Attaccamento

Dizionario

1) Profondo vincolo affettivo

Sinonimo: dedizione


L'attaccamento può essere definito come un sistema dinamico di atteggiamenti e comportamenti che contribuiscono alla formazione di un legame specifico fra due persone, un vincolo le cui radici possono essere rintracciate nelle relazioni primarie che si instaurano fra bambino e adulto.

In psicologia, il termine attaccamento è legato alle ricerche sullo sviluppo e sull'infanzia, in relazione ai legami che si creano con le figure di accudimento.

Il primo a proporlo come concetto cardine, per spiegare il comportamento dei bambini, fu John Bowlby, un ricercatore britannico originariamente di formazione psicoanalitica.

Secondo l'autore, il bambino, appena nato, è tendenzialmente portato a sviluppare un forte legame di attaccamento con la madre o con chi si prende cura di lui ( figura anche definita con il termine inglese di caregiver ).

Il più importante assunto della Teoria dell'attaccamento è che un bambino necessita di sviluppare una relazione con almeno un caregiver, per la riuscita del suo sviluppo sociale ed emozionale.

Tale relazione può essere diadica, come nella relazione madre-bambino tipica della cultura occidentale, o può coinvolgere una comunità di caregivers ( fratelli, famiglia estesa, insegnanti ), come si può osservare nelle culture dell'Africa o del Sudamerica.

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La fede è – dal punto di vista psicologico – un'esperienza di relazione: in essa il credente si abbandona completamente e con fiducia ad un Altro diverso da sé, Dio.

L'esperienza di fede, quindi, è preparata dalla profonda esperienza emotiva e affettiva del sentirsi amati, accettati e accolti, oppure del sentirsi nell'insicurezza e nel pericolo, alla ricerca di una cura.

Un elemento cardine della fede cristiana consiste nella certezza che Dio è amore: questo è proprio il sentimento che si pone a fondamento del rapporto duale Dio-uomo fintanto che, spesso, la conversione è stata paragonata all'esperienza dell'innamoramento.

L'intima relazione tra l'uomo e Dio, dal punto di vista psicologico, può esser letta come legame di attaccamento, caratterizzato da quattro elementi specifici:

La ricerca e il mantenimento della prossimità a Dio.

Esistono diverse modalità per sentire la vicinanza a Dio, un esempio consiste nel credere all'onnipresenza e ritenersi pertanto sempre in prossimità rispetto a Dio, o, ancora, il fedele si reca nei "luoghi di culto sacri", per esperire una forte vicinanza al Signore.

La massima espressione della prossimità consiste nella preghiera contemplativa e meditativa; attraverso la preghiera il credente si percepisce vicino al suo Dio poiché può instaurare un silenzioso ma intenso dialogo mediante cui stabilire un contatto diretto.

Dio come rifugio sicuro.

La religione sembra essere un appiglio di fondamentale importanza nei momenti di maggiore difficoltà che la vita ci chiama ad affrontare, questi vengono vissuti come elementi stressogeni da un punto di vista fisico e psichico.

Basti pensare a condizioni in cui si vive una malattia grave, una situazione avversa o ancora peggio la perdita improvvisa o meno di un proprio caro.

In tali situazioni Dio viene vissuto come un rifugio immateriale, come colui che può offrire sostegno.

Dio come base sicura.

Il concetto di "base sicura" è un caposaldo della teoria dell'attaccamento, in ambito religioso si ritiene che ogni fedele percepisce la figura divina come un entità onniessente, disponibile, in grado di comprendere anche l'incomprensibile.

La si potrebbe definire come la base sicura ideale, dal momento che, a differenza dei genitori spesso impegnati nel lavoro o in altro, Dio si può invocare in ogni momento, anche il più intimo, anche il più tragico, per ricevere la forza di cui necessitiamo in quel particolare frangente della nostra esistenza.

Reazioni alla separazione o alla perdita.

« la separazione da Dio è la vera essenza dell'inferno ».

Il processo di attaccamento è riscontrabile anche nelle reazioni alla separazione o alla perdita della figura d'attaccamento; la perdita della fede si può vivere, in una prospettiva psicologica, analogamente alla fine di relazioni interpersonali importanti.

Conclusioni.

Le teorie oggi prevalenti in psicologia ci insegnano a considerare che il primo bisogno umano sia la relazione, piuttosto che l'oralità.

Nella relazione si costruiscono identità, percezione dell'altro, ponendo le basi per il proprio modo di vivere e dare significato alla vita.

Alla luce di tali considerazioni viene da chiedersi cosa riserverà il futuro a coloro che durante l'infanzia non hanno avuto modo di saggiare un legame basato sulla fiducia.

I bambini che hanno sviluppato un legame di attaccamento insicuro verso i propri genitori, crescendo, potranno fare riferimento alla relazione tessuta con il partner, con un amico o con una figura formativa rilevante quale un educatore, un insegnante, un sacerdote.

Questo ripiegamento emotivo consentirà di modificare la struttura del proprio modello insicuro finora interiorizzata per dirigersi verso la sicurezza.

Questi stessi bambini potranno, quale opzione di crescita, rivolgersi a Dio, come figura in grado di colmare le lacune vissute.

Quanto costruito in passato si potrà mettere in discussione ed essere oggetto di una profonda trasformazione, attraverso una nuova relazione d'amore, duratura nel tempo e caratterizzata da sicurezza, accoglienza, reciprocità.

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I. La nozione.

Per « attaccamento umano » o « imperfetto » s'intende ogni atto legato ad un affetto disordinato, connesso a beni superflui che non vengono ricercati per la gloria di Dio, ma per le soddisfazioni che tali beni procurano.

Gli autori spirituali, e in particolare Giovanni della Croce, ( cf Salita del Monte Carmelo I,11 ) parlando degli a., descrivono azioni che non sono direttamente contro la legge di Dio e che sarebbero legittime se fossero eseguite per motivazioni adeguate.

Ciò comporta, per es., difendere le proprie opinioni, il proprio pensiero o, in altre circostanze, compiere atti elementari quali godere di un periodo di riposo e di recupero psico fisico.

Tali atti non hanno in sé nulla di peccaminoso, ma sono di ostacolo alla vita spirituale del soggetto quando entrano in contrasto con le parole di s. Paolo: « Sia che mangiate, sia che beviate, sia qualsiasi altra cosa facciate, fate tutto nella gloria di Dio » ( 1 Cor 10,31 ).

Tali a. sono particolarmente negativi quando siano ripetuti e persistenti.

La natura di tali atti è legata al soddisfacimento del proprio egoismo, e come tale, essi sono direttamente contrapposti alla carità come chiaramente specifica s. Agostino: Augmentum caritatis diminutio cupiditatis; augmentum cupiditatis diminutio caritatis.

Gli autori spirituali sono concordi nel condannare questi affetti sregolati, che ostacolano le anime pie nella ricerca della perfezione.

II. Nella vita spirituale

Giovanni della Croce dà degli esempi caratteristici di a. che impediscono all'anima di avanzare nella virtù, ( cf Salita del Monte Carmelo I,11,4 ) come « … l'abitudine di parlare troppo, un piccolo attaccamento che la persona non si decide a rompere, sia che si tratti di una persona, di un abito, di un libro, di una cella, di un cibo preferito, o ancora talune conversazioni dove si ama sapere, comprendere, ecc … ».

S. Francesco di Sales paragona le giovani anime, dominate da questi a. a giovani spose « … che amano veramente tanto i loro sposi … ma non smettono di amare grandemente le cose da poco, i cagnolini, gli scoiattoli …

Così, queste giovani anime amano certamente e assai lo sposo caro, ma non smettono di dilettarsi con molte compagnie che esse non amano secondo lui, ma oltre lui, al di fuori di lui e senza di lui … ». ( Amore di Dio X, 4 )

La perfezione - secondo s. Tommaso - è la disposizione attraverso la quale « ab affectu hominis excluditur … illud quod impedit ne affectus mentis totaliter dirigiter in Deum … ».

Tale stato d'animo, precisa Tommaso, non si trova nei principianti, né nei praticanti successivi, ma è la caratteristica dei perfetti, giunti alla vita di unione. ( cf STh II II, q. 184, a. 2 )

Pertanto, dopo s. Tommaso, bisogna considerare la perfezione come la condizione di un'anima che si è liberata di ogni legame irregolare, che giunge a Dio con tutta la sua volontà.

Colui che si sente trascinato da un affetto disordinato deve contrastarlo, « agere contra », come insegna s. Ignazio di Loyola « …egli deve fare ciò che è diametralmente opposto alla tentazione… ». ( Exerc. Spir. n. 97, cf n. 13, n. 16 )

S. Ignazio, attraverso gli « esercizi », vuole condurre l'anima a liberarsi di tutti gli affetti irregolari, per giungere a trovare la volontà di Dio.( cf Ex. spir., n. 1 )

Egli vuole che l'anima del penitente sia attenta alla vocazione che è « … sempre pura, senza mescolarsi alle inclinazioni della carne o dei sensi o di affetti disordinati … ».

Tuttavia, il vero distacco può essere prodotto - spiega s. Teresa - solo da un atto di grazia.

« … Bisogna, dicono certi libri, essere indifferenti al male che si dice di noi … fare poco caso al bene, essere distaccati dal proprio prossimo … e da una quantità di altre cose dello stesso genere.

Secondo me, vi sono dei doni puri di Dio per il fatto che essi sono soprannaturali … ».

Ma questo atto di grazia, secondo il pensiero della santa, può essere ottenuto solo attraverso preghiere ferventi e perseveranti e con una instancabile generosità.

In ogni caso, comunque, leggendo i vari autori spirituali, si intravvede una caratteristica comune a tutti: il vero distacco presuppone l'abbandono di tutti gli affetti collegati alla vita umana secondo quanto afferma s. Agostino: « Minus te amat qui tecum aliquid amat quod non propter te amat ». ( Confess. , X, 29.40 )

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I. La psicologia contemporanea, con il termine « attaccamento » intende definire ii rapporto emotivo con il quale una persona si relaziona con persone, oggetti, luoghi o eventi.

L'a. è, quindi, una relazione oggettuale che inizia fin dal concepimento ( vita endouterina ), è presente anche in modo inconsapevole in tutti gli stati di coscienza ( relazione oggettuale conscia durante la veglia vigile; oppure inconscia durante il sonno, sogno, trance, delirio, ecc … ) e cessa solo con la morte clinica ( ossia lo stato irreversibile senza alcuna funzione vitale attiva ).

Non si può vivere senza una relazione e ogni relazione rispecchia una modalità di a. che - a partire dalle prime ricerche psicologiche strutturate - dipende molto dalla tipologia di « a. » con la propria madre ( o di chi ne ha fatto le veci ) nei primi mesi di vita.

Infatti, fin da queste prime esperienze la persona impara ad avere fiducia in chi si occupa di lei, in chi l'aiuta a soddisfare i propri bisogni.

La natura e la qualità dell'interazione madre figlio determinano l'emotività che accompagna il primo a.: il grado di tensione del neonato durante l'allattamento è strettamente correlato con quello materno.

Lo sviluppo dell'a. nel bambino si articola in tre fasi:

a. Ricerca di ogni tipo di stimolo; egli si attacca più facilmente a quelli che provocano piacere e sicurezza.

b. Interesse per le persone che possono meglio soddisfare i suoi bisogni.

c. Interesse ridotto a un numero selezionato di persone.

In queste prime fasi, se il bambino sperimenta situazioni di isolamento e di freddezza relazionale è più probabile che da adulto abbia lo stesso tipo di a. verso gli altri.

Bambini separati dalle madri hanno una prima reazione di agitazione, poi di apatia inibizione e poi di indifferenza ( disinteresse verso un autentico a. ).

Più recentemente, la teoria dell'a. è considerata non solo partendo dalla soddisfazione dei bisogni.

Soprattutto nell'approfondire la « qualità dell'accudimento » ( ossia, la disponibilità e capacità di risposta materna ) si va evidenziando sempre più come l'a. possa costituire la base di un sistema motivazionale e un'attitudine continua della vita.

Questi aspetti - se rinforzati da consistenti esperienze nella preadolescenza e nell'adolescenza - costituiscono la base della capacità di relazionarsi socialmente e comunicare in modo creativo.

In questo senso, la teoria dell'a. ha consentito di allargare l'attenzione dai bisogni ai valori, dall'intrapsichico al socio relazionale.

Il comportamento di a. è strettamente correlato con l'apprendimento; proprio per questo il bambino può discriminare la figura di a.

Quando vi sono dei problemi in questo settore è possibile che l'adulto non abbia sviluppato bene le capacità di discriminare la figura di a. e faccia una certa confusione attaccandosi al partner come se fosse la madre o ad un superiore come se fosse il padre.

Imparare a discriminare la figura di a. significa poter gestire la modalità relazionale nelle sue varie forme a seconda del contesto e della specificità della persona.

La modalità relazionale in termini di « comportamenti di a. » può essere distinta in due classi:

il comportamento di segnalazione ( pianto, sorriso, vocalizzazione )

e il « comportamento di accostamento » ( aggrapparsi, seguire, restare in contatto ).

Per Bowlby entrambi questi comportamenti hanno la funzione di assicurare il contatto fisico e la vicinanza.

Qui si pone l'accento più sulla funzione della protezione che della nutrizione.

Anche H.F. Harlow considera l'a. come « un'organizzazione interna di sistemi comportamentali che non solo controllano la costante tendenza a cercare la vicinanza, ma sono anche responsabili delle differenze nei comportamenti adottati dal bambino per mantenere il contatto ».

R.A. Hinde, distingue l'a. come tratto stabile, dai comportamenti di a. che si modificano con l'ambiente e con l'età.

Perciò, è possibile che una persona sia sempre ansiosa ogni qual volta dovrà allontanarsi da un luogo o da una persona ma sarà diverso il comportamento esterno col quale manifesta il suo stato d'animo.

Rimane sempre la difficoltà non solo a definire, ma anche a misurare l'intensità dei legami di a. e altri comportamenti ad esso correlati come per esempio il comportamento esplorativo.

È facile capire come più è stretto l'a. più deboli saranno i comportamenti esplorativi che richiedono una proporzionata sicurezza.

Per M.D. Ainsworth, il tipo di a. con la madre determina il tipo di atteggiamento esplorativo; anzi, il bambino usa la madre come base per l'esplorazione.

Quanto più il bambino percepisce la disponibilità delle figure di a. tanto meglio può sviluppare i comportamenti esplorativi.

Un rapporto di fiducia con la figura di a. comunica la disponibilità ad essere rassicurati ogni qual volta lo si desidera e questo permette una maggiore sicurezza, quindi una minore vulnerabilità alle fobie.

Le aspettative sull'accessibilità e disponibilità delle figure di a. giocano un ruolo importante nel processo della maturazione affettiva.

È ovvio che meno accessibili e disponibili sono queste figure di a. nell'infanzia e nell'adolescenza e più sarà difficile realizzare un'armoniosa vita relazionale di coppia, di famiglia, di gruppo o di comunità.

Tutto questo ha permesso anche di formulare la « nuova teoria degli affetti », più differenziata dalla psicofisiologia animale e più adeguata agli obiettivi clinici.

Infatti, anche se uno stile di a. e cura è rilevabile anche nei primati, tuttavia è bene impostare la questione dell'a. su ciò che vi può essere di peculiarmente umano e sul come si possa intervenire dal punto di vista psicoterapico.

La « nuova teoria degli affetti » ipotizza l'origine degli affetti nel primo putterning affettivo che s'integrerà con le attività infantili, l'immagine di sé e le esperienze adolescenziali per costituire una struttura fondamentalmente ansiosa o gioiosa o paurosa.

L'a. primario influenza il prototipo di atteggiamento di base o modello operativo.

La qualità del rapporto di a. e cura determina anche la capacità di legarsi e di separarsi - sempre nell'asse di fiducia sfiducia - da adulti nelle varie relazioni oggettuali: persone, cose, luoghi ed eventi.

La persona umana di fronte al condizionamento infantile di un particolare tipo di a. può assumere vari atteggiamenti e da questi dipende un suo eventuale superamento o trasformazione del rapporto oggettuale.

In altri termini, un accudimento parentale freddo e distaccato non determina irrimediabilmente un destino immutabile.

La persona umana, reduce da un'esperienza, può replicarla su altre così come l'ha subita, può amplificarla al negativo ( come una sorta di vendetta compensatoria ), oppure può trasformarla in risorsa per la propria e altrui crescita.

Ogni relazione è un a., quindi un modo per possedere e farsi possedere.

Ogni persona ha un suo modo di legarsi e farsi legare; questo è lo stile di a. e cura.

Corrispettivamente, ognuno ha un suo modo di staccarsi e separarsi e un suo modo per vivere i cosiddetti « vissuti luttuosi »; ossia, le esperienze di perdita di qualcosa o qualcuno.

Proprio queste ultime esperienze ci danno la coscienza della precarietà di ciò che abbiamo e proprio per questo alcuni trasformano la relazione di a. in rapporto di possessività.

La possessività nella relazione oggettuale di a. può assumere varie forme e connotazioni: gelosia, avarizia, ingordigia, nostalgia.

Altrettanto si può dire per l'esatto opposto; ossia, il distacco può manifestarsi con un atteggiamento freddo, prodigo e superficiale.

L'a. nelle sue psicodinamiche evolutive è una dichiarazione di bisogno che viene colmata con la complementarietà ( io ho bisogno di te e sarebbe bello che anche tu avessi bisogno di me ).

Diverso è l'a. parassita; quello di un adulto incapace di scambi emotivi che utilizza persone e cose per sostenere le proprie insicurezze.

II. Da un punto di vista morale l'a. sano va inquadrato in un contesto di solidarietà che permette di offrire il proprio appoggio a chi ne ha bisogno perché possa essere abbastanza forte da sostenere se stesso e terzi.

La solidarietà universale si basa sull'a. disinteressato, quello che permette di crescere insieme.

Anche il rapporto empatico è impossibile senza un adeguato a.

In questo stesso contesto psicologico e morale potrebbe essere inteso il distacco ascetico che va differenziato dall'atteggiamento distaccato dello stoico o dell'apatico o dell'abulico, o peggio ancora del cinico, di chi è impassibile a persone, cose ed eventi.

L'asceta si distacca dalle certezze e dalle sicurezze caduche ed impara a fare maggiore affidamento su Dio.

Infatti, proprio per questo, il rapporto tra Dio e il mistico può essere paragonato al rapporto di fiducia bambino madre.

Il mistico si affida a Dio come un bambino si affida a sua madre; il bambino si affida alla propria madre come un mistico si affida a Dio.

L'a. di fiducia e la coscienza della propria precarietà avvicinano il bambino al mistico.

Dal punto di vista umano, la psicoterapia aiuta a recuperare la fiducia in un rapporto, senza il quale non si può crescere.

La mistica è un processo di crescita globale fondato sul recupero di un rapporto di fiducia con Dio.

In questo caso psicologia e mistica s'integrano in una dinamica di crescita come superamento.

L'iniziale fiducia madre figlio potrà essere superata con una fiducia più matura ( io altri nel processo psicoterapico; io altri Dio nel processo mistico ).

Anche un'iniziale sfiducia madre figlio potrà - se pur con maggiori difficoltà - essere superata.

La dinamica del superamento resta possibile anche dopo ripetute esperienze sia di fiducia che di sfiducia dopo la nostra infanzia.

In un contesto psicologico e morale, crescere significa non solo essere se stesso e diventare se stesso; ma anche superare se stesso.

Qui psicologia, morale e mistica non evidenziano incompatibilità.


L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali 1 Tm 6,10
Nessuno può servire a due padroni Mt 6,24

Magistero

Meditazione Francesco 31-10-2014
La strada degli « ipocriti », che chiudono le porte a causa del loro attaccamento alla « lettera della legge »

Catechismo della Chiesa Cattolica

Ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione 1472
Il peccato … è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni 1849
Il rispetto della dignità umana esige la pratica della virtù della temperanza, per moderare l'attaccamento ai beni di questo mondo 2407
… attaccamento alle ricchezze, contrario allo spirito della povertà evangelica 2545
Il desiderio della vera felicità libera l'uomo dallo smodato attaccamento ai beni di questo mondo 2548

Summa Teologica

… ai beni materiali
v. Avarizia; Prudenza della carne; Sollecitudine atti umani
Volontarietà I-II, q. 6
Circostanze I-II, q. 7
Oggetti della volontà I-II, q. 8
Moventi della volontà I-II, q. 9
Mozione della volontà I-II, q. 10
Appagamento della volontà I-II, q. 11
Intenzione I-II, q. 12
Scelta I-II, q. 13
Deliberazione o consiglio I-II, q. 14
Consenso I-II, q. 15
Uso dei mezzi I-II, q. 16
Atti imperati I-II, q. 17
Bontà e malizia I-II, q. 18
Bontà e malizia degli atti interni I-II, q. 19
Bontà e malizia degli atti esterni I-II, q. 20
Conseguenze degli atti buoni o cattivi I-II, q. 21