di questo spirito di mortificazione è stata la sua illibatezza interiore ed un totale spogliamento di sé, tanto da sentirsi terribilmente solo ... della solitudine di Gesù sulla croce ...

Sono drammatiche certe ultime pagine del suo "Diario".

Proprio negli ultimi tempi della sua vita qualcuno è riuscito nell'intento ... ed il Superiore ha imposto a Leopoldo di tacere circa le Case di Carità.

Egli tacerà con tutti ... ma sul suo "Diario" scriverà il 14.12.1921: "0 mio Gesù, perché povero, perché non nobile, perché semplice ... tutti mi hanno abbandonato".

Ebbe addirittura l'impressione ( errata ... ) che anche il suo confidente più intimo ( Fratel Teodoreto ) si fosse allontanato.

Rimaneva però il Crocifisso con cui sfogarsi ... anche Lui aveva provato la desolazione della solitudine.

Il Signore non lo abbandona e proprio in quel momento gli fa scoprire la preziosità della croce: "Leopoldo, sei contento di Me?".

... Contento di Dio ... cosa poteva pretendere di più?

... Era stato lo scopo di tutta la sua vita ... anche se trovare Gesù voleva dire trovare la croce ... Leopoldo comprende che Gesù ama e salva mediante la croce: non rifiuta dunque di essere Cireneo accanto a Gesù per essere con Gesù portatore di salvezza.

Pur nella tempesta il suo cuore ritrova uno squarcio di sereno.

Pietà filiale

Il dono della pietà ( dono dello Spirito Santo ) è stato una costante della vita di Fra Leopoldo.

La pietà eucaristica e mariana dell'infanzia lo porterà gradualmente ad una matura pietà verso il Crocifisso.

Con tanta semplicità insegnava agli altri: "Preghé 'd coer ...": già prima lo praticava egli stesso.

Quanti Rosari recitati in privato e con altri fedeli ...

Quanti colloqui interiori con il Crocifisso e con la Madonna nel Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore, parte dei quali registrava nel suo "Diario", inginocchiato per terra nella sua nuda cella, appoggiato sulla sedia ... fino a quando non dirà al Curato P. Vallaro: "Questa è l'ultima mia malattia e vado a trovare la Mammina".

E quante "affettuose" meditazioni sul Crocifisso ...

Fra Leopoldo aveva trovato tra gli oggetti fuori uso del Convento un vecchio crocifisso, per di più rovinato in più parti.

L'aveva riparato ed esposto in S. Tommaso il Venerdì Santo del 1906.

Era poi stato appeso nel corridoio del Convento.

Chiese al Superiore il permesso di tenerlo in cella per devozione privata.

Da quel giorno incominciò la sua quotidiana adorazione a Gesù Crocifisso, soprattutto notturna.

Devozione eucaristica

C'è un punto di convergenza tra Caterina da Siena e Fra Leopoldo.

Caterina innamorata del "Sangue" di Cristo lo annunzia agli uomini del suo tempo come bagno di vita.

Leopoldo nel nostro "oggi" innamorato delle "piaghe" del Cristo, le addita come parte della vita.

È sintomatico che questo avvenga in una Città distratta, eppure custode di una preziosa reliquia, che porta impresse le Piaghe del Salvatore.

Crocifisso ed Eucaristia sono due poli, che plasmano l' "intimità spirituale" di Fra Leopoldo: "Com'è bello conversare con Dio nel SS. Sacramento nelle ore silenziose" ( 28 ottobre 1908 )

"Ti adoriamo, o Sacramentato Gesù, in quest'ostia consacrata ... per la tua misericordia ed amore ci hai fatto il dono di rimanere sempre con noi, su questa povera terra, fino alla fine del mondo ..." ( 20 gennaio 1909 ).

Fra Leopoldo, che è innamorato della "Sorgente", trova nell'Eucaristia la testimonianza continua e dolorosa del Crocifisso: "si fa memoria della sua Passione" come recita l'antifona della Liturgia.

Leopoldo non fa distinzione tra Croce e tabernacolo.

Il Cristo è il Cristo.

E per Leopoldo si tratta di un "Qualcuno" che soffre in una terrificante solitudine.

Un "Qualcuno" che ha paura del freddo e della notte e che invoca un po' di compassione ...

La Croce ed il tabernacolo "incollano" Leopoldo in una delicata vicinanza.

All'umile frate di S. Tommaso non interessano i grandi concetti dogmatici: la sua è una "teologia per vivere".

Gli interessa la piccola fiamma, che arde nel silenzio della chiesa di S. Tommaso: quella indica la presenza fisica di "Lui" ed il suo sconfinato soffrire.

L'Eucaristia ha portato Fra Leopoldo ad innamorarsi della Croce.

Da quando il barnabita P. Cozzi l'ha indirizzato alla Comunione quotidiana, non ha più cessato di accostarsi al banchetto eucaristico, a costo di fare ogni giorno 3 km di strada da Terruggia a S. Germano ( come capitò nel secondo ritorno al suo paesello ).

Specialmente nel periodo di permanenza in S. Tommaso, sovente nella giornata è ai piedi del tabernacolo.

Nell'interno della sua anima ripercorre lo spasimo della crocifissione.

Allora l'adorazione diventa totale, perché in quei momenti unisce in sé tutto il dolore provato dal suo Divin Maestro.

Così l'eco dell'Eucaristia si propaga ad ogni gesto e ad ogni pensiero di Fratel Leopoldo.

Devozione a Gesù Crocifisso

Nel "Diario" Fra Leopoldo accenna ad un sogno avuto a Vercelli nel 1887.

Vide in sogno l'Addolorata, che gli diceva: "Ricordati di ciò che ha sofferto mio figlio".

Più tardi a Torino in S. Dalmazzo: "Fra Me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità".

È un'espressione, che arriva dal cuore stesso del Crocifisso ...

Fra Leopoldo ne è felice ...

Probabilmente ignora cosa voglia dire questa intimità.

Per intanto è felice ...

Ai cristiani "normali", abituati alla logica fredda, può creare fastidio ed imbarazzo questo "sentire" che Dio comunica quasi fisicamente con qualcuno.

Si ricorre allora alle parole: allucinazioni, turbe psichiche, ecc.

Abituati al puro raziocinio ( non sempre! !! ... ) torna difficile accettare le parole "tenerezza-debolezza" nei confronti di Dio.

Si stenta a capire che Dio agisce in modo diverso da noi.

In questo caso si preferisce non parlarne oppure fare ironia ...

Così è capitato a Lourdes, a Fatima ... alle anime privilegiate in genere ...

La devozione a Gesù Crocifisso prende corpo in Fra Leopoldo negli anni 1905/1906 nel periodo del noviziato.

Avuto il Crocifisso dal Superiore, di cui già scritto, Fra Leopoldo ogni mattina si alza alle ore quattro per meditare e adorare le Piaghe di Gesù Crocifisso.

Alle ore sei è in chiesa per la Santa Messa e Comunione.

Durante la mattinata ripete l'adorazione ed il ringraziamento.

Ordinata la cucina, alle 15 è davanti al SS. Sacramento in adorazione.

Dopo cena è ancora davanti a Gesù Sacramentato fino a buona parte della notte.

Salito in camera è in un'ultima adorazione al Crocifisso prima del breve riposo.

Il resto della giornata è passato in cucina.

Frutto delle sue meditazioni sul Crocifisso fu la nuova formula di preghiere alle cinque Piaghe.

La formula è inquadrata nel Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore.

Gli "Angeli" sono la bellissima coreografia, che l'Arch. Gallo ha voluto porre in alto attorno alla Madonna; i "Santi" sono le tele del pittore Stura, raffiguranti i Santi Patroni dei Francescani.

La preghiera fu composta dal Servo di Dio e ritoccata dal terziario Giovanni Caneparo e dal P. Fedele Provera.

Fu presentata al Card. Agostino Richelmy e approvata il 31.7.1915.

Non solo. Tramite il grande ufficiale Achille Cavallotti, che aveva accompagnato al Conclave il Card. Richelmy, era stata offerta copia della devozione alle cinque Piaghe al nuovo Papa Benedetto XV ( di cui Fra Leopoldo aveva preconizzata l'elezione ).

Il Papa la indulgenziò direttamente, donando una sua grande fotografia con autografo.

La preghiera venne inserita nel volume "Preces et pia opera" della S. Penitenzieria nell'edizione del 1938.

L'immagine fu preparata dal pittore Luigi Guglielmino.

Vuole riprodurre al meglio la descrizione fatta da Fra Leopoldo secondo un sogno, che fece a Viale nel 1893.

Venne stampata e diffusa in un milione di copie dall'Unione del Crocifisso, dai Fratelli delle Scuole Cristiane, dai Frati Minori e dal Terz'Ordine.

Anima della diffusione fu Fratel Teodoreto.

I foglietti raggiunsero i soldati in trincea nella guerra del 1915/18.

Per amore di cronaca si può ricordare che Ambrogio Fogar nell'aprile 1983 nella sua storica salita solitaria al Circolo Polare Articolo impiantò un' immagine dell'adorazione su un mucchio si ghiaccio ( si conserva fotografia ).

Molte sono le anime buone, che continuano la pia pratica, soprattutto i giovani cresciuti nelle varie Case di Carità.

Nel "Diario" ( 18 gennaio 1915 ) si legge: "È mio desiderio che passi ai Fratelli delle Scuole Cristiane ciò che ho cooperato per mezzo tuo".

Qualcuno si è chiesto il motivo di questo volere del Crocifisso.

Da quanto si sa, Fra Leopoldo non ha mai dato spiegazioni né mai fu richiesto di un chiarimento.

La domanda pare oziosa, perché il Signore sceglie gli strumenti che vuole.

Piuttosto si può costatare un fatto più che chiedersi dei "perché": da un piccolo seme si è sviluppata una grande pianta.

Le Case di Carità

Fratel Teodoreto aveva in animo di fondare un'opera per tenere uniti gli ex-allievi di S. Pelagia.

In realtà gli uscì di mano un Istituto Secolare, riconosciuto dalla Chiesa: la Pia Unione di Gesù Crocifisso e di Maria SS. Immacolata.

È singolare come il Signore si serva di un umile francescano per stimolare attraverso Fratel Teodoreto un piano culturale di formazione dei giovani, che assumerà enorme portata.

Le pagine del "Diario" sono perentorie: « Lunedì 24 novembre 1919, sera, ore 9,30.

Nella santa Adorazione-Divozione al SS. Crocifisso, quando incominciai l'adorazione alla Piaga della mano sinistra, Gesù disse: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani arti e mestieri ..." ».

Fra Leopoldo farà conoscere a Fratel Teodoreto questa volontà del Signore.

Ne parlerà pure all'Ing. Rodolfo Sella, al Conte Avogadro, all'Ing. Carlo De Matteis.

Il metodo cristiano educativo proposto da Fra Leopoldo, si concretizza nelle Case di Carità: un metodo che inculca una cultura per vivere più che per il puro sapere.

Ha una centralità: il recupero della conoscenza dell'amore irradiante dal Crocifisso.

Il crocifisso è congiunzione dell'umano e del divino.

Il palo verticale innesta l'uomo in Dio, il braccio orizzontale spinge l'uomo a espandere tutta la potenzialità ricevuta dall'alto.

Le Case di Carità diventano un grande messaggio al mondo moderno: se manca una dimensione non c'è la croce e dove manca la croce non c'è cristianesimo.

Profeticamente Fra Leopoldo vede nella Casa di Carità un modo per conquistare la pienezza dell'uomo ...

Ma in realtà Fra Leopoldo non è che un segretario illetterato ...

È Cristo che detta il Suo metodo: amare l'uomo ed i giovani in particolare come Lui ha amato ...

È la cultura dell'amore che si fa "debole con i deboli" ( 1 Cor 9,22 ).

Paolo VI nel suo stupendo documento "Evangelii nuntiandi" dirà che l'evangelizzazione non si identifica con le culture, ma è capace di impregnarle tutte.

Il dramma della nostra epoca è la rottura tra Vangelo e cultura.

Ecco magnificamente delineato il servizio della Casa di Carità ...: sapere e far sapere cosa vuol dire vivere, secondo l'insegnamento di Gesù.

Fra Leopoldo si strugge di portare tutti ad un'esistenza cristiana in pienezza.

Per lui la Casa di Carità sarà una fucina capace di far giungere ai giovani le ricchezze del Calvario.

Il suo non è un metodo studiato a tavolino: è un'esperienza di vita.

È soprattutto un amoroso progetto di Dio.

È meraviglioso pensare che Fra Leopoldo occupa una precisa dimensione culturale nel Corpo Mistico ...

E come non pensare alla stupenda vocazione dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso? ...

E come segno di speranza per il futuro, non si può dimenticare che Fratel Leopoldo ha pagato in prima persona per le Case di Carità.

Le opere di Dio sono di Dio e si affermano nonostante i contrasti.

Anzi gli stessi contrasti sono sigillo dell'opera di Dio.

Quando Fra Leopoldo il 27 gennaio 1922 chiude gli occhi alla luce di quaggiù, era in pieno sviluppo una battaglia interna riguardante proprio le Case di Carità.

Per questo Leopoldo visse gli ultimi giorni della sua vita segregato da tutti ...

L'obbedienza glie lo aveva imposto ...

Amareggiato scrive nel suo "Diario": "Perché povero ... tutti mi hanno abbandonato".

Cos'era capitato?

La denominazione della nuova istituzione ...

E non si trattava solo di una denominazione; voleva dire scegliere un metodo.

Qualcuno affermava che occorreva dimenticare la parola "Carità" e affidarsi a solide basi economiche con tanto di rette e di operazioni economiche.

Invece l'umile frate di S. Tommaso aveva sentito diversamente dal Crocifisso ... e il mite Fra Leopoldo si schierò decisamente contro tale impostazione ... finché l'obbedienza gli permise di parlare ...

Dopo sceglierà la via del silenzio e della solitudine interiore, unendo la sua sofferenza a quella del Crocifisso.

Sul letto di morte non potrà più scrivere quanto il Crocifisso gli suggerisce: lo dirà a voce.

Rivolto infatti a P. Vallaro, lo prega di benedire tutti i Catechisti della Pia Unione, presenti e futuri.

Accanto al suo letto di morte sono tutti rappresentati in Fratel Teodoreto ...

Oggi le Case di Carità si sono moltiplicate, non solo per la dedizione esemplare dell'Unione Catechisti e dei Fratelli delle Scuole Cristiane, ma perché opera del Signore.

Dalla prima scuola serale in Via Delle Rosine e dalla scuola festiva nei locali di Nostra Signora della Pace, si passò all'Istituto Arti e Mestieri in Corso Trapani e alla Casa di Carità in Via Feletto 3.

Nel 1939 si potevano contare 800 alunni.

Per venire incontro alle nuove esigenze si costruì su un'area di 10.000 mq la nuova sede in Corso Benedetto Brin.

All'alba del nuovo millennio l'Istituzione conta un gran numero di Case di formazione, sparse in Italia e all'estero.

A tutt'oggi sono circa 5.000 gli allievi.

L'8 settembre 1998 si è costituita con atto notarile un'Associazione avente come scopo un preciso progetto educativo di recupero e di reinserimento sociale.

Tale progetto nell'anno formativo 1997/98 contava ben 637 allievi, tutti detenuti.

Fratel Leopoldo, il fedele segretario del Crocifisso, riposa oggi nel Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore, testimone di tanta preghiera e di tanta adorazione alle Piaghe del Signore.

Non ha più la preoccupazione di lasciare la preghiera per attendere alla sua mansione di cuoco del Convento.

Ormai la sua adorazione è perenne: non più nella sofferenza, ma nella luce e nella gioia della Casa del Padre.

Nella grande ammirazione della sua meravigliosa vita ci auguriamo il riconoscimento, da parte della Chiesa, delle virtù praticate in modo eroico.

Intanto, umile frate assetato di Assoluto e ricercatore dell'essenziale, oggi dalla tomba pare continuare a ripetere: "Preghé 'd coer ...".

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