Filotea

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La povertà di spirito osservata nelle ricchezze

Es 3,2; 1 Re 21,2-3; Mt 5,3

Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli; infelici dunque i ricchi di spirito, perché li aspetta la miseria dell'inferno.

Il ricco di spirito è quello che ha le ricchezze nel cuore e il cuore nelle ricchezze; il povero di spirito è colui che non ha ne le ricchezze nel cuore, né il cuore nelle ricchezze.

Gli alcioni fanno i nidi in forma di palma e vi lasciano soltanto una piccola apertura in alto.

Li piazzano sulla riva del mare e li costruiscono così solidi e impermeabili che se anche le onde dovessero travolgerli, le acque non penetrano; anzi rimangono sempre a galla in mezzo al mare, sul mare e padroni del mare.

Così deve essere il tuo cuore, cara Filotea, aperto soltanto al cielo, e impenetrabile alle ricchezze e ai beni caduchi.

Se possiedi delle ricchezze, non impegnare il cuore in esse; fa in modo di dominarle sempre e, pur essendo in mezzo ad esse, comportati come se ne fossi senza.

Non affogare quel dono del cielo, che è il cuore, nei beni della terra; conservalo sempre superiore ad essi, sopra di essi, senza smarrirlo in essi.

Possedere del veleno ed essere avvelenati non è la stessa cosa: i farmacisti possiedono quasi sempre del veleno per servirsene in varie circostanze, ma non per questo sono avvelenati; non hanno il veleno nel corpo, ma nel laboratorio.

Allo stesso modo puoi possedere ricchezze senza essere avvelenata: questo se le hai in casa o nel portafoglio, ma non nel cuore.

Essere ricco di fatto e povero nel cuore è una gran fortuna per il cristiano; in tal modo ha gli agi della ricchezza in questo mondo e il merito della povertà per l'altro!

Sai, Filotea? Nessuno al mondo vorrà mai ammettere di essere avaro!

Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che inaridisce il cuore.

Chi adduce a scusa il pesante fardello dei figli, chi la necessità di crearsi una posizione solida.

Non si possiede mai abbastanza; si scopre sempre un motivo per avere di più: quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo!

L'avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili.

Mosè vide la fiamma che bruciava un cespuglio senza consumarlo; al contrario il fuoco dell'avarizia, consuma e divora l'avaro senza mai bruciarlo.

Tra gli ardori e i calori più forti, egli si vanta di provare la più riposante freschezza di questo mondo, e ritiene la sua sete insaziabile una sete naturale e piacevole.

Se desideri lungamente, ardentemente e con ansia i beni che non possiedi, hai un bel dire che non li vuoi acquistare ingiustamente.

Non sarà per questo che cesserai di essere un autentico avaro.

Chi brama di bere con arsura, con insistenza e con ansia, anche se desidera bere solo acqua, dimostra chiaramente di avere la febbre.

Filotea, non so fino a che punto sia un giusto desiderio voler possedere giustamente quello che un altro giustamente già possiede; con questo desiderio noi vogliamo fare il comodo nostro incomodando gli altri.

Chi già possiede giustamente un bene, non ha forse più ragioni di conservarlo giustamente, che noi di volerglielo portar via giustamente?

E perché vogliamo allungare il nostro desiderio sul suo bene per portarglielo via?

Ma anche volendo supporre che questo nostro desiderio sia giusto per davvero, di sicuro non è caritatevole; è certo che noi saremmo molto contrariati se qualcuno, anche giustamente volesse impadronirsi di quello che giustamente possediamo noi!

Questo è stato il peccato di Acab, che voleva impossessarsi giustamente della vigna di Nabot, mentre Nabot giustamente voleva conservarla.

La desiderò con tanto ardore, così a lungo e tormentandosi che finì con l'offendere Dio.

Aspetta, Filotea, a desiderare il bene del prossimo che il prossimo abbia il desiderio di disfarsene; in tal caso il suo desiderio renderà il tuo più che giusto, addirittura caritatevole.

Sì, sono d'accordo che tu abbia cura di accrescere il tuo patrimonio e le tue possibilità, ma sempre con giustizia, con calma e carità.

Se sei molto attaccata ai beni che possiedi, se ne sei tutta presa e ci metti dentro il cuore e i pensieri, e temi con un timore intenso e ossessivo di perderli, credimi, hai ancora la febbre.

Chi ha la febbre beve l'acqua che gli offrono con un'ingordigia, una bramosia e una soddisfazione che i sani abitualmente non manifestano.

Non è possibile trovare molta soddisfazione in una cosa, se non nutriamo per la stessa molto affetto.

Se capita che tu perda dei beni e che il tuo cuore rimanga desolato, fortemente afflitto, credi a me, Filotea, vuoi dire che lì c'era molto del tuo affetto.

Infatti l'afflizione per la cosa perduta è la prova più certa dell'affetto che si aveva per essa.

E allora non desiderare con una brama travolgente e definita il bene che non hai; non impegnare troppo il cuore in quello che possiedi; non disperarti per i rovesci che potranno colpirti.

Avrai allora qualche motivo di pensare che, pur essendo ricca di fatto, non lo sei di affetto, ma sei povera di spirito e quindi felice, perché il Regno dei cieli è tuo.

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