Fioretti

Della seconda considerazione delle sacre sante Istimate

[1904] La seconda considerazione si è della conversazione di santo Francesco co' compagni in sul detto monte.

E quanto a questa è da sapere che, udendo messere Orlando che santo Francesco con tre compagni era salito per abitare in sul monte della Vernia, ebbe grandissima allegrezza, e il dl seguente si mosse egli con molti del suo castello e vennono a visitare santo Francesco, portando del pane e del vino e delle altre cose da vivere, per lui e per li suoi compagni.

E giugnendo lassù, sì li trovò stare in orazione; e appressandosi a loro, sì li salutò.

Allora santo Francesco si dirizzò e con grandissima carità e allegrezza ricevette messere Orlando con la sua compagnia.

E fatto questo, sì si puosono a ragionare insieme; e dopo che ebbero ragionato e santo Francesco l'ebbe ringraziato del divoto monte che gli avea donato e della sua venuta, egli sì lo pregò che gli facesse fare una celluzza povera a piede d' uno faggio bellissimo, il quale era di lunge dal luogo de' frati per una gittata di pietra, però che quello gli parea luogo molto divoto e atto alla orazione.

E messere Orlando immantanente la fece fare; e, fatto questo, però che s' appressava la sera ed era tempo da partirsi, e santo Francesco innanzi che si partissino predicò loro un poco; e poi, predicato ch' egli ebbe e dato loro la benedizione, messere Orlando dovendosi partire, egli chiamò da parte santo Francesco e li compagni e disse loro così: « Frati miei carissimi, e' non è mia intenzione che in questo monte salvatico voi sosteniate nessuna necessità corporale, per la quale voi possiate meno attendere alle cose spirituali; e però io voglio, e questo vi dico per tutte le volte, che a casa mia voi mandiate sicuramente per ogni vostro bisogno.

E se voi faceste il contrario, io l'avrei da voi molto per male ».

E detto questo, si partì con la sua compagna e tornossi al castello.

[1905] Allora santo Francesco fece sedere li suoi compagni e sì gli ammaestrò del modo e della vita che doveano tenere eglino e chiunque religiosamente sì vuole vivere ne' romitori.

E tra l'altre cose, singularmente sì impuose loro la osservanza della santa povertà, dicendo: « Non ragguardate tanto la caritatevole profferta di messere Orlando, ché voi in cosa nessuna offendiate la nostra donna, madonna santa povertà.

Abbiate di certo che, quanto noi più ischiferemo la povertà, tanto più il mondo ischiferà noi e più necessità patiremo; ma se noi abbracceremo bene stretta la santa povertà, il mondo ci verrà dietro e nutricheracci copiosamente.

Iddio ci ha chiamati in questa santa religione per la salute del mondo, e ha posto questo patto tra noi e 'l mondo, che noi diamo al mondo buono esempio e 'l mondo ci provegga nelle nostre necessità.

Perseveriamo dunque in nella santa povertà, però ch'ella è via di perfezione ed è arra e pegno delle nostre ricchezze ».

E dopo molte belle e divote parole e ammaestramenti di cotesta materia, sì conchiuse dicendo: « Questo è il modo di vivere, il quale io impongo a me e a voi.

E però che mi veggio appressare alla morte, io m'intendo di stare solitario e ricogliermi con Dio e dinanzi a lui piagnere li miei peccati; e frate Leone, quando gli parrà, mi recherà un poco di pane e un poco d'acqua; e per nessuna cagione lasciate venire a me nessuno secolare, ma voi rispondete loro per me ».

E dette queste parole, diede loro la benedizione e andossene alla cella del faggio; e li compagni si rimasono nel luogo, con fermo proponimento di osservare li comandamenti di santo Francesco.

[1906] Ivi a pochi dì, istandosi santo Francesco allato alla detta cella e considerando la disposizione del monte e meravigliandosi delle grandissime fessure e aperture di sassi grandissimi, si puose in orazione; e allora gli fu rivelato da Dio che quelle fessure così maravigliose erano state fatte miracolosamente, nell'ora della passione di Cristo, quando, secondo che dice il Vangelista, le pietre si spezzarono.

E questo volle Iddio che singularmente appresse in su quel monte della Vernia, perché quivi si dovea rinnovare la passione del nostro Signore Gesù Cristo, nell'anima sua per amore e compassione, e nel corpo suo per impressione delle sacre sante Istimate.

Avuta ch'ebbe santo Francesco quella rivelazione, immantanente si rinchiude in cella e tutto si ricoglie in sé medesimo e sì si dispone attendere al misterio di questa rivelazione.

E d'allora inanzi santo Francesco per la continova orazione cominciò ad assaggiare più spesso la dolcezza della divina contemplazione, per la quale egli ispesse volte era sì ratto in Dio, che corporalmente egli era veduto da' compagni elevato di terra e ratto fuori di sè.

[1907] In questi cotali ratti contemplativi sì gli erano rivelate da Dio non solamente le cose presenti e le future, ma eziandio li segreti pensieri e gli appetiti de' frati, siccome in sè medesimo provò frate Leone suo compagno in quel dì.

Il quale frate Leone sostenendo dal demonio una grandissima tentazione non carnale ma spirituale, sì gli venne grande voglia d'avere qualche cosa divota scritta di mano di santo Francesco, e pensavasi che, s' e' l'avesse, quella tentazione si partirebbe in tutto o in parte.

Avendo questo desiderio, per vergogna e per reverenza non avea avuto ardire di dirlo a santo Francesco; ma a cui nol disse frate Leone, sì lo rivelò lo Spirito santo.

Di che santo Francesco sì il chiamò a sé e fecesi recare il calamaro e la penna e la carta; e con la sua mano iscrisse una lauda di Cristo, secondo il desiderio del frate, e nel fine fece il segno del Tau e diegliela dicendo: « Te', carissimo frate, questa carta, e infino alla morte tua la guarda diligentemente.

Iddio ti benedica e guarditi contro ogni tentazione.

Perché tu abbi delle tentazione, non ti sgomentare; però che allora ti reputo io amico e più servo di Dio e più ti amo, quanto più se' combattuto dalle tentazioni.

Veramente io ti dico che nessuno si dee riputare perfetto amico di Dio insino a tanto che non è passato per molte tentazioni e tribulazioni ».

Ricevendo frate Leone questa scritta con somma divozione e fede, subitamente ogni tentazione si partì; e, tornandosi al luogo, narrò alli compagni con grande allegrezza quanta grazia Iddio gli avea fatta nel ricevere quella scritta di santo Francesco; e riponendola e serbandola diligentemente con essa fecero poi li frati molti miracoli.

[1908] E da quella ora innanzi il detto frate Leone con grande purità e buona intenzione cominciò ad iscrutare e considerare sollecitamente la vita di santo Francesco, e per la sua purità egli si meritò di vedere più e più volte santo Francesco ratto in Dio e sospeso da terra, alcuna volta in spazio d' altezza di tre braccia, alcuna volta di quattro, alcuna volta insino all' altezza del faggio e alcuna volta lo vide levato in aria tanto alto e attorniato di tanto splendore, ch' egli appena il potesse vedere.

E che facea questo semplice frate quando santo Francesco era sì poco elevato da terra ch' egli il potea aggiugnere?

Andava costui pianamente ed abbracciavagli i piedi, baciavali e con lagrime diceva: « Iddio mio, abbi misericordia di me peccatore e per li meriti di questo santo uomo fammi trovare la grazia tua ».

E una volta tra l' altre, istando egli così sotto i piedi di santo Francesco quando egli era tanto elevato da terra che non lo potea toccare, egli vide una cedola iscritta di lettere d' oro discendere di cielo e porsi in sul capo di santo Francesco nella quale cedola erano iscritte queste parole: Qui è la grazia di Dio; e poi che l'ebbe letta, sì la vide ritornare in cielo.

[1909] Per lo dono di questa grazia di Dio ch' era in lui, santo Francesco non solamente era ratto in Dio per contemplazione estatica, ma eziandio alcuna volta era confortato da visitazione angelica.

Onde istandosi un dl santo Francesco e pensando della sua morte e dello stato della sua religione dopo la vita sua, e dicendo: « Signore Iddio, che sarà, dopo la mia morte, della tua famiglia poverella, la quale per la tua benignità hai commessa a me peccatore? chi li conforterà? chi li correggerà? chi ti pregherà per loro? » e simiglianti parole dicendo; sì gli apparve l' Agnolo mandato da Dio e confortandolo disse così: « Io ti dico da parte di Dio che la professione dell' Ordine tuo non mancherà insino al dì del giudicio e non sarà niuno sì grande peccatore, che se egli amerà di cuore l' Ordine tuo, egli non truovi misericordia da Dio; e nessuno che per malizia perseguiti l' Ordine tuo potrà lungamente vivere.

E appresso, nessuno molto reo nell' Ordine tuo, il quale non corregga la sua vita, potrà molto perseverare nell' Ordine.

E però non ti contristare se nella tua religione tu vedi alcuni frati non buoni, li quali non osservano la Regola come debbono, e non pensare però che questa religione venga meno; imperò che sempre ve ne saranno molti e molti li quali serveranno perfettamente la vita del Vangelo di Cristo e la purità della Regola; e quelli cotali immantanente dopo la vita corporale se ne andranno a vita eterna sanza passare punto per purgatorio.

Alquanti la serveranno, ma non perfettamente, e quelli anzi che vadano al paradiso saranno in purgatorio, ma il tempo della loro purgazione ti sarà commesso da Dio.

Ma di coloro che non osservano punto della Regola, non te ne curare, dice Iddio, però che non se ne cura egli ».

E dette queste parole, l' Agnolo si partì e santo Francesco rimase tutto confortato e consolato.

[1910] Appressandosi poi alla festa della Assunzione della nostra Donna, e santo Francesco cerca opportunità di luogo più solitario e segreto nel quale egli possa più solitario fare la quaresima di santo Michele Arcagnolo, la quale cominciava per la detta festa della Assunzione.

Ond'egli chiama frate Leone e dicegli così: « Va' e sta' in sulla porta dell'oratorio del luogo de' frati, e quando io ti chiamerò, e tu torna a me ».

E va frate Leone e sta in sulla porta, e santo Francesco si dilunga un pezzo e chiama forte.

E udendo frate Leone chiamare, torna a lui, e santo Francesco gli dice: « Figliuolo, cerchiamo altro luogo più segreto onde tu non mi possa udire così quand' io ti chiamerò ».

E cercando sì ebbono veduto del lato del monte, dalla parte del meriggio, un luogo segreto e troppo bene atto, secondo la sua intenzione, ma non vi si potea andare, però che dinanzi v' era una apritura di sasso molto orribile e paurosa: di che con grande fatica ci vi puosono suso uno legno a modo di ponte e passarono di là.

Allora santo Francesco sì manda per gli altri frati e dice loro come egli intende di fare la quaresima di santo Michele in quello luogo solitario; e però li priega ch' eglino vi facciano una celluzza, sicchè per nessuno suo gridare e' potesse essere udito da loro.

E fatta che fu la celluzza di santo Francesco, dice a loro: « Andatene al luogo vostro e me lasciate qui solitario però che con l' aiuto di Dio io intendo di fare qui questa quaresima sanza istropiccìo di mente, e però nessuno di voi venga a me, nè nessuno secolare non lasciate venire a me.

Ma tu, frate Leone, solamente, una sola volta il dl verrai a me con uno poco di pane e d' acqua, e la notte un' altra volta nell' ora del mattutino; e allora verrai a me con silenzio e quando se' in capo del ponte e tu dirai: Domine labia mea aperies.

E s' io ti rispondo, passa e vieni alla cella e diremo insieme il mattutino; e se io non ti rispondo, partiti immantanente ».

E questo dicea santo Francesco, però che alcuna volta era sì ratto in Dio, ch'egli non udiva nè sentiva niente con sentimenti del corpo.

E detto questo santo Francesco diede loro la benedizione, ed eglino si ritornarono al luogo.

[1911] Vegnendo adunque la festa dell' Assunzione, santo Francesco comincia la santa quaresima, e con grandissima astinenza e asprezza macerando il corpo e confortando lo spirito con ferventi orazioni, vigilie e discipline e in queste orazioni sempre crescendo di virtù in virtù, disponea l'anima sua a ricevere li divini misteri e li divini splendori, e 'l corpo a sostenere le battaglie crudeli delli demonii, con li quali spesse volte combattea sensibilmente.

E fra l' altre fu una volta in quella quaresima, che uscendo un dì santo Francesco della cella in fervore di spirito e andando ivi assai presso a stare in orazione in una tomba d' un sasso cavato, della quale insino giù a terra è una grandissima altezza e orribile e pauroso precipizio, subitamente viene il demonio, con tempesta e con rovinìo grandissimo, in forma terribile, e percuotelo per sospignerlo quindi giuso.

Di che santo Francesco non avendo dove fuggire e non potendo soffrire l' aspetto crudelissimo del demonio, di subito si rivolse con le mani e col viso e con tutto il corpo al sasso e raccomandossi a Dio, brancolando colle mani se a cosa nessuna si potesse appigliare.

Ma come piacque a Dio, il quale non lascia mai tentare li servi suoi più che possano portare, subitamente per miracolo il sasso, al quale egli s' accostò, si cavò secondo la forma del corpo suo e sì lo ricevette in sè, a modo come s' egli avesse messe le mani e 'l viso in una cera liquida, così nel detto sasso s' improntò la forma delle mani e de viso di santo Francesco; e così aiutato da Dio, scampò dinanzi al demonio.

[1912] Ma quello che il demonio non potè fare allotta a santo Francesco, di sospignerlo quindi giuso, sì fece poi, a buon tempo dopo la morte di santo Francesco, a uno suo caro e divoto frate; il quale in quello medesimo luogo acconciando alcuni legni, acciò che sanza pericolo vi si potesse andare per divozione di santo Francesco e dello miracolo ivi fatto, un di lo demonio lo sospinse, quand' egli avea in capo un legno grande il quale egli volea acconciarvi, e sì lo fece cadere quindi giù con quel legno in capo.

Ma Iddio ch' avea campato e preservato santo Francesco dal cadere, per li suoi meriti campò e preservò il divoto frate suo del pericolo della caduta; onde cadendo, il frate con grandissima divozione ad alte voci si raccomanda a santo Francesco, ed egli subitamente gli apparve e prendendolo sì lo posò giuso in su li sassi sanza nessuna percossa o lesione.

Onde avendo uditi gli altri frati il grido di costui quando cadde, e credendo che fosse morto e minuzzato per l' alta caduta in sulli sassi taglienti, con grande dolore e pianto presono il cataletto e andavano dall' altra parte del monte per recarne li pezzi del corpo suo e sotterrarli.

Ed essendo già discesi dal monte, questo frate ch' era caduto gli scontrò con quello legno in capo, col quale egli era caduto, e cantava ad alte voci Te Deum laudamus.

E maravigliandosi li frati fortemente, egli innarrò loro per ordine tutto il modo del suo cadere e come santo Francesco l' avea campato da ogni pericolo.

Allora tutti li frati insieme ne vennero con lui al luogo cantando divotissimamente il predetto salmo Te Deum laudamus, e laudando e ringraziando Iddio e santo Francesco del miracolo ch' avea adoperato nel frate suo.

[1913] Proseguendo dunque santo Francesco, come detto è, la detta quaresima, benché molte battaglie sostenesse dal demonio, nientedimeno molte consolazioni riceveva da Dio, non solamente per visitazioni angeliche, ma eziandio per uccelli salvatichi: imperò che in tutto quello tempo della quaresima uno falcone nidificava ivi presso la cella sua e ogni notte, un poco innanzi al mattutino, col suo canto e col suo isbattersi alla cella sua sì lo destava, e non si partia insino che non si levava suso a dire il mattutino, e quando santo Francesco fosse più lasso una volta e un' altra, o debile o infermo, questo falcone, a modo e come persona discreta e compassiva, sì cantava più tardi.

E così di questo santo oriuolo santo Francesco prendea grande piacere; però che la grande sollecitudine del falcone sì scacciava da lui ogni pigrizia e sollecitavalo ad orare, ed oltre a questo di dl stava alcuna volta dimesticamente con lui.

[1914] Finalmente, quanto a questa seconda considerazione, essendo santo Francesco molto indebolito del corpo, tra per l' astinenza grande e per le battaglie del demonio, volendo egli col cibo spirituale dell' anima confortare il corpo, cominciò a pensare della ismisurata gloria e gaudio de' beati di vita eterna; e sopra ciò incominciò a pregare Iddio che gli concedesse grazia d' assaggiare un poco di quello gaudio; e istando in questo pensiero, subito gli apparve un Agnolo con grandissimo isplendore, il quale avea una viola nella mano sinistra e lo archetto nella diritta, e stando santo Francesco tutto istupefatto nello aspetto di questo Agnolo, esso menò una volta l' archetto in su sopra la viola, e subitamente tanta soavità di melodia indolcì l' anima di santo Francesco e sospesela sì da ogni sentimento corporale, che, secondo che e' recitò poi alli compagni, egli dubitava, se lo Agnolo avesse tirato l' archetto in giù, che per intollerabile dolcezza l' anima si sarebbe partita dal corpo.

E questo è quanto alla seconda considerazione.

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco.

Amen.

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