Avarizia

Dizionario

1) Eccessivo attaccamento al denaro che si traduce in un atteggiamento di esagerata parsimonia

Sinonimo: tirchieria, spilorceria


L'avidità e il geloso possesso delle ricchezze materiali.

E uno dei sette vizi capitali, in quanto si pone in opposizione alla destinazione universale dei beni creati, facendo prevalere l'interesse personale sul principio della solidarietà.

È un comportamento duramente condannato dallo spirito cristiano: "Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere" ( Mt 25,42).

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Amore sregolato dei beni terreni.

Vizio spesso riprovato nel V. T.; Es 18,21; Sal 119,36; Pr 1,19; Is 5,8; Is 33,15; Ger 6,13; Ez 22,12s; Ez 32,21 e severamente punito: Achan, i figli di Samuele, Nabal, Giezi, ( Gs 7,21-26; 1 Sam 8,3; 1 Sam 25,3-39; 2 Re 5,20-27 ).

N. Signore la pone come l'ostacolo peggiore alla sua sequela, fino a porre la scelta tra mammona ( v. ) e Dio: ( Mt 6,24; Lc 16,13ss; cf. Mc 7,22 ).

« Dov'è il tuo tesoro ivi è il tuo cuore » Mt 6,21.

Insegnamento che s. Paolo riprenderà, definendo idolatria l'a. ( Ef 5,5; Col 3,5 ).

Il danaro è l'idolo dell'avaro.

Agli Apostoli Gesù raccomanda di evitarla ( Lc 12,15; cf. Lc 6,24 ) e s. Paolo che ha tanta cura di fuggirla ( 1 Tm 2,5 ) e la dice ancora « la radice di tutti i mali » ( 1 Tm 6,10 ), ripete tale particolare raccomandazione al clero ( 1 Tm 3,3; Tt 2,7; così s. Pietro 1 Pt 5,2; mentre l'a. è il movente, la caratteristica degli eretici 2 Pt 2,3.14 ); dopo averla spesso stigmatizzata ( Rm 1,29; 1 Cor 5,10s; 1 Cor 6,10; Ef 4,19 ecc. ).

L'a. mosse Giuda al delittuoso tradimento ( Mt 26,15; Mc 14,10s; Lc 22,3ss; cf. Gv 12,4s ) e suggerì la fatale simulazione di Anania ( v. ) e Saffira: At 5,1-11.

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I. La nozione.

L'avaro è colui che è morbosamente attaccato ai beni materiali, di cui brama il possesso, e che non utilizza, ma che accumula in quantità sempre maggiori.

S. Paolo motiva l'esclusione dal Regno degli avari ( cf 1 Cor 6,10 ) in quanto essi hanno nel cuore « la radice di tutti i mali » ( 1 Tm 6,10 ).

Anche Matteo ( Mt 6,21 ) cita l'avaro come colui che ha il cuore asservito alle cose.

La vita dell'avaro è un'esistenza di sacrifici, ma al contrario delle rinunce dei santi, tale condotta è viziata da una cattiva intenzione di fondo.

Infatti, tale stile di vita non è attuato per la gloria di Dio, ma per l'accumulo di proprietà terrene.

S. Agostino così pregava: « … O Signore, distingui le mie tribolazioni da quelle che soffrono anche gli avari …

Si rassomiglia la pena ma è ben distinta la causa: questa distinzione della causa mi è garanzia di vittoria … ».

II. Nella vita spirituale.

La vita spirituale è definita più che dalle virtù messe in atto ( ciò che caratterizza l'ascesi ) dalla disponibilità ad essere guidati dalla grazia luce dello Spirito.

Così l'a. spirituale consiste nell'attaccarsi ai mezzi di santificazione per se stessi, con una preoccupazione più quantitativa che qualitativa, cercando più di accumularne che di goderne pienamente.

Rappresenta, pertanto, una forma di egoismo, di amore proprio carnale che può creare innumerevoli illusioni, ammantata del pretesto della gloria di Dio.

In tal modo, l'anima potrà manifestare desiderio di perfezione con attaccamento ai doni di Dio per spirito di proprietà; avidità nel tentare di ottenere mezzi di perfezione, nella ricerca disordinata di immagini e affetti sacri che vengono accumulati, nella lettura di ogni libro che tratti dell'argomento; o ancora nel cercare di guadagnare esageratamente le indulgenze e nel porre in atto specificamente le pratiche religiose che ne sono ricche.

L'anima colpita da a., più che pregare con autentico fervore, ricerca l'esecuzione materiale di tali adempimenti allo scopo di lucrarne i vantaggi.

S. Giovanni della Croce dice che solo l'azione di Dio può purificare, attraverso la notte dei sensi, l'anima da questa a.

Da parte sua, l'anima, ancor prima di essere introdotta nella notte passiva, deve opporsi coraggiosamente a questo difetto.

Più specificamente, s. Giovanni della Croce, all'inizio della Notte oscura, per mostrare ai principianti la necessità che essi hanno di sottoporsi alle prove purificatrici della notte passiva dei sensi, passa in rassegna i sette peccati capitali, mostrando loro le imperfezioni che impediscono a ciascuno di essi di ricevere le grazie di contemplazione.

L'unione con Dio richiede la rinuncia e il distacco da qualsiasi bene, fosse anche ascetico; qualsiasi bene personale dev'essere lasciato in offerta al Signore ( Gv 12,25; Mc 8,35; Lc 17,33 ).

Meister Eckart nel trattato « De distacco » afferma: « Quando lo spirito libero si trova in un giusto distacco, costringe Dio a venire nel suo essere; se potesse restare senza forma e senza alcun accidente, prenderebbe in sé l'essere stesso di Dio ».

E, per altri versi, è s. Paolo a dire: « Io vivo, e tuttavia non vivo: Cristo vive in me ».

Un tale spirito, pertanto, che affronta il suo percorso di risurrezione attraverso Cristo, deve tendere a rimanere al di fuori di tutti gli aspetti umani, quale l'amore, il dolore, l'onore, le tribolazioni poiché l'unico scopo reale è quello del distacco spirituale, ovvero il perdersi in Dio.

Sono le parole di Paolo, che ancora una volta ci traducono tale condizione: « Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù » ( Fil 2,5 ).

I. Aspetto psicologico.

Il termine a. indica il rapporto di possesso caratterizzato da insicurezza nei confronti degli eventi e da una eccessiva affidabilità nei confronti del denaro.

Da un punto di vista conscio l'avaro giustifica il suo atteggiamento come prudenziale e previggente nei confronti di un futuro incerto e imprevedibile.

Non vi sono ricerche in quantità e qualità sufficiente per trarre delle conclusioni.

L'ipotesi di una correlazione tra a. e stitichezza non è suffragata da adeguati riscontri scientifici, anche se la psicodinamica sembra analoga soprattutto se interpretata come il non superamento della fase anale pre edipica.

La psicodinamica evidenziata sarebbe quella del piacere di trattenere qualcosa di proprio per riservarsene l'esclusiva.

Il « non lasciarsi sfuggire qualcosa di sé » sembra tipico del bambino di circa due anni che non differenzia ancora bene l'io dalle sue feci verso le quali mostra un certo interesse ludico.

Il « non lasciarsi sfuggire qualcosa di sé » è maggiormente accentuato in bambini con un vissuto di gelosia che nel bambino in fase edipica potrebbe evidenziarsi con « la mamma è solo mia ».

Un po' più attendibile potrebbe essere l'ipotesi fondata sulla relazione oggettuale secondo cui il rapporto tra l'avaro e il denaro potrebbe essere simile a quello tra il bambino e il suo giocattolo preferito ma smarrito ( o sottrattogli ).

In questo caso, la dinamica maggiormente messa in evidenza è il godimento del possedere anche se l'oggetto di relazione non è usato.

In questo caso il « sapere d'avere qualcosa » non è sufficiente.

Infatti, l'avaro ha bisogno di vedere, toccare, contare il suo valore, il denaro.

Il contatto sensibile col denaro dà una sensazione di controllo ed è per questo che l'avaro ha bisogno della prossimità fisica col suo oggetto relazionale.

Un deposito in banca sarebbe come un distacco ansiogeno; invece averlo a portata di mano è maggiormente sotto il proprio controllo.

La contraddittorietà dell'avaro è evidenziata dal paradosso che vuole vederlo all'opposto di ciò che effettivamente è.

Ossia, anche se l'avaro è all'opposto del generoso, tuttavia egli viene indicato il più generoso di tutti; infatti, è colui che accumula non per il godere di spendere per sé ma per il piacere del possesso, perciò è quello che lascia più degli altri ai suoi eredi.

Un atteggiamento esasperato porta a risultati opposti a quelli desiderati.

Neanche questo paradosso può far cambiare l'avaro.

Un'altra ipotesi per spiegare l'avarizia è quella del simbolismo.

Non possiamo comprendere l'avaro se non risaliamo al significato simbolico soggettivo del denaro.

Comunque, qualunque sia il significato specifico del denaro rimane sempre la dinamica sottostante dell'attaccamento ad una fonte di sicurezza.

II. Da un punto di vista morale questo attaccamento è considerato egoista perché si pone all'opposto della condivisione che vede anche il proprio denaro come un valore sociale e farlo circolare non solo ha dei vantaggi privati ma anche collettivi.

È ovvio che ogni investimento ha un margine variabile di rischio, ma l'avaro nel suo egoismo e nella sua insicurezza non valuta né i vantaggi personali né gli svantaggi per il bene comune.

Infatti, il danno dell'avaro potrebbe essere considerato sotto un triplice aspetto.

L'avaro danneggia se stesso perché, pur avendo dei mezzi, non li usa per il suo personale benessere.

Il secondo danno è quello diretto al suo prossimo verso il quale non è di aiuto neanche se è in condizione di bisogno.

Un altro danno è quello sociale: trattenendo il denaro non permette i benefici sociali, oltre che personali dell'investimento.

Inoltre, trattenere infruttuosamente il denaro contante rallenta la velocità di circolazione del denaro; e anche questo è un danno sociale.

Il contatto diretto con il denaro ( o altri oggetti di valore ) dà all'avaro un piacere di gran lunga superiore a quello di investirlo o spenderlo, anche se oculatamente e per il proprio bene.

Spesso gli avari vivono ( o sopravvivono ) con pochissimi mezzi; sembra che possano essere in uguale misura sia uomini che donne e questa inclinazione può iniziare già da bambini con sensibile aumento nell'età adulta.

È possibile che il grado ( o la gravità ) di avarizia sia direttamente proporzionato alla quantità di ricchezza accumulata.

Sembra che ad ogni aumento di denaro vi sia una breve soddisfazione per poi risentirsi insicuri, quindi bisognosi di altro denaro da accumulare.

Ogni spesa, anche necessaria, è come un sanguinante smembramento; una parte di sé da dover cedere e da dover quanto prima recuperare.

Non vi sono ricerche attendibili per poter affermare in quale classe sociale è più frequente l'a., anche se da quanto ipotizzato i ricchi dovrebbero essere più avari.

Resta la perplessità sul rapporto causa effetto: gli avari sono tali perché sono ricchi; oppure, i ricchi sono tali perché sono avari?

La stessa perplessità è riscontrabile per quanto riguarda la struttura sociale e il periodo storico.

Non vi sono evidenze sufficienti per indicare se la struttura autoritaria porti all'a. più di quella democratica o viceversa; se il periodo pre bellico faccia tendere all'a. più di quello post bellico.

Molto dipende dalla famiglia e dalla persona che percepisce la minaccia e dai meccanismi di difesa uniti al sistema di valori per fronteggiare un'emergenza.

L'avaro si pone all'opposto della solidarietà, perciò sia dal punto di vista psicologico e della crescita umana che dal punto di vista morale e religioso è un immaturo che è fortemente concentrato sui suoi bisogni e che cerca di soddisfarli anche a spese degli altri.

L'avaro confonde il fine con il mezzo.

La natura del denaro, per sua definizione, è « mezzo di scambio »; ma per l'avaro il denaro è un fine, uno dei più importanti della sua vita.

Dal punto di vista morale il denaro non ha una connotazione qualitativa; di per sé non è né buono né cattivo; dipende dall'uso che se ne fa.

Il denaro vale per il cambiamento che intendiamo effettuare nello scambiarlo; ossia, il denaro come mezzo di scambio per cambiare la qualità della vita personale, di coppia, di famiglia e sociale.

Il rapporto con il denaro può essere una discreta spia dalla quale poter intravedere una parte della maturità morale, ma anche l'equilibrio psichico nel rapporto oggettuale.

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Cos'è l'avarizia?

Questa parola suona forte, e spesso non viene compresa in tutto il suo significato.

Permettiamo che domini la nostra vita?

Le abbiamo permesso di insediarsi nel nostro cuore?

"Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano" ( Mt 6,19-20 ).

In un mondo in cui il successo, la prosperità, i beni materiali, la fama, il potere e il denaro sono in genere le nostre prime priorità, Gesù ci propone qualcosa che va oltre.

Ci invita a lasciare tutto e a seguirlo, a spogliarci dalle cose della terra e a fissare il nostro sguardo sul cielo, su ciò che è eterno, profondo – su quello che ci renderà completamente felici.

Non ci porteremo dietro niente di questo mondo

Per prima cosa è importante comprendere che tutto ciò che possediamo sulla Terra non verrà con noi nel Regno dei Cieli, perché, "uscito nudo dal grembo di sua madre, quel possessore se ne va com'era venuto" ( Qo 5,15 ).

Quello che Dio osserva e ci chiede è di amare Lui al di sopra di tutto e il prossimo come noi stessi, ovvero di iniziare ad accumulare tesori in cielo.

1. Che dire dell'attaccamento alle cose materiali?

Chiariamo una cosa: avere beni materiali non è un male.

Ciò che è in gioco è l'attaccamento che ho a quei beni, e quanto possono diventare importanti per la mia vita, perfino per la mia salvezza.

Il problema è quanto mettiamo quei beni o quelle condizioni umane – che si tratti di denaro, oggetti, successo o potere – al di sopra di Dio, finendo per allontanarci da Lui più che mai.

Ci sono persone che decidono di vivere senza niente per offrirlo a Dio … non è sbagliato!

Sono stili di vita diversi che vanno accettati.

Dev'essere però ben chiaro che l'obiettivo di questa riflessione non è dire "Non avere nulla, non comprare mai più un bene materiale".

Possiamo però valorizzare quello che abbiamo ed essere consapevoli di quello di cui abbiamo bisogno per la nostra vita quotidiana senza cadere nella tentazione di volere sempre di più.

2. Cos'è l'avarizia?

"State attenti e guardatevi da ogni avarizia; perché non è dall'abbondanza dei beni che uno possiede, che egli ha la sua vita" ( Lc 12,15 )

Secondo la psicologa Herminia Gomá, diettrice dell'Institut Gomá, l'avarizia si basa su un verbo: avere.

La "paura di non avere in futuro" ci fa accumulare beni per evitare l'angoscia di pensare che un giorno ci mancheranno.

"Ciò che ho ora non me lo godo nemmeno.

Ho bisogno di metterlo da parte anche se non lo userò mai".

Quando parliamo di avarizia, ci riferiamo a quel disordine di desiderio di possedere beni e ricchezze qui sulla terra.

È nota anche come avarizia, perché oltre a possederli non vogliamo condividerli.

La persona non si adegua a quello che viene richiesto per vivere in modo comodo e necessario, e allora cerca la felicità nelle cose materiali, creando un vincolo e un attaccamento molto forte che "lega" davvero.

Questa avarizia può spingerci a cadere in altri peccati o comportamenti negativi, visto che iniziamo a concentrare il nostro sguardo su ciò che è terreno, materiale, visibile, immediato … e distogliamo lo sguardo da Dio.

Il desiderio di possedere non è facile da eliminare: è già insediato nella nostra cultura attraverso il consumismo, facendoci credere che le persone valgano per quello che hanno e vengano definite dai loro oggetti, dal loro potere, da quello che mostrano, come anche dal loro posto gerarchico nella società.

3. Il ricco sciocco

Quanti problemi!

C'è qualche soluzione?

Come possiamo migliorare e uscire da questo circolo vizioso?

Non sarà un compito facile, ma potremo uscirne se siamo consapevoli del fatto che le cose materiali non ci renderanno completamente felici.

È sbagliato avere beni materiali? No.

È sbagliato essere felici per un avanzamento lavorativo? Ovviamente no!

Quello che è in gioco è un'altra cosa.

È quando quella buona notizia o quel bene ci definisce, condiziona la nostra vita.

Dobbiamo preoccuparci quando vediamo che la nostra felicità passa per il fatto di acquisire qualcosa o di avere più successo.

Se prepariamo tutto nella nostra vita per custodire frutti e beni e abbiamo l'"anima tranquilla" sul fatto che verranno custoditi per molti anni, inizieremo ad adagiarci.

"'Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?'

Così è di chi accumula tesori per sé e non è ricco davanti a Dio" ( Lc 12,20-21 ).

4. Accumulare tesori in cielo

"Gesù gli disse: « Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi »" ( Mt 19,21 ).

Dio lo dice molto chiaramente, e quello precedente è uno dei tanti esempi.

Aiutare gli altri, saper dire di sì, offrirsi per qualche compito, essere bravi cittadini …

Prenderci cura dei nostri familiari a livello sia fisico che spirituale, ascoltare un amico e saper anche dire di no a tutto ciò che ci allontana da Dio.

Accumulare tesori in cielo è sinonimo di amare Dio al di sopra di tutto e il prossimo come se stessi.

Perché chi ama le ricchezze non ha mai abbastanza e si angoscia, chi mette fama e potere al di sopra di Dio non si sazia mai, e si allontana ogni giorno un po' di più da Lui.

Perché "Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro.

Voi non potete servire Dio e Mammona" ( Mt 6,24 ).


Magistero

Enciclica Paolo Vi - Populorum Progressio 26-3-1967
l'avarizia è la forma più evidente del sottosviluppo morale

Catechismo della Chiesa Cattolica

Peccato capitale 1866
Desiderio disordinato di ricchezza e di beni materiali 2536

Summa Teologica

  II-II, q. 118